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PostePay Rock In Roma: Slayer+Amon Amarth+The Shrine, live e photo report

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Un lunghissimo telo con il nome di Jeff Hanneman, le note di “Angel Of Death” e tanta polvere ancora presente nell’aria, questa l’ultima immagine che ho in mente dopo il concerto degli Slayer al PostePay Rock In Roma, andato in scena lo scorso 12 luglio. Tante emozioni tra i presenti, accorsi in buon numero nonostante il caldo afoso che avvolgeva la capitale.

The Shrine

Sul palco si sono alternati: The Shrine, Amon Amarth e Slayer, con i primi che hanno avuto il duro compito di rompere il ghiaccio con i presenti. La band californiana, autrice di un energico Rock/Stoner, è riuscita nell’intento, nonostante il genere proposto non fosse proprio in linea con gli standard della serata. Inizio dell’esibizione alle 20 in punto, con termine fissato alle 20:30, mezz’ora precisa grazie alla quale i The Shrine si sono fatti apprezzare e conoscere anche da chi, in molti a dire il vero, non erano a conoscenza di quale fosse la band di apertura.

Questa la setlist:

Tripping Corpse
Destroyers
Rare Breed
Worship
The Vulture
Death to Invaders
Dusted and Busted
Nothing Forever

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Amon Amarth

Ore 21:00, scocca l’ora dei vichinghi, con una scenografia molto appariscente costituita da due draghi pronti a far fuoco sulla folla. Johan Hegg e soci fanno il loro ingresso sul palco e l’atmosfera improvvisamente si infiamma: non una parola con il pubblico, anche se il singer dispensa sorrisi ai presenti. Dopo il secondo brano ecco le prime parole, espresse rigorosamente in italiano, fatto che, diciamoci la verità, contribuisce ad avvicinare i musicisti stranieri al pubblico nostrano, soprattutto perché parla di “Viking Pancetta”. Ma a parlare è sopratutto la musica, perché gli Amon Amarth offrono sempre una prestazione superlativa, non si risparmiano e propongono anche brani dal loro ultimo “Jomsviking”, brindano con i loro corni e concludono la loro esibizione dopo un’ora e trenta circa.

Questa la setlist:

The Pursuit of Vikings
As Loke Falls
First Kill
Cry of the Black Birds
Death in Fire
Deceiver of the Gods
Runes to My Memory
War of the Gods
Raise Your Horns
Guardians of Asgaard
Twilight of the Thunder God

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Slayer

Ore 23:00 gli Slayer salgono finalmente sul palco, via i draghi degli Amon Amarth che lasciano spazio ad una scenografia meno appariscente, costituita da lunghi teli che verranno cambiati, lasciandoli cadere, lungo tutta l’esibizione. Tom Araya e soci preferiscono “occupare” la scena con la musica, piuttosto che con la presenza scenografica e l’obiettivo viene raggiunto. La folla è in delirio e la sicurezza è stata costretta a fare gli straordinari. Chi, come il sottoscritto, per i primi tre brani ha avuto la possibilità di scattare foto dal pit, si è reso conto dell’incremento esponenziale dell’ardore con il quale il pubblico partecipava all’esibizione. Tom Araya interagisce con il pubblico, inizialmente in spagnolo, perché dice che il suo italiano è pessimo, poi continua in inglese, ma lo spettacolo vero è vedere sul palco questi musicisti, con l’imponenza di Kerry King, vero e proprio mattatore con le sue catene attaccate che penzolano lungo la gamba, l’espressione austera ed il riffing incessante. Gary Holt all’altra chitarra appare decisamente integrato nella band, nei meccanismi, anche scenici, che lo vedono spostarsi lungo tutto il perimetro del palco. Dopo quasi un’ora e cinquanta termina l’esibizione degli Slayer con i tre brani “Raining Blood”, “Black Magic” ed “Angel Of Death”. Un massacro!

Questa la setlist:
Repentless
Postmortem
Hate Worldwide
Disciple
God Send Death
War Ensemble
When the Stillness Comes
You Against You
Mandatory Suicide
Fight Till Death
Dead Skin Mask
Seasons in the Abyss
South of Heaven
Raining Blood
Black Magic
Angel of Death

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