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Cibo: “Fare musica per noi é qualcosa di spontaneo e divertente”

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Dopo aver annunciato il proprio ritorno con la formazione (quasi al 100%) originale e un singolo al fulmicotone, i Torinesi Cibo rilanciano e alzano la posta in gioco. Da un sodalizio nato in durante un sudato e infuocato live nell’aprile del 2019, nasce l’idea di produrre uno split EP con i padovani Beelzebeat, autori di un ibrido insolito, tra grindcore e psychobilly che bene si adatta alla stravaganza creativa della controparte torinese.

Quattro pezzi, due per ciascuna band, in cui le due formazioni non si risparmiano, creando in pochi minuti un tornando di ritmi incalzanti, suoni taglienti e voci furiose, che invocano i più selvaggi pit si possano mai vedere ad un concerto.

Tra testi dissacranti, ironici e senza freni, i quattro brani scorrono veloci, come giusto che sia, e svelano gli aspetti più curiosi di queste due formazioni decisamente non convenzionali.
Ogni canone di un genere come il grindcore viene stravolto, rivisto e per certi versi reso caricatura, frutto dell’impegno di questi due gruppi a non voler prendere tutto sul serio, ma sotto sotto dimostrando di voler fare le cose seriamente, bene e senza lasciare nulla al caso, in un apparente caos sonoro che in realtà si rivela essere molto attento ai dettagli compositivi in un genere musicale borderline e sicuramente non proprio adatto ai cuori deboli.

Prodotto dalle sapienti mani del chitarrista e produttore dei Cibo Matteo Nigrotti (Redwood Studio, Torino) e da Daniel (Mal De Testa Records), con l’ausilio al mastering di Marco (Audiogram Lab), questo split è una mazzata in mezzo agli occhi talmente forte che vi farà impazzire del tutto se saprete cogliere l’acume di uno split intrigante e divertente, che viaggia in controtendenza su tutto, persino su stesso!

L’uscita ufficiale in formato vinile 7”, frutto di una collaborazione tra Distrozione, ZAS, Finte Platte, Pasidaryk Pats, TADCA e Associazione Uroboro è stata il 14 febbraio. Sempre nel corso del mese di Febbraio il disco verrà reso disponibile su tutte le piattaforme digitali grazie alla collaborazione con la storica etichetta torinese INRI.

Siete tornati in attività da poco, ma la line up è quasi totalmente quella originale. Che cosa ha prodotto questo cambiamento? Siete tornati alle origini anche musicalmente oppure avete ripreso da dove avevate lasciato con la line up degli ultimi lavori?

