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Ashes Of Nowhere: “Emptiness” – Recensione

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Ashes Of Nowhere Emptiness

Non è sempre facile trovare autoproduzioni di buon livello, soprattutto se si tratta di album d’esordio, ma nel caso degli Ashes Of Nowhere devo dire che la band con “Emptiness” è riuscita a trovare un buon compromesso.

Il genere proposto è un Post/Black Metal molto curato e dinamico, che affianca sonorità glaciali e spinte, tipiche del Black, ad aperture melodiche di più facile assimilazione. Sicuramente la lunghezza dei brani non gioca a loro favore, non tutti sono in grado di tenere alta l’attenzione con tracce che variano dai sette ai quasi dieci minuti.

“Emptiness” gode di una buona produzione, che riesce a far emergere tutti gli strumenti, mettendo ovviamente in primo piano le chitarre, quasi sempre distorte, ma che non disdegnano passaggi clean atmosferici e dilatati. Citiamo ad esempio l’opener “Empty World”, che trasporta l’ascoltatore sulle ali di una melodia nostalgica, che viene però annientata da un’accelerazione fulminea e raggelante. È su questa alternanza che gli Ashes Of Nowhere giocano le loro carte, creando così la giusta alternanza tra momenti di intensità diversa.

È da sottolineare il fatto che la band riesce ad essere efficace sia nelle parti pestate che in quelle riflessive, come nell’intermezzo di “Journey In The Abyss Of Emptiness”, nell’arpeggio semidistorto di “Blind” o nel coro di “Lullaby For The Dead”. Ovviamente l’anima oscura emerge a più riprese ed è un piacere ascoltare linee melodiche nostalgiche ed angoscianti, sebbene si tratti di soluzioni che attingono a piene mani dalla tradizione Black.

Gli Ashes Of Nowhere dimostrano con “Emptiness” di essere una band matura, in grado di far proprio un genere e riproporlo in modo abbastanza originale, anche se una diminuzione del minutaggio aiuterebbe sicuramente a rendere il prodotto più fruibile.