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Lola Stonecracker: “Doomsday Breakdown” – Recensione

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Il progetto Lola Stonecrackers nasce all’inizio di questo decennio, come cover band dei Guns’n’Roses ed, a farci caso, le ispirazioni provenienti da questa storica band si notano davvero tutte. Nel 2011 i nostri debuttano con l’EP omonimo che, successivamente, li porta a calcare i palchi di molte città europee, in compagnia di artisti del calibro dei Faster Pussycat. Ciò che ci presentano oggi con “Doomsday Breakdown” è uno street glam, dal sapore hard rock, che dà corpo a brani piuttosto trascinanti e dagli immancabili (per il genere) innesti melodici. Sono ben quindici i pezzi che vanno a formare questa autenica bomba glam rock, in cui questi musicisti danno prova del loro eclettismo tecnico, strumenti alla mano.

Accende la miccia la convincente “Jigsaw”, in cui l’approccio è dannatamente Guns’n’Roses style, mentre nel ritornello riaffiorano le peculiarità più strettamente hard rock, sia per quanto riguarda le parti tecnico-strumentali, che per quanto concerne l’espressività del cantato. Con la song “Witchy Lady” ci troviamo al cospetto di una composizione molto legata alle strutture utilizzate nell’ambito di genere, durante gli anni ’90. Qui le ritmiche non veloci e le strutture strofa-ritornello si susseguono linearmente; in tale frangente sembra di riascoltare i vecchi Warrant. La song “Generation On Surface” continua a portarci su sonorità poste a metà tra la vecchia scuola street glam ed i rimandi compositivi ed espressivi di matrice dannatamente Guns’n’Roses. La musica cambia ascoltando la ballad, dal sentore vagamente Bon Jovi, “Secret For a Universe”. Qui il dualismo strofa-ritornello è finemente collegato da parti strumentali e da melodie vocali azzeccatissime. Per veri romantic-rockers.

Dopo questa perla melodica ci risvegliamo grazie alla potente ed “ottantiana” “Perils For A Man From The Past”, alla quale segue l’altrettanto potente e tecnicamente valida “Jekyll And Hyde”. L’avvio di questo brano presenta un’azzeccata parte di synth, dalla quale prende corpo un pezzo coinvolgente. La successiva track, che offre il titolo al lavoro, ovvero “Doomsday Breakdown”, non a caso è una composizione ricca di spunti tecnici ed espressivi, che, uniti in modo esemplare, creano una composizione di tutto rispetto. Qui la struttura delle strofe e dei ritonelli è curata ed intermezzata da buone parti strumentali. La traccia “MC Kenny’s Place” riporta, idealmente, l’ascoltatore sui lidi anni ’80, in cui le sonorità appaiono un equo mix tra i vecchi Bon Jovi ed i Motley Crue. Da lodare, in tal caso, il bel solo di chitarra, al centro del brano. Con “All This Time” siamo nuovamente catapultati su melodie trasognanti, che formano una convincente e molto bella ballad, la quale, partendo da sonorità acustiche, si sviluppa, mediante delicate distorsioni e linee melodiche di tutto rispetto. Un riff in slide fa partire la southern song “Space Cowboys”, traccia che prende forma attraverso classiche struttre glam hard rock, nelle quali è compresa, ancora una volta, la vena ispiratrice di Axel Rose, Slash and Co. Le note di “Psycho Speed Parade” rappresentano, a mio modesto parere, la migliore composizione dell’album, poichè l’equilibrio e l’originalità delle parti, nonché la grande espressività vocale, creano una varietà stilistica, ben udibile nelle ottime esecuzioni strumentali. In tal caso, troviamo intermezzi, tempi dispari e sezioni strumentali originali e ben suonate; il tutto si muove sopra ritmiche veloci e chiare. Si discosta di poco dal pezzo appena descritto, per quanto riguarda l’originalità e le pregevoli fattezze tecniche, “Mistery Soul Maverick”, mentre sorprende l’ascolto della cover, magistralmente personalizzata, di “Relax” dei mitici Frankie Goes To Hollywood.

Dopo questa parentesi retrò è la volta di un’altra ballad, nonostante sia la terza all’interno dell’album, i nostri sanno impressionare positivamente, con una prestazione ed una composizione per nulla scontate e molto profonde, in cui la struttura, formata da parti tecnicamente molto equilibrate e oggettivamente belle da ascoltare, fa di “Shine” un’altra valida pedina all’interno dello scacchiere di questo lavoro. L’ultimo atto è affidato alla cadenzata “Using My Tricks”, brano con cui i nostri ci permettono, ancora una volta, di ascoltare una buona e mai scontata creazione dal carattere decisamente hard rock.

In sostanza “Doomsday Breakdown” è un disco in cui sono presenti ben più che semplici sfumature o ispirazioni derivanti dal combo di Los Angeles, citato in più occasioni all’interno di questa recensione. In ogni caso, questi musicisti hanno dimostrato anche di possedere una personalità che, in molte occasioni, è emersa, sia nella cura delle parti tecnico-compositive, che in quelle puramente espressive. Consigliato!