Ciao a tutti! Prima di ogni cosa ci teniamo a ringraziare lo staff di Metal in Italy e tutte le persone che si prenderanno il tempo per leggere le nostre risposte. Grazie ragazzi di cuore per l’interessamento nei nostri confronti.
Parlare di line up “Originale” ci sembra un po’ riduttivo nei confronti di chi nel tempo ha messo nei Cibo tutto ciò che aveva. Ogni cambio di formazione ha prodotto dischi diversi, cambi musicali dettati dal grande spirito che le persone coinvolte hanno messo a disposizione della band. Diciamo che la formazione attuale vede il rientro del chitarrista Matteo, storico fondatore del gruppo insieme a Marco (batteria) e produttore della maggior parte dei brani hc dei primi due dischi Appetibile e Ignorante (2004 e 2007) e l’ingresso del un nuovo bassista Dario Contratto. Marco e Matteo prima del 2004 suonavano insieme già dal 2001 quindi possiamo dire che la formazione attuale é più “Antica”. Le altre formazioni sono state per noi tutte “Originali”, nel senso positivo musicale del termine: diverse, bizzarre e non convenzionali. Ogni line up dei Cibo ha vissuto prevalentemente periodi molto belli, sul palco intensi e intrisi di amicizia.
Quest’ultimo cambiamento é stato prodotto da diversi fattori che accomunano un po’ tutte le band del pianeta: le persone con il tempo cambiano e seguono interessi diversi ed é difficile mantenere un ritmo produttivo costante negli anni. Già durante la produzione del disco “Capolavoro”(2016) c’erano state non poche difficoltà di stesura, comunicazione e ricerca dei compromessi necessari a chiudere il cerchio musicale. Terminata la spinta live di presentazione di quel disco ha iniziato a mancare la voglia da parte di tutti i membri di passare del tempo insieme per comporre e produrre musica: il chitarrista Alessandro Raso (anch’egli grande amico di vecchia data e compagno musicale di Marco e Teo dal 2000 al 2003) aveva deciso di fermarsi dopo una sua riflessione consapevole, Marco e Giorgio passavano ore in saletta da soli per produrre la musica futura dei Cibo e con gli altri al completo ci si incontrava una volta a settimana se andava bene. Vista la persistenza di svariate difficoltà di comunicazione i rapporti si sono incrinati: Marco (batteria) e Fede (basso) hanno deciso che piuttosto era meglio passare del tempo insieme per una pizza invece che scornarsi su tutto e l’altro Federico (chitarra) ha deciso di uscire dalla band per crearne un’altra insieme al bassista. In tutto questo a Giorgio e Marco non é mai mancata la volontà di continuare i Cibo: la band per loro é da considerare come un’entità a sé, a cui voler bene e di cui aver cura. La cosa era reciproca per Matteo, il quale quando seppe dell’accaduto e del rischio della fine della band propose un suo rientro. Il vecchio trio riunito ebbe poi la fortuna di incontrare il nuovo bassista Dario. Quest’ultimo era un grande fan dei Cibo: quando scoprì che c’era un’audizione per un nuovo bassista passò subito ai fatti, presentandosi per primo e suonando con un entusiasmo contagioso nella nuova sala prove costruita per l’occasione. Dario si presentò come una persona umile, volenterosa, gentile e geniale. Rispondeva perfettamente alle caratteristiche caratteriali ricercate dal gruppo. Il singolo “Ciao” é partito da un suo giro di basso. Sin dalla prima prova constatammo che il potenziale di questa nuova/antica formazione era gigantesco, soprattutto in virtù delle qualità empatiche dei componenti.
Per ciò che riguarda la continuità musicale con il passato diciamo che essendo stato “Capolavoro” un disco molto ragionato, le idee successive iniziali si presentarono antitetiche a quelle precedenti: pura visceralità, massima velocità e immediatezza erano i tratti distintivi delle quattro canzoni nate dopo quel disco. Due di quelle sono parte dello split con i Beelzebeat e non é assoliutamente detto che andranno a delineare in maniera definitiva le future produzioni dei Cibo: l’apporto di Matteo e Dario cambieranno moltissime cose. Certo le prime date di questa formazione sono state veramente punk in quanto abbiamo creato una scaletta unendo le canzoni dei primi due dischi del 2004 e 2006. Tuttavia la verità é che siamo tutti e quattro davvero aperti alla sperimentazione e siamo molto orgogliosi e contenti di esprimerci nel modo in cui vogliamo, senza alcun tipo di paletto o etichettamento musicale. Non fosse così non avremmo deciso di suonare in una band che si chiama “Cibo”.

Lo split coi Beelzebeat è una fucilata di pochi minuti, ma racchiude due anime molto simili e allo stesso tempo molto distinte del panorama underground italiano. Come avete affrontato questo percorso? Quali sono le cose che vi accomunano come band e cosa invece appartiene alle rispettive identità?

