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Noise Pollution: “Unreal” – Recensione

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I Noise Pollution hanno trovato una formula che funziona e non mostrano alcuna remora nel proporla per quasi la totalità del loro secondo album “Unreal”. Riff accattivanti e decisamente catchy che fanno il paio con aperture melodiche da cantare a squarciagola. Queste le soluzioni ben rodate della band bolognese che sembra aver trovato la quadratura del cerchio.

Una successione che non si traduce però in brani ripetitivi, perché sebbene la struttura sia costante, i singoli episodi sono comunque diversi tra loro e risultano di grande impatto, tanto che questo “Unreal” non può che presentarci una band in splendida forma. La resa sonora risulta abbastanza secca nelle distorsioni, ma molto calda nelle parti più accorate e raccolte, esempio lampante sono le due tracce d’apertura “Breaking Down” e “Mad”, con la prima che richiama alla mente i Godsmack del debut album o i Soil più ispirati. L’alternanza tra passaggi basso/batteria/voce e successivamente chitarra distorta funzionano, merito anche del singer Amedeo Mongiorgi, che trova sempre le linee vocali adatte per ogni brano.

I Noise Pollution non si cullano su una formula che funzioni in ogni occasione, ma come in “Unreal” ed “I Can’t Forget” danno vita episodi più ragionati, elaborati ed intimi, con chiari riferimenti a band quali Alterbridge. Il risultato? Sicuramente un successo, perché è impossibile non lasciarsi rapire dal sound della band.

Dal punto di vista del songwriting i Nostri non mirano a stupire con tecnicismi, cercano piuttosto di plasmare brani lineari, ecco perché i riff di chitarra non sono articolati, ma puntano sul coinvolgimento di passaggi aggressivi, palm muting a manetta ed arpeggi clean atmosferici.

“Unreal” è un album da ascoltare tutto d’un fiato, che regalerà grandi soddisfazioni ai Noise Pollution e dal vivo riuscirà a coinvolgere il pubblico con uno sfrenato headbanging.