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Prehistoric Pigs: “Everything Is Good” – Recensione

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COVER_Prehistoric Pigs - Everithing Is Good

Secondo capitolo per i Prehistoric Pigs, “Everything Is Good” è un album ostico ed articolato, che richiede molta attenzione per essere ben assimilato e compreso, che dimostra grande voglia da parte della band di voler sperimentare ed esplorare.

I Prehistoric Pigs sono costituiti dai fratelli Juri (chitarra) e Jacopo Tirelli (basso) e dal loro cugino Mattia Piani (batteria), i quali si dedicano ad un Rock psichedelico, con sfumature Doom e Stoner, interamente strumentale. L’assenza di un cantante permette all’ascoltatore di focalizzarsi sul lavoro svolto da ognuno dei tre musicisti, riuscendo così ad apprezzare al meglio la complessità dei passaggi e delle melodie create dai Nostri.

Il feeling che aleggia sulla release è sicuramente quello di un’oscura atmosfera sottolineata da progressioni di accordi cupe, basso corposo e martellante, entrambi sostenuti da un drumming possente e dinamico. Nel quadro generale va inserita la componente solista di Juri, il quale si lancia in assoli da vero shredder, ma che racchiudono al loro interno quella dose di follia che li rende comunque particolari, come in “Shut Up It’s Raining Yolks”. Ho apprezzato in questi frangenti la scelta di non incidere una seconda chitarra a sostegno di quella solista, ma di lasciare che basso e batteria riempissero il vuoto lasciato dalla ritmica. Ciò va sicuramente a favore di una dimensione live più aderente a quella presente su disco.

La lunghezza dei brani varia dai quattro ai dieci minuti, fatto che può distogliere dall’ascolto l’utente meno attento e portato a questo tipo di sonorità, ma sin dall’opener “Everything Is Good” non si può non rimanere indifferenti dinanzi al tessuto musicale che, partendo in sordina, attraverso un crescendo sfocia in un rabbioso Rock di settantiana memoria. Decisamente più “scostumata” la seguente “Universally Droning”, che irrompe con distorsioni abrasive ed un mood più palpitante, che mi ha ricordato in qualche passaggio gli Helmet. Ai riff capricciosi di “Red Fields”, nevrotici e dinamici, fanno eco gli assoli della già citata “Shut Up It’s Raining Yolks”, mentre con “When The Trip Ends” sembra di essere circondati da una realtà ovattata ed alienante. La spina dorsale del brano è costituita da un dialogo continuo tra chitarra, basso e batteria, con la prima a disegnare melodie che rappresentano perfettamente l’idea di disorientamento.

All’incedere pachidermico e minaccioso di “Hypnodope” seguono i ritmi più indiavolati di “Zug”, la quale non disdegna passaggi più lenti e dai bpm più contenuti, mentre a chiudere la release ci pensa “Everything Is Good II”.

“Everything Is Good” non è certo un album per le masse, dal momento che i Prehistoric Pigs sono una band tutt’altro che scontata e prevedibile, che non ama adagiarsi su composizioni di facile presa, ma preferisce sviscerare ogni brano ed esplorare quante più variazioni possibili. Gli amanti del Rock strumentale, del Doom, dello Stoner e delle sonorità psichedeliche troveranno l’album decisamente interessante.