Abbiamo conosciuto i Beelzebeat durante una data al Mezcal di Savigliano il 18 maggio 2019.
La data era stata organizzata da Marco Los, membro di grandiosi band come Septical Gorge, Ape Unit e Failure. Questi ultimi hanno aperto con grande maestria le danze della data. Durante il soundcheck viene fuori che i Cibo erano stati per i Beelzebeat fonte di ispirazione iniziale; durante la loro esibizione abbiamo potuto ammirare un mix di demenzialità e preparazione musicale di altissimo livello. Durante la nostra esibizione li abbiamo visti ammazzarsi in mezzo al pogo urlando le nostre canzoni in faccia a Giorgio. Che dire…Ci siamo innamorati e durante la stessa serata abbiamo deciso di stringere un patto punk promettendoci di fare uno split insieme. Abbiamo parlato poco e creato tanto nel giro di pochissimo tempo. Non fosse stato per la pandemia globale avremmo anche suonato insieme dal vivo. Ma lo faremo, presto o tardi il piacere é solo rimandato. Ad oggi le due band hanno una chat comune in cui condividono le cose più trash del pianeta. Siamo contentissimi di aver trovato dei nuovi amici e speriamo futuri compagni di viaggio.
La cosa più grande che abbiamo in comune é l’attitudine cazzara e senza sconto alcuno: sia per cibo che per beelzebeat la cosa più importante é riempire di schiaffi l’utente musicale, colmarlo di divertimento, indurlo a pogare e gioire sotto l’effetto del potere di un macello suonato come si deve e con grande impegno.
Riguardo alle nostre identità, le differenza principale tra le due band risiede nel fatto che i cibo, avendo più anni di attività, hanno intrapreso nel tempo una parentesi più stoner-rock per poi tornare, almeno in questo split a qualcosa di primordiale. Odiamo dire “nostalgico” poiché ciò che creammo nel 2004 ha sempre fatto parte delle nostre scalette live fino al 2019. Cibo e Beelzebeat esprimono alla grande un’attitudine punk volta alla ribellione, al vero amore verso il prossimo in senso anticattolico e nei confronti di una vita svolta senza seguire etichette e pregiudizi. Punk é in questo senso inteso da noi come libertà di espressione a 360 gradi, amore incondizionato nei confronti di ogni lotta a regole stupide o superate.

I vostri testi sono ironici e irriverenti ma non sono mai a caso. Dietro questa apparente leggerezza, quanta riflessione c’è? Esiste un punto in cui “non prendersi troppo sul serio” diventa in realtà un “prendere sul serio questo approccio”? Intendo: c’è il rischio che si perda la spontaneità per fare il testo più ironico possibile?

Il vecchio chitarrista Federico, detto Piederico anni fa, in occasione della presentazione del disco “Incredibile” se ne uscì con questa frase geniale, che ancora ci rispecchia: Cibo, <>. Sostenere questo, anche con tutta l’ironia del caso rischierebbe di porci nella situazione di sostenere che ci sentiamo più intelligenti della massa di persone che propone musica. Non é così. A nostro avviso l’intelligenza dei Cibo é più di natura pratica: gli arrangiamenti vengono ragionati e registrati seguendo una scrupolosità e un impegno pressoché totale. I testi invece non aspirano a una perfezione simile, la nostra unica preoccupazione é che siano divertenti, abbiano un ottimo fluire – non sempre e per forza – e che siano spontanei, spesso vicini ai problemi di tutti i giorni. C’é il detto che dice: <> . Questo secondo noi é valido nella misura in cui scegliamo dei temi quotidiani come per esempio quello del saluto, della perdita di capelli, del provare del disagio psicologico o dell’essere vegetariani. Essere intelligenti per noi significa non stafare dal punto di vista del testo, farlo fluire divertendoci e concentrarci molto sulla performance live. Essa deve essere precisa, definita, potente e il più vicina possibile al nostro pubblico. Probabilmente i testi futuri saranno di tutt’altra natura, magari più fantasiosa e astratta. Vedremo dove ci porterà l’ispirazione. Di una cosa siamo certi: fare musica per noi é qualcosa di spontaneo e divertente. Quando questi due ingredienti verranno a mancare leggerete da qualche parte che ci siamo sciolti.

Venite da una collaborazione con INRI, realtà della vostra città molto strutturata e conosciuta. Eppure siete tornati con un approccio Do It Yourself che forse ci saremmo aspettati agli inizi del vostro percorso. È stata una scelta o una necessità? Quali sono i pro e i contro nell’intraprendere l’uscita di un disco in questa modalità?

