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Elyne: “Alibi” – Recensione

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Diciamoci la verità: l’hardcore e più in generale l’alternative metal ha un po’ sofferto negli ultimi tempi. Non tutte le uscite tra il 2016 e 2017 hanno lasciato il segno, posizionandosi come l’ennesimo prodotto ben fatto ma nulla che lasciasse davvero la curiosità di saperne di più.
Alibi” si propone invece come un album molto valido, a risollevare un po’ le sorti del genere in questo 2017. Convince ascolto dopo ascolto, segno che gli Elyne hanno fatto centro.
Ci sono una serie di fattori che rendono il progetto degno di nota: voce riconoscibile e versatile, motivi orecchiabili e potenti che gli amanti del genere, tra cui la sottoscritta, apprezzano particolarmente.

Per la band guidata da Danny Metal (sì… quello della cover metal di Rovazzi) “Alibi” è il secondo full lenght. Nati nel 2012, gli Elyne hanno fatto propria l’essenza esterofila del metalcore addolcito per arrivare probabilmente più in fretta ad un pubblico più vasto. Più in fretta ma non di fretta. Quando un prodotto è confezionato così, “giusto per”, si capisce subito. Nel caso degli Elyne si evince invece che c’è stato un lavoro di ricerca, a partire dai testi e colpisce come la voce del cantante si adatti ai vari stati d’animo.
In “Alibi” infatti c’è quel giusto mix tra dolcezza e rudezza: è un album tormentato e tra tanto urlare ci si prende anche il lusso di piazzare una strumentale, “From Within”, come a dire: “Ecco, ora siediti, chiudi gli occhi e soffri”. Un discorso crudele che viene portato all’estremo nella track di chiusura, “Frames”: un pezzo che fa male al cuore quando sfocia nel refrain.

Gli Elyne giocano con le atmosfere, sono furbi ed hanno trovato nella furbizia le capacità di offrire al mercato un lavoro che crea anche numerose aspettative in sede live. Lo si ascolta e si riascolta, nella convinzione che quando c’è del vero talento le cose escono bene. E questo ne è un esempio.