Home Interviste Anewrage: “Raccontiamo le esperienze degli altri facendole nostre”

Anewrage: “Raccontiamo le esperienze degli altri facendole nostre”

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Un tour nel Regno Unito in fase di preparazione; un album appena uscito che ha girato l’Italia.
Gli Anewrage hanno fatto tappa nelle scorse settimane anche al Satyricon Live Club di Alatri (FR), dopo il grande Release Party organizzato al Legend Club di Milano.
Abbiamo così avuto modo di incontrare il combo milanese e farci spiegare qualche dettaglio in più su questi “sintomi collegati alla vita”, scoprendo come situazioni possano in realtà accomunare una moltitudine di persone.

L’intervista:

“Life Related Symptoms” (la recensione) è il nuovo album degli Anewrage uscito ad inizio mese. Tra l’altro Axel c’è stato un release party al Legend di Milano, è stata un grande festa, vero?
Axel: Si, è stata una serata fantastica, c’era un sacco di gente, abbiamo fatto casino. C’erano anche loro sul palco con me (ride, riferendosi ai compagni, ndr) e ci siamo divertiti un sacco.

Mi soffermerei anche sulla parte grafica dell’album. Ricordo che l’artwork del precedente “ANR” sembrava in un certo senso più gioioso, allegro, questo mi sembra più ragionato.
Alessandro: Assolutamente sì, ci siamo fermati molto a pensare sui contenuti di questo nuovo disco. Mentre il precedente era prettamente autobiografico, in questo caso non c’è quasi nulla di veramente autobiografico, di esperienze, concerti, storie. Qui ci sono situazioni che abbiamo riscontrato in altre persone Alla fine abbiamo tirato fuori 13 canzoni, anche se ne avevamo molte di più, nelle quali ci sono storie che abbiamo potuto analizzare più o meno da vicino

Axel c’è qualche tipo di difficoltà nel fare proprie emozioni e storie vissute da altri, rispetto a quelle vissute invece in prima persona?
Non c’è una vera e propria difficoltà, perché anche se si tratta di esperienze vissute da altri, vengono comunque filtrate dalle nostre emozioni, dai nostri sentimenti. C’è stata una vera e propria interpretazione spontanea. Nonostante la tematica non fosse del tutto personale, anche se in qualche caso ci sono riferimenti a cose che ci riguardano direttamente, ci siamo concentrati molto sull’interpretazione in modo tale da farle nostre.

Tra i singoli usciti per promuovere l’album c’è “Outside” ed “Upside Down”. Andando ad analizzare semanticamente i titoli, l’impressione è che vi sentiate un po’ fuori posto!
Axel: Noi siamo sempre fuori, questo è certo! Tornando seri, nei titoli ci sono effettivamente dei giochi di parole, ma non sono del tutto voluti. Guardando la tracklist ce ne siamo accorti, ma “Outside” fa riferimento ad una sorta di esclusione, allo stare fuori, quindi una cosa non volontaria. “Upside Down” rappresenta invece un cambiamento di prospettiva, il guardare le cose in modo diverso.

Nel video di “Upside Down” avete voluto far riferimento a Star Wars o è un messaggio sul risparmio energetico?
Simon: (ridono, ndr) Andatelo a vedere prima di tutto! Comunque volevamo caratterizzare il video in modo tale che fosse d’impatto, non solo con le parti rovesciate, ma anche con i neon. Abbiamo provato questa soluzione, inserendo proprio dei neon appesi e ci è piaciuta molto.
Alessandro: Tra l’altro il direttore del video è stato Edoardo Sandulli, che ringraziamo tantissimo per questo bellissimo video…anzi no…non lo ringraziamo, lo insultiamo! Scherzo ovviamente. Si è preso molto bene dalla nostra idea, ma ci ha detto “l’ho già vista da qualche altra parte, proviamo a dargli una geometria, a fare qualcosa di più elaborato” ed alla fine è venuto molto bene.

Christian, tu che sei di fatto la new entry, come ti trovi con questi ragazzi?
Benissimo, è nato prima il rapporto umano e poi quello musicale. Anche se gli altri dissentono!

Per quanto riguarda le date all’estero ne avete diverse, vero?
Christian: Si, esattamente. Inizieremo il tour nel Regno Unito il 24 giugno.

Come farete con la brexit?
Christian: Eh…sono usciti loro, non noi!

Ora, ragazzi c’è una sorpresa per voi. Ho un videomessaggio:

Quindi, ricapitolando, quali sono gli artisti che vi accomunano, che vi tengono uniti, quelli che vi distanziano e i vostri brani preferiti…
Manuel: Mmmh Beck, i primi di Beck…
Axel: Ma qualcuno potrebbe non essere d’accordo haha
Alessandro: I Destrage!

Ma Destrage con l’accento sulla “e” o sulla “a”?
Alessandro: Beh dipende da quale napoletano della band interpelli haha

C’è invece una band che a qualcuno piace e ad altri un po’ meno?
Axel: Difficile rispondere a questa domanda, perché magari c’è quella band che non ascolto frequentemente, ma ci sono due o tre pezzi che effettivamente mi piacciono, magari anche tanto! Ma ci sono anche degli artisti, come Ed Sheeran che a me piace tantissimo mentre a lui (Manuel, ndr.) fa cagare, tranne qualche pezzo appunto. Anche i Kings Of Leon piacciono a tutti!

Ragazzi voi che ne pensate?
Alessandro: Sicuramente Ale Fuzz riesce a registrare delle domande alle due di notte che ci mettono in crisi! E questo dimostra che è veramente cattivo, ma gli vogliamo bene!
Christian: Confrontandoci abbiamo scoperto cose che non conoscevamo, a me ad esempio piacciono Hip Hop e Rap in generale.
Alessandro: anche a me piaccion Hip Hop e Rap in generale

Comunque che ci siano delle differenze negli ascolti è sicuramente positivo, perché ognuno porta il suo background per quello che dovrà essere il songwriting anche nel futuro. Prima dell’uscita ufficiale dell’album lo avete messo in streaming su Spotify, come mai questa scelta?
Alessandro: A noi è sembrato giusto farlo perché nel nostro album ci sono brani molto diversi tra loro. Quindi la gente può guardare i video, ascoltare quelle tracce e farsi un’idea, ma nell’album ci sono tante altre canzoni. Così hanno avuto la possibilità di ascoltarlo.
Christian: Lo abbiamo messo in streaming una settimana prima proprio per dar modo alla gente di ascoltarlo interamente, in maniera legale.

Siete comunque contenti di questa scelta? La rifareste?
Alessandro: Magari in maniera diversa, ma comunque sì. Come dicevo prima, essendoci all’interno brani molto diversi tra loro, volevamo che la gente ascoltasse tutto. Se avessimo composto canzoni tutte uguali ad “Upside Down”, sarebbe bastato un video per vendere l’album.