Con INRI abbiamo avuto due produzioni, quella del disco “Incredibile”(2012) e quella del disco “Capolavoro”(2016). Questo rapporto iniziò a seguito di un live al Taurus di Cirié (TO), locale che purtroppo oggi non esiste più; quel mito di Sabino Pace, cantante dei mitici Bellicosi, Treni all’Alba e Titor aveva organizzato la data senza dirci che aveva chiamato Paolo, chitarrista dei Linea77, nonché manager discografico dell’etichetta INRI che all’epoca curava soltanto band e cantautori torinesi come Bianco e Levante. Noi suonammo davvero forte, facendo tutto il tempo battute irriverenti e comportandoci per quello che siamo dal vivo, ovvero dei veri punk. La cosa piacque a Paolo così tanto che ci propose una riunione: avremmo potuto allacciare i rapporti con l’etichetta, continuando a fare ciò che volevamo. Una produzione D.I.Y in contemporanea a quella di INRI era stata indicata come una tra le vie possibili. Scegliemmo di rinunciare al D.I.Y per il semplice fatto che i dischi prodotti dai Cibo in quel momento suonavano più rock/stoner che non punk. Ci é parso naturale, probabilmente sbagliando, pensare a una realtà D.I.Y legata intrinsecamente al punk. Punk che comunque non abbiamo mai abbandonato, poiché i brani dei primi dischi sono sempre stati eseguiti durante i nostri live.
In quel periodo abbiamo avuto la fortuna di aprire parecchi concerti ai Linea77, imparare molte cose e conoscere nuovi amici. Suonare in palchi più grandi ci ha fatto da un lato cacare sotto e dall’altro riempito di soddisfazione. Era ciò che avevamo desiderato raggiungere sin dagli inizi, seguendo sempre ed esclusivamente ciò che avevamo voglia di fare.
Per ciò che riguarda il presente, é vero siamo tornati al D.I.Y ma come potrete notare INRI ha comunque partecipato insieme alle etichette indipendenti. Questo nonostante la nostra scelta attuale sia davvero incoerente rispetto ai canoni di ciò che l’etichetta sta attualmente producendo. Interpretiamo ciò come un segno di rispetto artistico e cordialità dei fratelli Pavanello e di questo non possiamo che essere contenti.
I pro di una produzione D.I.Y sono anche i contro! Una produzione simile presuppone che tu passi molto tempo a mandare messaggi alle persone…La cosa occupa molto tempo ma permette di mantenere dei contatti che altrimenti sarebbero andati persi. Una rete musicale solidale si crea e si perpetua attraverso il tempo di ricerca ed esso non é mai tempo perso anche quando la piccola etichetta ti risponde che allo stato attuale ha troppe uscite e non può coprodurre il tuo disco subito. Ogni concerto,ogni disco é reso possibile da legami di amicizia diretta o indiretta. Sono le relazioni a creare eventi musicali e il D.I.Y ha in sé questo potere di renderti sveglio, attento e predisposto a creare rete sociale musicale. Ad oggi non esiste nessuna etichetta disposta a fare le cose per te. Forse un tempo era così, per noi comunque non lo é mai stato. Abbiamo sempre pensato alla nostra musica, alle nostre grafiche, alle nostre relazioni importanti e avuto la fortuna di incontrare persone che hanno creduto nella nostra volontà di rappresentare la loro piccola realtà indipendente a testa alta e a suon di schiaffoni e tupa tupa.

I Cibo sono decisamente una band non convenzionale, capace di mescolare ed esplorare sonorità per raggiungere un ibrido lontano dai canoni. Quali sono invece i classici irrinunciabili nei vostri ascolti?

