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Hideous Divinity: “Cobra Verde” – Recensione

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Hideous Divinity Cobra Verde

Secondo capitolo per i romani Hideous Divinity, dopo aver pubblicato nel 2012 l’ottimo “Obeisance Rising” tornano a bastonare il mondo intero con “Cobra Verde”, un concentrato di Death Metal brutale e tecnico che dimostra quanto il nostro bel Paese sia fucina di band con attributi ben sviluppati.

Per dare un’idea di quello che emerge dall’ascolto di questo follow-up, è sufficiente citare nomi del calibro di Dying Fetus e Misery Index per la componente squisitamente tecnica, Deeds Of Flesh e Sinister per quella brutale. I Nostri lanciano strali e sferzano colpi mortali con una disinvoltura disarmante, i ritmi sono frequentemente indiavolati, ma non disdegnano breakdown e passaggi più riflessivi, dall’incedere pachidermico e soffocante. L’opener “In My Land I Was A Snake” inizia in sordina, un crescendo che sfocia ben presto in una valanga sonora, un martello pneumatico inarrestabile che lascia ben poco tempo per respirare. Occorre dire che la veemenza con la quale evolve la traccia non è fine a sé stessa, ogni passaggio appare ben ragionato ed i capitolini riescono a creare atmosfere opprimenti, tanto che i quasi otto minuti di durata sembrano trascorrere in un attimo.

Con “The Somber Empire” la sostanza non cambia, la partenza è bruciante: il drumming di Giulio Galati è molto incisivo, dimostrando di essere capace non solo di procedere a velocità supersoniche, ma anche di creare i giusti accenti per sottolineare i cambi di mood delle varie tracce. Come accaduto per il brano d’apertura, anche la title track “Cobra Verde” inizia pacatamente, chitarre semidistorte generano una successione ipnotica che viene ripetuta come un mantra, fino alla deflagrazione che accompagnerà quasi tuta la traccia. Le chitarre di Enrico Schettino e Antonio Poletti sono mastodontiche, i punti di forza sono senza dubbio la corposità delle distorsioni, ma anche i tecnicismi che portano i due a creare riff intricati ed accattivanti, così come parti soliste incisive. Un esempio è senza dubbio “Sinister And Demented”: qui è da notare come l’assolo sia supportato da una ritmica articolata, per niente scontata e vede, tra l’altro, la partecipazione di Dallas Toler-Wade dei Nile. L’album si chiude con un cover “The Last And Only Son”, una versione rivisitata dei Ripping Corpse.

“Cobra Verde” è un album compatto, che dimostra ampiamente il valore degli Hideous Divinity, consigliatissimo per tutti gli amanti del genere.