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Klogr: cambi di line up? “Ci deve essere feeling, altrimenti tutti a casa”

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Tempo di bilanci per i nostrani Klogr, band emiliana che di recente ha vissuto la grandiosa esperienza di un tour europeo condiviso con Butcher Babies ed Eyes Set To Kill.
Li abbiamo visti anche in Italia, per un’unica data al Legend Club di Milano, ma è stato all’estero che gli show hanno riscosso maggiore successo (come purtroppo siamo sempre più abituati).
L’occasione del concerto milanese si è però rivelata propizia per scambiare due chiacchiere con Rusty, cantante e leader dei Klogr, che già avevamo intervistato prima dell’inizio del tour, raccogliendo le sue emozioni e le sue speranze.

– Klogr: “Finché ci chiedono di andare on the road, non ci tiriamo indietro!” –

Ciao Rusty, ci ritroviamo ormai a fine tour, dopo che eri stato intervistato dal nostro Stefano prima di partire; domanda d’obbligo: com’è andata?
Tutto molto bene. Ti posso dire onestamente che 12 date in Inghilterra sono tante perché l’Inghilterra non è immensa. Anche nel 2014 quando abbiamo suonato con i Prong, abbiamo fatto quattro date. Per noi 12 date possono anche andare bene, ti trovi a suonare anche in locali che sono pub grandi e con 100-150 persone per noi è sicuramente divertente. Per loro (Buthcher Babies, ndr) insomma…
Però noi abbiamo preso tutto quello che dovevamo prendere, è stata molto bella l’interazione col pubblico, anche perché molti non ci conoscevano, quindi devi sempre in qualche modo impressionare. Abbiamo avuto un buon feedback e siamo molto contenti.

Rispetto al tour con i the Rasmus, a parte i locali diversi, vi siete dovuti confrontare anche con un pubblico diverso…
Con i the Rasmus è stata una botta di adrenalina. Totalmente diverso perché suonavi davanti a 1500 persone, ma il nostro genere non era il loro, oggettivamente. Abbiamo “preso su” un po’ di pubblico ma non era gente che poi ti continuava a seguire, invece in questo tour c’è gente che continua a scrivere anche dopo giorni. C’è da perdere un po’ di tempo su sti maledetti social, però hai il contatto con il pubblico che rimane, ed è molto importante.

Con i The Rasmus avevi una formazione completamente diversa… com’è andata con i nuovi ragazzi?
Con i The Rasmus, niente da togliere all’attuale formazione, avevamo una lineup di eccellenza. C’era Art Cruz, batterista dei Prong che oltre ad essere un amico è anche un musicista fenomenale, Pietro (Quilichini, attualmente in tour con Alteria, ndr) seguiva il progetto da 3-4 anni e con lui c’è un legame, oltre che professionale, anche personale. Gio era il bassista della band già da molti anni, quindi c’era un feeling molto molto positivo e molto forte. Devo dire che comunque, nelle sostituzioni, ho avuto un gran culo. Crivez chitarrista dei Kismet, Fede e Pivo rispettivamente batteria e basso dei Logical Terror, sono stati impeccabili tecnicamente e senza di loro non avremmo avuto questo successo in tou. Fede tra l’altro sul palco si butta proprio via, perché si diverte come un pazzo e fa una gran scena. Musicalmente sono lievemente meno post-grunge di quello che dovrebbe essere, però in questo tour l’attitudine è stata azzeccatissima perché gli Eyes Set to Kill e i (o “le”) Butcher Babies sono molto più estremi di noi.
L’unico veterano alla fine sono io, perchè ho fatto il tour con i Prong, quello con i The Rasmus che comunque era più strutturato, ma i ragazzi si sono sempre comportati tutti molto bene

Alla fine quanto tempo siete riusciti a provare prima di partire?
Allora io ho fatto due prove con Crivez e due prove insieme a tutti… però oggettivamente devi fare 7 pezzi, 30-35 minuti di show, per cui sono state più che sufficienti

E a livello di feeling sul palco?