Gli ascolti dei singoli membri dei cibo variano davvero dal pop al black metal, dal funk alla musica elettronica, dal punk allo stoner, dalla musica classica allo sludge. Ogni genere musicale é come un colore e ogni colore equivale a un’emozione diversa. Perché dovremmo privarci dei colori?
Ciò che suoniamo con la band riflette bene un nostro stato interiore e le nostre radici legate al punk: Marco, Dario e Matteo hanno molto amato gruppi come Nofx, Satanic Surfers, Rancid, Propagahandi, e tutto il filone dell’hc torinese che hanno avuto il piacere di vedere live in tutta la sua potenza: Lama Tematica, Arturo , Bellicosi. Giorgio oltre all’hc torino ama Kyuss, QOTSA, SunO))), Electric Wizard, Earth. Tutti adoriamo band come Fugazi, Police, Devo, Otis Redding, Parliament/Funkadelic e autori italiani come Conte, Pino Daniele e Alexander Rocciasana!
I nostri ascolti sono davvero eterogenei a seconda delle emozioni del momento. Per noi é finito il tempo dell’identificarsi entro un genere musicale. Abbiamo vissuto quel periodo e pensiamo di aver capito che il potere della musica é qualcosa di troppo grande da inserire dentro al contenitore della moda. Ognuno di noi, anche in maniera inconsapevole comunica qualcosa di sé, attraverso il proprio modo di vestire. I cibo amano vestire il proprio manichino ideale talvolta di nero e altre volte con colori che insieme stanno dimmerda.

Il vostro nuovo split EP è uscito praticamente a ridosso dell’inizio dell’emergenza Covid19. Quali sono state le ripercussioni? Come pensate sarà la ripresa per le attività live, soprattutto negli ambienti underground?

Quest’emergenza globale sancisce un pericolo pari a quello di una silenziosa guerra mondiale. Chi poteva aspettarsi una tragedia simile?
Come tutte le band del mondo, piccole o grandi, avevamo delle date che sono saltate ma la nostra preoccupazione più grande é rivolta verso quei pochi locali rimasti che continuavano a credere nella musica dal vivo. Arrancavano già in una situazione di normalità, figuriamoci adesso. Speriamo che questo governo si preoccupi di sospendere tasse e affitti di questi locali altrimenti, almeno in Italia dovremo esser pronti ad aspettarci il peggio. Tutto ciò che possiamo fare in questo momento é sperare e aderire a firme e iniziative volte a sostenere il mondo dello spettacolo e chi ha deciso di aprire attività volte a promuovere la musica dal vivo. Si tratti di musica underground o meno questo non fa differenza. In questo periodo ci manca anche l’osteria dove suonano il liscio.

Il vostro singolo “Ciao” parla di un gesto tanto semplice quanto spesso dato per scontato. Avete pensato che alla luce di quanto sta accadendo, questa canzone potrebbe assumere un nuovo, inaspettato, significato?

Uau questa é una domanda davvero interessante. Ci piace nella misura in cui é spiazzante é può essere interpretata in tantissimi modi diversi.
Ciò che notiamo é che oggi più che mai un saluto o un sorriso dietro alla mascherina acquisisce una potenza dieci volte più grande, una spinta ad essere meglio di prima. Questa situazione inoltre può permetterci di riscoprire legami che pensavamo essere andati persi. Diteci la verità: quante videochiamate avete fatto in questo periodo di quarantena insieme a persone che non sentivate da anni? Pensiamo che l’emergenza globale abbia avviato dei meccanismi di solidarietà rinnovata. L’effetto diretto si é visto durante la giornata del 25 aprile: é stata una giornata antifascista ancora più degli anni precedenti. Ovviamente siamo contenti di questo.
Il nostro CIAO più profondo e meno quotidiano oggi é dedicato a Mirko, cantante dei Camillas con i quali abbiamo avuto il piacere di suonare in passato. Questo virus di merda lo ha portato via. Ti vorremo bene per sempre Mirko.

Avete spazio per dirci qualcosa prima di chiudere questa intervista! Grazie ragazzi, in bocca al lupo per tutto!

Vorremmo salutarvi augurandovi di vivere la vostra vita seguendo ciò che volete veramente fare poiché come abbiamo visto in questo periodo nulla é da dare per scontato. In merito a questo consigliamo vivamente la lettura di un libro importantissimo intitolato “I ragazzi felici di Summerhill” dell’autore Alexander Neill.
Possa il futuro permettervi di seguire ciò che sentite nel cuore, senza essere deviati dalle spinte di una società capitalistica globalizzata.
Un abbraccio a tutti e grazie tante per quest’intervista. Ci auguriamo di vedervi presto scuotere la testa ai nostri live.
Con tanto amore
Cibo

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