Home Interviste Marco Barusso: “Chi snobba Sanremo venderebbe la madre pur di andarci”

Marco Barusso: “Chi snobba Sanremo venderebbe la madre pur di andarci”

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Produttore, musicista, compositore, arrangiatore, ingegnere del suono, punto di riferimento per una miriade di artisti, sia italiani che stranieri.
Marco Barusso le ha tutte. Pensate ad una qualifica? Ecco, lui ce l’ha.
Un’agenda da 365 giorni è solo un blocchetto di post-it per un professionista come lui: ogni impegno, dal più grande al più piccolo, viene dosato con la stessa considerazione.
Ecco perchè Metal In Italy ha voluto inserirsi in quell’agenda e riuscire a strappare al buon Barusso pochi minuti del suo tempo per rispondere a qualche domanda.
Nel frattempo c’è stato Sanremo ed è stato proprio il festival la molla che ha fatto scattare tutto in quanto, a cavallo tra il 2015 ed il 2016, l’ex Cayne ed oggi titolare dei BRX Studio, ha annunciato che Enrico Ruggeri sarebbe salito sul palco dell’Ariston con un brano prodotto ed arrangiato dallo stesso Barusso.
Non potevamo perdere l’occasione di parlare con un profondo conoscitore della musica e dei suoi protagonisti, anche perchè ci sono delle cose da dire sia alle nuove leve che ai musicisti più navigati…


L’intervista:

Ciao Marco, benvenuto su Metal In Italy. Possiamo dire che la tua storia ha inizio da un regalo di famiglia (una chitarra acustica)?
Ciao, beh, si, mio zio Renato quando avevo circa 11 anni, vedendomi particolarmente interessato alle chitarre che aveva in casa sua, mi regalò una chitarra classica economica ed il metodo per chitarra di Franco Cerri e Mario Gangi, con fascicoli e cassette audio, all’inizio non riuscivo a combinarci granchè, poi complice la varicella che mi costrinse in casa per un po’ di tempo iniziai a tirarci fuori qualche verso vagamente utile, ricordo ancora l’emozione provata quando sono riuscito a suonare il mio primo la minore convincente.


Ti manca suonare in un gruppo?

Mi manca moltissimo, per me suonare dal vivo è imprescindibile, e purtroppo da un annetto lo faccio solo in sporadiche occasioni con Roberto Tiranti e Guido Carli, con cui mi diverto come un pazzo a suonare cover dei Police, ma la dimensione in cui mi sento più appagato è quando suono la mia musica davanti a un pubblico che è lì per ascoltarla, e non lì per caso o per sentire qualche cover che ha scritto qualcun altro, è un cosa che ho fatto per qualche anno con la mia ex band, i Cayne, e prima ancora con gli Heavy Metal Kids, ed ora devo dire che non vedo l’ora di portare dal vivo il mio nuovo progetto che ho in preparazione.

marco barusso suona

C’è una band (o cantante) per la quale accetteresti di suonare?
Mi piacerebbe magari a collaborare dal vivo con qualche artista con cui lavoro in studio, come è capitato anni fa con Paola Turci, Alexia o Danny Peyronel.
Ho suonato sui dischi di molta gente, ma essendo molto concentrato sul lavoro di produzione in studio non ho mai molto tempo da dedicare al live, anche se prima di diventare una cariatide voglio farmi qualche altro tour. Gli artisti Italiani con cui mi sarebbe piaciuto molto suonare sono tanti, Franco Battiato ad esempio, oppure Ruggeri, con il quale ho solo lavorato in studio. Se dovessi pensare invece ad un artista internazionale con cui amerei suonare potrei dire i Porcupine Tree, oppure i Katatonia, anche i Karnivool ultimamente non mi dispiacciono affatto.

Attualmente ti vediamo impegnato con il nuovo dei Lacuna Coil. Sappiamo che non puoi dirci nulla. Solo una cosa: sarà davvero più “heavy” come dicono?
Sarà decisamente più heavy del solito, e posso dirvi che in qualche brano c’è pure qualche mia parte di chitarra qui e là, nulla di strutturale ma qualche riconoscibile pennellata.

Leggere con la dovuta attenzione la tua biografia è roba ardua. Ci vuole in media una settimana… Tra le innumerevoli produzioni che ti hanno visto protagonista, quale o quali ricordi con maggiore trasporto?
Mah, è difficile, un disco che mi sono divertito un sacco a realizzare è quello dei Casablanca, che ritengo uno dei più begli album che ho fatto negli ultimi 10 anni, malgrado la travagliata situazione con l’etichetta discografica che doveva originariamente pubblicarlo e che è implosa all’ultimo minuto, ma sono tante le occasioni in cui mi sono emozionato, ad esempio quando sono stato convocato dai Pooh per produrre il loro ritorno sulle scene con “Pensiero”, oppure quando mi sono trovato con Edoardo Bennato in studio che mi cantava suoi inediti davanti a me con la sua Eko 12 corde per decidere che brano produrre, oppure quando sono andato a ritirare dal distributore le prime copie del disco dei Cayne che mi è costato tanto lavoro e notti insonni, e l’ho portato subito a Claudio Leo che purtroppo si trovava in ospedale a causa della sua malattia, ricordo come lui cercava di venderne un po’ di copie agli infermieri!
Un’altra grande emozione è stata per me quest’anno vedere Enrico Ruggeri sul palco del festival di Sanremo portare un brano prodotto e arrangiato da me, “Il primo amore non si scorda mai”, ma ci sono tantissimi aneddoti, nel bene e nel male, non tutti rac-contabili pubblicamente, potremmo stare qui un sacco di tempo a parlarne.

