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Lorø: “S/T” – Recensione

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Loro
    Con i Lorø parliamo di una band che fa della sperimentazione il proprio punto di forza, l’album omonimo co-prodotto da ben 5 etichette, ovvero Red Sounds Records, DIO)) DRONE, In the bottle records, ICORE Produzioni, Cave Canem Diy, rappresenta una contaminazione che abbraccia Math-Rock, Noise, Jazz, Drone che si intrecciano continuamente tra loro.

    Sicuramente ci troviamo difronte ad un album di non facile assimilazione, il cui target è costituito dagli amanti del genere, difficilmente chi non lo è troverà interessante il sound della band di Montagnana (Padova). I nove brani strumentali rappresentano un vero e proprio viaggio sonoro attraverso lidi inesplorati, fatti di accelerazioni e cambi repentini di tempo, come nell’opener “Pollock”, di chitarra e basso distorti che si uniscono ad un drumming articolato, nervoso, e synth definiti “drogatissimi” nel press kit.

    Anche con il secondo brano “Thalia” i nostri padiglioni auricolari vengono inondati da melodie ripetute come fossero un mantra, progressioni armoniche che seguono uno schema ben preciso, dal sapore nostalgico ed ansiogeno. La componente Math- Rock è ben riconoscibile sin dalle prime note di “A Trick Named God”, traccia la cui evoluzione sfocia in passaggi quasi Doom, per poi terminare con diversi minuti fatti di suoni elettronici e frequenze disturbanti. Con “High Five” emerge prepotentemente l’anima jazz del trio, soprattutto grazie alle melodie tipiche del genere create dai synth, con un sottobosco fatto di chitarra distorta e batteria dal suono quasi acustico, tutt’altro che manipolato. Continua la sperimentazione con “ø”: cinque minuti di suoni elettronici che mettono a dura prova l’orecchio di chi non è portato per questo tipo di composizioni.

    Tra le altre sicuramente da citare “Clown’s Love RItual”, brano dotato di un riff portante dal groove molto accentuato e la seguente “Faster, Louder & Better”.
    In conclusione posso affermare che l’album omonimo dei Lorø è davvero tosto, intendendo con questo termine sia la componente positiva della produzione, ovvero brani che catturano l’attenzione con il loro groove, che quella negativa, ovvero brani di difficile assimilazione che in alcuni casi risultano prolissi a causa della preponderante presenza di sperimentazioni elettroniche, come nalla già citata “A Trick Named God”.

    Si tratta pertanto di un prodotto davvero di nicchia, ma rimane comunque il fatto che i ragazzi ci sanno fare ed hanno fantasia da vendere, quindi è giusto che portino avanti il loro discorso che fa perno sulla sperimentazione.