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Dropshard: “Silk” – Recensione

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Quello che ci propone la band lombarda è un’ essenza di atmosfreriche sonorità, condite da una buona tecnica ed un appeal incantevole. Giunti alla seconda fatica in studio, sotto l’etichetta inglese Sonic Vista Music, i Dropshard, ci propongono una buona dose di vellutate sonorità prog, ispirandosi, per la maggior parte, allo stile anni ’70, pur non disdegnando richiami stilistici più commerciali.

Non a caso, il loro curriculum presenta esibizioni live con artisti del calibro dei Marillion. Ascoltando le note di “Silk” non ci si può esimere dal ricollegare quanto, in un passato glorioso, ci avevano proposto band grandiose come, ad esempio, i Genesis o i sopra citati Marillion, appunto. Di contro, in altri frangenti del disco in questione, si riescono a scorgere anche rimandi più moderni. Personalmente, durante l’ascolto dell’album sono riaffioratI alla memoria alcuni passaggi in stile Fates Warning dei tempi di “A Pleasant Shade Of Gray” (scusate se è poco!), ma anche sonorità ricollegabili ai Porcupine Tree. Lo so, i confronti ed i rimandi stilistici, sono sempre antipatici da dire e da ascoltare, per un artista, ma nell’analisi di una recensione, per un semplice ascoltatore, sembrano essere inevitabili.

Si parte subito in grande stile con le avvolgenti sonorità di “Insight”, pezzo di cui la band ha realizzato anche un video clip. Qui si ha subito la sensazione di trovarsi al cospetto di un lavoro per nulla scontato, ma non sopra le righe. Le parti strumentali sono tecnicamente valide, in perfetto stile prog-rock, mentre il timbro vocale del singer Enrico Scanu, fa sgranare gli occhi per quando sia simile a quello di Sting! Questa nota di somiglianza, anche per quanto concerne l’interpretazione, la possiamo riscontrare in maniera eclatante, nella seconda traccia “Eyes”, in cui, anche l’approccio sonoro, rimanda inevitabilmente a quanto ci ha fatto conoscere il cantautore britannico, soprattutto durante la sua carriera solista. Si tratta in effetti di un brano soft, ma molto equilibtato e piacevole dal punto di vista compositivo. Di altre fattezze è il brano “Cell 342”, in cui, dopo un inizio guidato dalle note di piano, sono i synth a far proseguire l’atmosfera fino ai tre quarti del brano, momento in cui, tutti gli strumenti dimostrano un buon connubio tra vena compositiva ed equilibrio propositivo. Con “Tied Together” arriva il primo gioiellino del disco; qui, dopo un intenso avvio strumentale, che ricorda i fraseggi utilizzati dai Dream Theater ai tempi di Derek Sherinian, sono l’interpretazione vocale e le melodie il vero punto focale da cui prende corpo la composizione.

Passando attraverso le note dei duetti voce e chitarra acustica di “Perpetual Dream” e “Get Out And Run”, ci soffermiamo all’ascolto di quello che, a mio parere, è il pezzo più completo presente in “Silk”. Stiamo parlando di “The Endless Road”, brano di dieci minuti e di grande intensità compositiva alla quale la band aggiunge, per altro, un’esecuzione più piena e personale. Ancora una volta vanno sottolineate la bella voce e l’interpretazione di Enrico, queste ultime, arricchite dalle valide variazioni presenti nel core del brano ed udibili dall’intreccio delle tastiere di Valerio Di Vittorio, con la chitarra di Sebastiano Benatti. Il tutto è ben sostenuto dai tempi dispari eseguiti da Tommaso Mangione, dagli slap e le linee di basso di Alex Stucchi, oltre ai quali, i nostri, ci fanno assaporare anche un solo di flauto dal sapore Jethro Tull. Ma le belle sorprese non sono ancora finite; infatti, giunti alla traccia numero dieci, ci possiamo soffermare all’ascolto dell’ armoniosa song “Maya”, composizione dalle sonorità intense, melodiche, piene e commoventi.

Sembra quasi che i Dropshard abbiamo lasciato tutto il meglio alla fine, poiché, a seguire, non possiamo esimerci dal rimanere ancora una volta sorpresi, al cospetto della sontuosa track “Memento”. In questo pezzo, la band, partendo dalle tipiche sonorità utilizzate come filo conduttore di tutto l’album, aggiunge un pizzico di complessità stilistica, alternando, tra strofe e ritornelli, parti di eccellente tecnica e sorprendente varietà, ove sono molto validi gli intermezzi dialogati di tutti gli strumenti. Sfumando, le sonorità di questo brano, si allacciano all’ultimo atto di questo lavoro, rappresentato dall’atmosferica “Libera Me”, in cui il quintetto lombardo, propone un bel chorus di voci maschili e femminili, le quali si evolvono su ritmiche morbide, conducendoci fino ai titoli di coda di quello che può essere giudicato, un gran bel disco progressive rock.

Il lavoro svolto da questi musicisti non lascia alcun dubbio riguardo le capacità di ciascun elemento, sia dal punto di vista compositivo, che da quello propositivo. Ogni brano di “Silk” possiede un’elevata quantità di elementi qualitativi, ma nonostante ciò, non appare mai appesantire la totalità dell’intero prodotto. Quanto espresso è assamblato da un qualità di produzione, consona ai target tecnici e sonori proposti. Non c’è che dire, piacevole all’orecchio e di pregiata qualità.