Io sono un accentratore… purtroppo lo sono dovuto diventare: con tutti questi cambi di formazione è automatico che il progetto venga riconosciuto un po’ sulla mia persona anche se per molto tempo ho cercato una line-up stabile e di condividere il viaggio con una formazione stabile, non ci sono riuscito. Non perché io sia una sorta di Dave Mustaine scorbutico, è solo una leggenda metropolitana che mi dipinge come una t************* che cambia formazione per colpa sua… non è stata neanche colpa degli altri: semplicemente non potevano esserci, e lo stesso Pietro mi ha detto “senti, trova un sostituto e vai”. D’altronde cosa potevo fare? Non potevo mica fermare il progetto? Io suono per condividere qualcosa col pubblico e con le persone che ho affianco, e non è protagonismo o egocentrismo, è voglia di condivisione di una passione. Quindi, anche con i ragazzi nuovi, se non ci fosse quel feeling lì e se non ci fosse il contatto umano, saremmo tornati a casa alla terza data. Il palco passa attraverso la vibrazione della musica e se non c’è è inutile andare avanti.

E con le altre band com’è andata fuori dal palco?
Rispetto al tour con i The Rasmus tutta un’altra cosa… loro li avremmo visti si è no 3 volte incrociandoli fuori dai camerini…
Questa volta è stato tutto diverso: la sera si andava di jager e shottini tutti insieme. Abbiamo  però tenuto alta la bandiera dell’Italia; a me dispiace dirlo ma spesso e volentieri fuori veniamo visti un po’ come i ca****i di turno, e mi dispiace dirlo, hanno ragione. Noi siamo felici di portare allo scoperto questa parte d’Italia che sa divertirsi, ma è anche seria e professionale quando serve. Con gli altri gruppi, massima collaborazione su tutto: ti dico solo che abbiamo fatto usare la nostra backline quando è servita, a Milano abbiamo usato la loro batteria. Pensa che nel giorno libero prima di Milano, ho portato io a fare la lavanderia a Modena al bassista delle Butcher Babies e della cantante degli Eyes Set to Kill perchè loro erano a Monaco e non avevano trovato un appoggio… addirittura il bassista mi aveva dato dei soldi per il disturbo… e allora cosa fai, vai e torni a Milano con 4 bottiglie di vino e va bene così.

La partnership con Sea Sheperd, come prosegue?
Purtroppo come negli altri tour, non sono riuscito sempre a portarmi dietro gli info point a causa degli spazi disponibili nei locali e non essendo noi headliner, quando c’erano delle scelte da fare, chiaramente si dava spazio al loro merch. Ci sta anche che non tutti si volessero schierare… però, il loro fotografo è un sostenitore di Sea Sheperd… alla fine come vedi, la famiglia c’è e si allarga. Senza questo perderei almeno un ¾ dello scopo di quello che faccio, il messaggio che voglio lanciare è molto forte e sincero.

E i programmi per il resto dell’anno? So che stai lavorando a pezzi nuovi: un album in arrivo?
Adesso grazie al management stiamo già dando un’occhiata ai tour per l’estate\autunno. Per i grandi festival, non siamo ancora a un livello abbastanza elevato ma faremo comunque qualcosina quest’estate… ma anche lì arriva il problema della formazione: adesso i ragazzi hanno una preparazione per 30-35 minuti se ci chiamano a fare un set di un’ora e mezza cambia tutto: non bastano più 3 prove ma ce ne vogliono 20… poi, la butto lì, Prong torna in Europa a settembre quindi non è detto che non ne esca qualcosa di buono. Però siamo ancora a un livello di contatto da “so che venite in Europa, vi serve supporto?”
Per quanto riguarda il nuovo materiale, io sto iniziando a pensare a questa avventura come a un progetto, più che come una band. Dopo 5 o 6 anni di tentativi ho deposto le armi e quindi sto iniziando a scrivere nuovo materiale da solo. Però ho aperto le finestre a varie collaborazioni: con Art per primo, ma  anche qui in mezzo abbiamo marcato bene quindi non è detto che nel prossimo lavoro ci siano special guest provenienti da questo tour. E non è questione di pago tizio o caio perchè mi serve il nome, è questione di stima e rispetto reciproci.

La gallery dal concerto al Legend Club di Milano (13/03/2018)

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