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Caso Cocoricò: la parola a chi lavora nei locali

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Ognuno ha detto la sua in questi giorni. Ognuno si è fatto una propria idea sul “caso Cocoricò“, ovvero la discoteca riminese chiusa per ordine del Questore in seguito alla morte di un ragazzo di 16 anni per overdose di ecstasy dopo aver trascorso la serata nel locale.
Chiudere oggi il Cocoricò non serve a nulla“, ha detto Fabrizio De Meis, proprietario del locale e subito l’opinione pubblica si è divisa tra chi sostiene la tesi del gestore e chi invece (come l’associazione dei consumatori Codacons) annuncia battaglie legali affinchè l’ordinanza della Questura venga rispettata.

Noi di Metal In Italy abbiamo voluto coinvolgere nella discussione tre direttori artistici che nei locali di riferimento ci lavorano per un anno intero, organizzando eventi dove ci si diverte, si ascolta musica e si beve.
Certo… lo “sballo” qui inteso è molto diverso da quello che viene ricercato da chi fa uso di sostanze stupefacenti e non è nostra intenzione appoggiare una tesi piuttosto che un’altra. Vogliamo solo offrire un punto di vista aperto a qualsiasi commento e dibattito.


Filippo Puliafito (Legend Club Milano)

filippo puliafito

Sinceramente non mi sono fatto nessuna idea in particolare, purtroppo oggi i ragazzi si lasciano coinvolgere in situazioni diverse, più sono giovani e più sono a rischio, infatti vanno per la maggiore serate open bar e spesso si vantano sui social network di essersi ubriacati alla grande la sera prima.
L’alcool poi a volte non basta più e passano a cose più pesanti, il locale in questione lo conosco solo di fama perchè storico, nell’ambiente si sa che le serate discoteca sono le più a rischio, la gente arriva già fatta o si fa direttamente sul posto.
Mille volte meglio la musica dal vivo: è meno sporca.
Durante le serate con un pubblico giovane sul genere rap, punk, metalcore oppure discoteca, mettiamo molta più sicurezza rispetto ad un concerto rock, a volte più del doppio.
Cerchiamo di controllare tutti nel limite del possibile e del lecito, perchè esistono delle regole e normative che certe cose non potresti fare, come per esempio controllare borse e zaini, molti si oppongono e in quel caso non li facciamo entrare, se non hai nulla da nascondere non devi temere nulla.
Il buon senso e un po’ di esperienza da parte di tutti può aiutare a scongiurare incidenti del genere, però capisco anche che in un locale dove l’afflusso è enorme diventa difficile vedere e prevedere tutto.
Il rock e il metal hanno un pubblico a cui piace molto la birra, però al massimo li vedi barcollare un po’, farfugliare qualcosa oppure addormentarsi sulle panchine ma raramente portano a disordini o stanno male al punto di rischiare la vita.
Gli altri generi quelli per i più giovani sicuramente sono un po’ più a rischio, magari li tieni sotto controllo e quando vedi che iniziano ad esagerare cerchi di fermarli anche avvisando lo staff del bar di non dargli più da bere.
Solo una volta una ragazza è stata male e abbiamo chiamato l’ambulanza, aveva bevuto qualcosa di troppo e forse ha pure fatto una congestione e non si reggeva in piedi: arrivata l’ambulanza si era ripresa un po’ ma hanno preferito portarla in ospedale per accertamenti anche se non era nulla di grave”.


Massimo Bonini (S.O.S.Agency, Borderline Modena)

Massimo Bonini

Inanzitutto vorrei sottolineare che non è la prima volta che succede un episodio simile in una discoteca o in un luogo dove si radunano molti giovani per ballare e divertirsi, e dove spesso girano liberamente alcool e droga, solo che quando a morire, è un ragazzino di 16 anni, il caso diventa mediatico, e il dolore dei genitori di un ragazzo così giovane, che aveva tutta una vita davanti, diventa il dolore di tutti i genitori d’Italia. Detto questo, penso che tutti bene o male, vedono situazioni “strane” in tutte le discoteche, come in altri locali notturni, come ad esempio, gente sballata, o ubriaca, e spesso gente che ti offre “qualcosa”, ed è difficile capire quanto centri il locale o discoteca in questione in questi casi, perché soprattutto in discoteche così grosse, non si può perquisire le persone una ad una, e chi vuole vendere droga, lo può fare approfittando di un angolo buio senza farsi vedere da gestori e buttafuori, o addirittura nel parcheggio.
Non credo che i gestori fossero all’oscuro di tutto, ma la situazione, come spesso succede in luoghi caotici, è degenerata finendo fuori controllo. Spesso i giovani quando sono in gruppo e lontano da casa, tendono a lasciarsi andare, “trasgredendo” nei modi più svariati, pur di sentirsi grandi, liberi, senza rendersi conto delle conseguenza che questo può avere a se stessi e agli altri… chiamiamola incoscienza o se vogliamo stupidità.
La chiusura del Cocoricò non credo risolva il problema, perché molti giovani se non tutti, avranno già trovato un altro posto dove andare a divertirsi, e con loro, gli spacciatori, che seguono la massa per trovare clienti. La chiusura secondo me, serve solo alle istituzioni per mettersi la coscienza a posto, e far vedere che non ha chiuso gli occhi davanti alla tragedia, quindi una mossa mediatica, più che un risolvere un problema.