Il Festival di SanRemo è l’evento musicale italiano per eccellenza. Perché, secondo te, è la stessa musica a bistrattarlo?
Io vedo il Festival di Sanremo come una specie di “Mostra mercato” della discografia Italiana, lo vedo come l’occasione di ritrovarmi con i miei colleghi in una bella città, stringere nuove relazioni lavorative e scoprire anche nuovi artisti interessanti, come quest’anno Francesco Gabbani ad esempio.
E’ un evento che tutti dicono di odiare e snobbare, ma la verità è che tutti bene o male ne parlano e lo guardano, anche se non lo ammettono, e la cosa triste è che la maggior parte degli “artisti” che lo snobbano nella realtà venderebbero la mamma pur di poterci partecipare.

Senti, già che ci siamo… Che fine hanno fatto i Gazosa?
Ah ah… eh già… ho lavorato pure con loro, qui gli aneddoti sarebbero davvero tanti, tra cui le diverse notti insonni consecutive che ho dovuto passare per riuscire a consegnare il disco in tempo quando il mio ex socio è dovuto andare in Inghilterra a recuperare la sua fidanzata che all’aeroporto non lasciavano imbarcare, ma vabbè… questa è un’altra storia, nei Gazosa ricordo una brava cantante ed un ottimo e promettente batterista, anche il chitarrista, Paciotti era piuttosto bravo, l’ho rivisto l’anno scorso proprio a Sanremo in una performance un po’ improbabile come tenore e chitarrista epico.


Un’ultima domanda. Il mercato discografico è in crisi. Un po’ tutto il settore non vive un momento florido e probabilmente, con l’avanzare delle nuove tecnologie, andrà sempre peggio per chi vive di musica.
Secondo te, esiste una formula per poter fermare questa emorragia?

Mah, a livello commerciale siamo in una fase di transizione dal supporto fisico a quello digitale, e purtroppo quest’ultimo non è stato ancora volutamente regolamentato, causando la totale colata a picco dei guadagni dell’industria musicale, e conseguentemente la totale cancellazione degli investimenti da parte delle major nelle nuove proposte che nella maggior parte dei casi devono farsi strada da sole finchè non destano un minimo di interesse commerciale che giustifichi l’investimento da parte qualcuna delle poche etichette rimaste.
L’avanzare delle nuove tecnologie ha in una certa parte semplificato il lavoro dimi-nuendo l’investimento necessario in macchine per realizzare un disco decente, ma questo ha purtroppo fatto credere a tanti personaggi improvvisati che basti comprarsi un pc, installarci un Cubase, magari craccato e professarsi produttori, infatti escono un sacco di dischi orrendi, c’è in giro davvero un sacco di fuffa, soprattutto frutto dei pasticcioni del copia e incolla, ma al contrario si possono spendere anche un milione di € in attrezzature, avere uno studio pazzesco con ogni macchinario e software possibile e… fare comunque dei dischi osceni, quello che conta davvero è sapere cosa fare e come farlo, l’esperienza, la conoscenza delle tecniche, della musica, dell’armonia, delle caratteristiche dei generi che si affrontano e soprattutto avere inventiva e buon gusto, personalmente sono abituato a cercare di fare del mio meglio dove sono e con quello che ho a disposizione, fosse uno studio stratosferico o un portatile con un paio di cuffie.

Un tuo consiglio alle band emergenti…
Umiltà, impegno e determinazione! Studiare e suonare il più possibile sia in saletta che in pubblico, scrivere i propri brani ma senza avere la pretesa che il primo accrocchio che esce fuori sia degno di Beethoven, e poi cercare musicisti che abbiano gli stessi obbiettivi, e non solo a parole, all’inizio tutti dicono di voler andare in tour, suonare ovunque etc, ma hanno un’idea molto romanzata della cosa, e nella realtà per combinare qualcosina bisogna farsi un mazzo notevole, la favola del megaproduttore che ti sente in un club e decide di farti diventare una rockstar è davvero molto lontana dalla realtà, per questo motivo bisogna circondarsi di persone motivate verso gli stessi obbiettivi, se si vuole suonare a livello professionale bisogna impegnarsi a fondo e deve diventare la principale ragione di vita, quindi bisogna evitare come la peste di perdere tempo con chi lo vuole fare così, per hobby e per divertirsi ogni tanto, meglio essere chiari da subito o si rischiano di buttare via anni di lavoro. E se si vuole suonare per hobby non c’è nulla di male, va benissimo ed è un hobby splendido, ma che si abbia l’intelligenza di evitare di fare perdere tempo ed occasioni a chi ci crede davvero, credo potrei scrivere un libro a riguardo.

– Foto di copertina: Beatrice Zambon