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Kalidia: “Lies’ Device”

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I Kalidia nascono nel 2010, ma, nonostante l’età relativamente giovane, vantano una discreta esperienza, maturata sulla base di tante prestazioni live. Dopo il primo EP, dato alla luce nel 2012, questi ragazzi si sono fatti le ossa dividendo il palco con artisti del calibro di Timo Tolkki, Fabio Lione e Vision Divine, fino a giungere alla realizzazione del loro primo album “Lies’ Device”. Ciò che ci propone la band toscana è un melodic-power metal, arricchito da chiare influenze symphonic, le cui tracce sono caratterizzate da un lineare assemblaggio compositivo, in perfetta linea con quella che è la tipologia del genere in questione. Adeguata alle melodie contenute nelle dieci tracce che compongono il disco, è la delicata ed allo stesso tempo decisa voce di Nicoletta Rosellini.

L’apertura dell’album è affidata a “The Lost Mariner”, pezzo marcatamente Symphonic in cui sono avvertibili frammenti stilistici vagamente goth. L’overture di organo e bells è supportata molto bene dalle ritcmiche veloci, intervallate a loro volta da intermezzi cadenzati, il tutto finalizzato in un ritornello luminoso e dannatamente power. In questo pezzo è lodabile il lavoro del tastierista Nicola Azzola. Scorrendo il disco, passiamo dal ritornello “happy” di “Hiding From The Sun” ai chorus di “Reign Of Kalidia”, per poi soffermarci, senza ombra di dubbio, all’ascolto del brano tipicamente power “Black Magic”, nel quale sono ancora una volta le tastiere a dettare lo schema compositivo, portato alla piena realizzazione mediante un ritornello melodico e convincente. Nel brano in questione, va sottolineato per altro il buon lavoro dei musicisti, udibile nell’intreccio di assoli di tastiere e chitarra. Diciamo che le caratteristiche enunciate fin qui descrivono, in generale, un po’ tutto il lavoro dei Kalidia, mentre una nota differente la troviamo all’ interno della ballad “Shadow Will Be Gone”, le cui sonorità ricordano la scuola AOR degli anni novanta, anche se, al cospetto di questo pezzo, non ci troviamo di fronte a nulla di realmente innovativo.

Buone idee sono contenute nel pezzo che dà il nome all’album; tali idee possiamo riscontrarle nelle parti strumentali soliste, anche se la struttura risulta classicamente ancorata a schemi compositivi propriamente hard rock. Cosa dire, in conclusione? Ci troviamo davanti ad un lavoro che denota una spigliatezza compositiva buona, ma forse troppo legata a ciò che teoricamente detta la scuola di genere. Il risultato sarebbe stato migliore con un briciolo di personalità in più, ma in ogni caso, supera a pieni voti gli esami, anche se rischia di essere inglobato nel calderone power.

Il risultato sonoro è comunque buono e consono alle sonorità che la band vuole esprimere; salta chiaro all’orecchio che esso mira alla chiarezza, vedi ad esempio le tastiere, che tendono a primeggiare ed in alcuni casi, a mettere in secondo piano alcune ritmiche di chitarra. Chi ama il power metal, apprezzerà senz’altro tali sonorità e le sfumature symphonic al suo interno, ma per il futuro ci aspettiamo qualcosa in più, un po’ di personalità che ci stupisca, oltre a farci assistere ad un buon ascolto. Forse sarà un briciolo di esperienza in più, chiamatela come volete. Aspettiamo.