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Frozen Sand: “Prelude” – Recensione

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Aspettando il primo album, in arrivo per la fine del 2015, parola dei Frozen Sand, ci accostiamo curiosi a questa giovane band, la quale riesce a coniugare gli elementi tecnici più spiccatamente rock progressive, con finiture che ammiccano a soluzioni alternative. In effetti, all’ interno di questo Ep, sono ben udibili tutti gli spunti strumentali che forzatamente si collegano al filone progressive. Anche se il prodotto, in alcune parti, risulta alquanto “acerbo”, non a caso questi giovani musicisti novaresi calcano i palchi da un periodo relativamente breve, l’appeal esecutivo sembra avere una buona impostazione.

Ma partiamo nell’analisi del prodotto “Prelude”. La traccia di apertura dal titolo “Chronicle I – Chronomentrophobia”, presenta fin da subito un buon approccio sia tecnico che espressivo e pone chiaramente in luce l’aspetto riguardante la preparazione di questi musicisti. Sia le parti di chitarra ritmica che gli arrangiamenti solisti, così come quelle riguardanti le percussioni, presentano un ottimo bilanciamento sul piano espositivo e tecnico-esecutivo. Di contro, appare fin troppo stridente l’esecuzione vocale, che sembra quasi uno sbraitare tendente al calante. Nella seconda track “Chronicle II – Sand of the Hourglass”, possiamo ascoltare, in avvio, delle ottime parti melodiche che ben si confanno, nell’aspetto tecnico, a quanto espresso per la song precedente, fornendo così una conferma delle buone capacità dei musicisti. Anche la valutazione concernente il lavoro vocale non cambia con quanto espresso in precedenza. Questa volta si ha l’opportunità di assistere a diverse tecniche di canto che spaziano tra il pulito, dalle tonalita sia medie che alte, ad uno pseudo growl, ma il risultato è ugualmente bruttino. Proseguendo con l’ascolto, risalta all’orecchio, per le ottime parti strumentali portate a compimento da ciascuno strumento, su una base di tempi dispari, la breve “Chronicle III – Khronos’ Pendulum”. Il tutto, consentitemi l’ardire e mi spiace affermarlo, è rovinato dalla performance canora del vocalist Luca Pettinaroli, il quale salvo le primissime strofe, risulta calante.

Il breve lavoro si chiude con la bonus track “Fracture”, pezzo di cui la band ha realizzato un video clip e che presenta sonorità di richiamo a Tool e Porcupine Tree. Qui risultano di buona fattura i fraseggi tecnico-strumentali ed anche le ritmiche sono curate e non scontate. A tal proposito, oltre al lavoro strettamente ritmico del batterista Simone De Benedetti, va sottolineato anche quanto portato a compimento dal bassista di Tiziano Vitiello. Nel brano in questione il lavoro canoro, risultato e giudicato, fin’ora, pessimo, trova un buon risultato nelle parti in cui si esprime in growl, mentre è pienamente bocciato nelle parti in cui lo udiamo in chiaro, sia nelle tonalità medie che, a maggior ragione, in quelle alte.

La produzione dell’Ep è di buona fattura e riesce a valorizzare le differenti caratteristiche dei vari strumenti. A tal riguardo, va elogiato anche il livello in cui vengono poste le tastiere, così da arricchire le esecuzioni in sottofondo, quasi nascondendosi, ma, allo stesso tempo, fornendo un solido apporto, senza il quale la complessività dei brani risulterebbe più povera. In generale, quanto espresso da questi musicisti è più che positivo, anche se (non è mia volontà infierire), le performances vocali abbassano di molto la media voto per ciò che concerne il giudizio esecutivo. In ogni caso, aspettiamo con ottimismo ciò che i nostri proporranno nel futuro debut album, ribadendo che comunque si parte da basi molto buone.