Un locale, dovrebbe garantire la sicurezza e l’incolumità degli “ospiti” dentro e fuori dalle mura dello stesso, quindi se necessario, dovrebbe aumentare il personale di sicurezza per non lasciare “spazi scoperti” e quindi scoraggiare gli spacciatori. Questo però non risolve il problema, se lo spaccio avviene in un parcheggio esterno, non di responsabilità del locale. Dove possibile, l’unico mezzo è la sorveglianza, perché dove c’è, uno spacciatore non si sente al sicuro e quindi probabilmente “cambia aria”, per questo servirebbero anche più forze dell’ordine che passano davanti ai locali, o che si fermano o addirittura entrano, però non è sempre così semplice, perché andiamo a toccare anche campi più vasti, come ad esempio, un numero sempre minore di forze dell’ordine, per territori di competenza sempre più vasti. Qui si capisce, che il problema è grandissimo e non è facile da arginare.
Vivendo la cosa da organizzatore, ma anche da cliente, vedo molti giovani fare abuso di alcol, e anche questo spesso viene assunto fuori dal locale, nei parcheggi, “perché la birra del supermercato costa meno”, quindi entrano nei locali già sbronzi. Io non sono un medico, quindi dopo essermi accertato se la cosa sia grave o meno, decido come comportarmi (lasciare lo sbronzo in mano agli amici che lo riportano a casa, oppure chiamare i soccorsi, se la persona ha perdite di conoscenza o effetti che sono di natura tutt’altro che alcolica).
Penso che ogni persona deve decide per se, come comportarsi e come divertirsi, e di conseguenza rischiare la vita per una stupida e fasulla sensazione di libertà o semplice trasgressione, denota solamente la mancanza di personalità e debolezza di una persona, che seppur giovane e magari poco istruita, sa che la droga può avere anche questi effetti, specie se accompagnata dall’alcol.
Non posso nemmeno immaginare il dolore della famiglia del ragazzo, che secondo me, è l’unica vittima innocente di tutta la faccenda.

Alessio Corrado (Rocknroll Club Rho)
alessio corrado

Non ho una grande conoscenza del Cocoricò e di locali di quel tipo, non avendoli mai frequentati non posso dire che il tipo di intrattenimento che offrono non sia completamente slegato dall’uso e abuso di droghe o alcolici; eppure sarebbe ipocrita dire che la ricerca dello sballo più estremo, magari anche fine a se stesso, non sia una parte integrante, anzi imprescindibile di quel mondo.
Un certo tipo di musica, o meglio, ogni tipo di musica, in ogni periodo storico, è intimamente legato a determinati tipi di sostanze: la marijuana per il reggae, l’LSD per il rock psichedelico degli anni 60, l’ ecstasy per la techno, e così via.
Con questo non voglio dire che i gestori dei locali in questione favoriscano lo spaccio o l’abuso di droga, anzi, a quanto ho capito ci lottano da anni, ma ballare per otto ore la techno senza essere completamente sballati avrebbe davvero senso? Si finisce ovviamente nell’ambito della tolleranza o meno, di cosa è legale, di cosa fa più o meno male. In Italia fa male tutto, è tutto vietato. Continuare con questo atteggiamento proibizionista secondo me è la cosa peggiore, bisognerebbe fare molta più informazione, piuttosto, magari creare degli spazi con servizi apposta per lo sballo. Checchè ne dicano Giovanardi e soci, se uno si vuole fare tu non riuscirai mai a impedirglielo, e soprattutto i giovanissimi troveranno sempre dei modi nuovi per farsi del male.
Di ecstasy si muore, si sa, non sempre, ma capita, o peggio, ci si rimane “sotto”, come si diceva una volta. Forse però più per una dose sbagliata o deteriorata, e questo sarebbe più controllabile, se fossimo tutti un po’ meno ipocriti. D’altra parte, probabilmente, se non fosse pericoloso, non sarebbe nemmeno così attraente, per chi lo fa.
Non credo che chiudere il locale per 4 mesi sia la soluzione, le pastiglie se le prenderanno in qualche altro locale. Anzi già immagino il mega party alla riapertura!
Per quanto riguarda la nostra realta, Il nostro è un piccolo locale, è molto più semplice da tenere controllato, anche se qualche episodio è capitato. Più che altro legato ad alcool, niente di veramente tragico. All’inizio avevamo la security, ma poi abbiamo capito che potevamo farne a meno.
Se qualcuno è troppo ciucco, magari cerchiamo di non mandarlo a casa da solo; se ha fatto qualcos’altro ci sono le forze dell’ordine. Siamo una realtà troppo diversa, è improponibile un paragone, sia per le dimensioni, sia per l’età e la sensibilità del pubblico. O almeno questo è quello che ho sempre vissuto io, dall’esterno delle discoteche techno”.