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Neverdream: “The Circle”

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A prima vista questa band romana sembra avere molto da dire. In effetti, i Neverdream hanno già una certa esperienza alle spalle e sono al quarto lavoro discografico. Si tratta di un album che, come accennato, viene presentato in una forma molto curata, con tanto di book, scaricabile in versione PDF dal loro sito. Nel libro in questione viene narrata la storia di Victor Stanley, personaggio che, ritenendosi eletto da Dio ed in nome della sua onnipotenza, esercitata soprattutto a danno dei propri figli, macchia, con una serie di efferati delitti, la piccola località texana di Corpus Christi. A questi eventi sarà collegata la scomparsa di Mary Jane Kelly e proprio da tale incpit misterioso si avvieranno le indagini del detective Thomas Curtis. E’ questo il filo tematico che il combo capitolino sviluppa attraverso le composizioni che vanno a formare il loro “The Circle”. Osservando materialmente il prodotto, va spesa un’osservazione di lode riguardo l’artwork; in copertina è rappresentata la nota psichica del protagonista, in cui il cerchio (The Circle, appunto) non è altro che la delimitazione entro i cui confini mentali Victor Stanley racchiude la città, al fine di preservarla dal male e mantenerla pura dal peccato! Niente male, ma passiamo a parlare del prodotto musicale…

La prima impressione che suscita l’intro, ci porta, senza dubbio, ad aspettarci sonorità accostabili ai Dream Theater dei tempi “cupi” di Train of Thought; sensazione che viene confermata dai riffs di chitarra, dalle ritmiche di batteria, con tanto di parti sincopate e da intermezzi strumentali che ci lasciano come sospesi, per poi sorprenderci mediante soluzioni sonore originali. Tale inizio ci conduce sulle note di “Requiem”, brano introdotto da una parte di sax e che si sviluppa attraverso chorus, le cui linee melodiche, sono il giusto aggancio alle successive melodie delle strofe e ritornello, arricchiti, a loro volta, da innesti vocali femminili. Colpiscono le ottime linee di basso con cui parte “Godless”, brano che prosegue, ancora una volta, con la presenza di belle parti di sax, il tutto adagiato su un vellutato tappeto ritmico. Quella attraverso cui ci muoviamo è una storia che narra le azioni di un serial killer e delinea le psicologie e le vite di ciascun personaggio. Ogni pezzo può rappresentare un capitolo, quindi, giungendo alla quinta traccia, possiamo realmente immaginare di passare davanti la casa di Mr. Stanley e scorgere, attraverso i vetri di una finestra, una giovane fanciulla (Vesta) intenta a versare lacrime, abbattuta per la vita meschina in cui l’ha spinta la presenza ingombrante e violenta del padre padrone. Superati questi due minuti acustici del brano, il cui titolo è il nome della ragazza sopra descritta, proseguiamo per le strade di Corpus Christi, accompagnati dalle note di pianoforte che rappresentano l’introduzione al pezzo, molto Dream Theater style, “Hell’s Flower”. In tale brano denotiamo la buona struttura compositiva e le suggestive linee vocali del ritornello, in cui la voce di Giorgio Massimi è quasi commovente, così come l’intermezzo di piano. In tale occasione va sottolineato l’ottimo lavoro di tutti gli strumenti: spaziando tra tempi dispari e scale impazzite, ci appare molto chiaro di cosa sono capaci questi musicisti, nota confermata ed estendibile anche alle voci maschili e femminili che chiudono il brano a cappella.

E’ notevole anche la song “Mary Jane”, in cui si narra della ragazza, la cui scomparsa, diverrà l’evento fulcro della storia dell’assassino e segnerà l’inizio delle indagini dell’investigatore Thomas Curtis. In questo pezzo il dialogo tra piano e sax porge l’invito alle melodiche parti vocali maschili e femminili; tale parti denotano un’alternanza stilistica che spazia tra la ricercatezza ed un’accennata vena commerciale. Nella track “The Face Of Fear” esploriamo tematiche più cupe, portate alla realizzazione da una struttura compositiva ed esecutiva, che rimanda alla mente sonorità propriamente metal, intermezzate, a loro volta, da tipiche sfumature prog, espresse da timbriche vocali maschili e femminili. Per gli amanti del genere, “Hypnosis” rappresenterà, senza dubbio, il fiore all’occhiello di tutto il lavoro dei Neverdream. Qui possiamo trovare, oltre alle consuete tematiche e tecniche compositive, tanto care alla scuola prog metal, anche qualche accenno più frivolo, di rimando al prog rock anni ’70, in stile PFM, fino toccare strutture tipicamente jazz, in cui spicca la maestria del sax di Fabrizio Dottori, per poi tornare alla complessità tecnica, attraverso cui si struttura questo più che ottimo brano. A tal proposito, va sottolineato l’eccellente assolo di basso di Andrea Terzulli, tutte le parti eseguite da Giuseppe Marinelli alla chitarra ed, ancora una volta, il lavoro di Gabriele Palmieri alla batteria, a cui vanno aggiunti gli ottimi armonici delle tastiera di Mauro Neri. Proseguendo nell’ascolto ed oltrepassando la parentesi corale e di pathos, proposta in lingua italiana e rappresentata da “Di Lei La Morte”, si torna al prog, col brano “The Actor Of Blood”, in cui, tra le tipiche e complesse strutture compositive, intervallate da melodici stralci strumentali e vocali, troviamo la presenza di Andy Kuntz, singer dei tedeschi Vanden Plas ed ospite d’onore in questo buon brano, sulle cui note, la band ha realizzato anche un video clip. Il lavoro si chiude con la suite di 17 minuti “Killer Machine”, brano stupendo, in cui tra parti strumentali equilibrate e mai scontate, si ergono linee vocali, pregne di melodica capacità stilistica. Questa composizione potrebbe quasi racchiudere e riassumere le capacità che la band ha espresso nel corso dell’intero disco.

“The Circle” è un album che lascia pianamente soddisfatto l’ascoltatore, che si tratti di un amante del genere, semplicemente di un amante di buona musica o di chi nutre interessi per gli aspetti tecnico-compositivi. La validità dei musicisti in questione, la complessità delle composizioni, la fluidità e la cura dei suoni e delle semplici, ma valide interpretazioni vocali, segnano un importantissimo passo da parte dei Neverdream. Ci auguriamo che, in futuro, questi, sappiamo arricchire quanto proposto fin’ora, magari svincolandosi maggiormente da alcune sonorità un po’ troppo somiglianti a quelle dei celeberrimi newyorkesi che non abbiamo potuto esimerci dal citare in sede di recensione. Non che quanto appena espresso rappresenti un difetto, ma la completa maturazione di una band, che per altro, propone un genere il quale dà sicuramente la possibilità di esprimersi in maniera totalmente personale, è un passo fondamentale per esprimere le proprie accellenti capacità, ispirandosi solo a se stessi. Detto ciò, premiamo un’altra volta e volentieri il tasto play.