Loro si divertono. Ai prorotype Lab è bastato un granaio in aperta campagna per tirare giù i primi pezzi e capire che potevano essere racchiusi in un disco.
Combattono con l’inevitabile pregiudizio che viene dato al genere “pop“, essendo consapevoli di far pezzi brevi, non impegnativi: basta che a loro piacciano e che il tutto venga affrontato con spirito gioviale.
Abbiamo intervistato Andrea Fenili, voce e chitarra della band.
Ciao Andrea, benvenuto sulle pagine di Metal In Italy! Abbiamo da poco recensito il vostro album “Mea Culpa”, prima di parlare di questa release vorrei che ci presentassi i prototype LAB, ripercorrendo le tappe fondamentali della vostra carriera.
La nascita della band avviene nell’estate 2010.
Siamo stati un quartetto rock particolarmente affiatato e prolifico a lungo.
In un paio d’anni abbiamo, da prima cominciato a macinare live e a cumulare un buon numero di ore di performance, poi cominciato a comporre. Alla fine, a registrare un disco. E’ venuto tutto naturale.
Abbiamo partecipato, nell’arco degli anni, ad alcune delle principali manifestazione musicali e contest svoltesi a Roma e dintorni: Etruria Eco Festival / Etruria Indipendente (edizioni 2012 / 2013), CrossRoads Live Club (2013), Roma Comics 2011 – Palalottomatica e un numero discreto di manifestazioni minori o locali.
Al termine delle registrazioni del disco, purtroppo, Dario (il bassista) improvvisamente ha dovuto trasferirsi a Milano per motivi professionali. Abbiamo tribolato non poco nella ricerca di un sostituto e alla fine abbiamo trovato un nuovo bassista. Siamo molto contenti!
Ma non paghi di ciò abbiamo cominciato anche a collaborare con un nuovo tastierista e un buon chitarrista romano. Insomma, non ti anticipo altro… siamo molto contenti!
E poi il disco piace e non è difficile trovare occasioni per collaborare con nuovi amici.
Il gruppo è sempre in continua evoluzione.
So che c’è stato qualche cambio di line up, puoi darci qualche informazione a riguardo? Avete già trovato dei sostituti per chi ha lasciato la band?
Diciamo che della formazione originaria, ad oggi trovi me (Andrea Fenili, chitarra e voce) e Stuart Franzoni (Batteria e gingilli elettronici).
In formazione stabile troviamo anche Giulio Rimoli (basso) e Gaetano Savoca (piano). Quest’ultimo sostituisce Emiliano Guerrieri, col quale abbiamo dovuto allentare un po’ a causa di impegni professionali.
Se non ci saranno imprevisti, a breve il live sarà pronto e ripartiremo a suonare in giro.
Nuovi amici, comunque, potrebbero aggiungersi.
Parliamo adesso del vostro album “Mea Culpa”. Si tratta di brani composti tra il 2010 ed il 2013, anni in cui avete avuto modo di perfezionare le composizioni e trovare la giusta formula. Come sono nati questi brani? In che modo avete sviluppato le idee?
Ogni pezzo fa storia a sé. Ogni testo fa storia a sé.
E’ un album primo, quindi penso sia normale che in esso abbiamo riversato quanto di meglio abbiamo fatto negli ultimi anni di attività. Ciascun elemento proviene quindi da momenti diversi, ciascun riff completamente riformulato. Pensa che, forse 20 anni fa, “Metta Sutta” veniva già suonata (a velocità irragionevole) da me e Stuart nel granaio di casa sua…
Al contempo abbiamo affinato nuove idee o rielaborato quel che ci veniva meglio. Non c’è stato alcun lavoro di programmazione. Suonandole di continuo, le canzoni sono diventate più omogenee.
E’ interessante notare che il disco è un pelo più morbido di quanto siamo poi in effetti, live.
Ascoltando le tracce ho notato che ogni membro della band riesce a dimostrare le proprie qualità tecniche, ma nessuno fa sfoggio del proprio sapere per imporsi sugli altri, diciamo che ognuno “lavora” per la band. Come avete raggiunto questo equilibrio?
Prima di tutto, lo sfoggio non fa per noi. E’ importante notare che siamo sulla soglia dei 40 e che in passato abbiamo suonato tutti molto. Quindi bisogna dire che nessuno ha più voglia qui di stare a sfoggiare più di quanto non sia opportuno.
Ma non è questo il punto.
Il fatto è che bisogna fare un tempio a Stuart: è stato fantastico e si è occupato praticamente in autonomia, di tutti i dettagli tecnici riguardo alle registrazioni e al mixaggio.
Durante i take principali, abbiamo deciso di far le cose lisce lisce, senza troppi fronzoli.
Per conto mio mi sono seduto e ho suonato, poi mi sono stappato una birra e, seduto assieme ad altre persone, ho suggerito: “abbassa quello, alza quell’altro”. Ecco, così siamo arrivati alla fine dei lavori. Senza fretta, senza imposizioni.
Per me è stato un gran divertimento.
La formula finale è stata veramente soddisfacente.
Ho notato una meticolosa cura degli arrangiamenti, ogni musicista lavora in modo certosino, questo lavoro di rifinitura viene fatto in sala prove oppure ognuno di voi cura le proprie parti separatamente?
La sala prove è importante, ma alcune rifiniture si possono applicare solo in studio. Anzi, possono venirti in mente esclusivamente in studio. Questo perché l’approccio live – o almeno il nostro – è un po’ più ruvido di quanto si possa pensare.
In studio abbiamo sovra-inciso e mixato con tranquillità.
Pensa solo all’arrangiamento della parte elettronica: non è che puoi improvvisare live.
Un tema ricorrente di “Mea Culpa”, se così lo si può definire, è l’atmosfera, dal momento che ogni brano tende a creare un ambiente confortevole nel quale rilassarsi e lasciarsi trasportare dalle note. Credi che sia una giusta chiave di lettura?
Sì, lo penso anche io: ogni brano tende a creare un ambiente confortevole nel quale rilassarsi, ma l’atmosfera resta la medesima su tutto il disco.
Nella recensione ho definito il vostro sound come un misto di Rock progressivo, Metal, Jazz ed Elettronica, tu se dovessi inquadrare la vostra musica come la definiresti?
Forse toglierei il jazz. Non per altro, la definizione pop-prog mi sembra calzante e concisa. Peccato che in Italia ci sia un’accezione negativa di “pop”. Ma il senso è: dare un impronta prog a canzoni tutto sommato, brevi. Almeno per i nostri standard usuali.
Per quanto riguarda i testi, ci sono dei temi particolari che vengono trattati? Perché il titolo “Mea Culpa”? Di quale peccato si parla?
Mea Culpa: la colpa è nostra perché siamo noi che mandiamo a fondo questo mondo.
Il pensiero più limpido del disco è quello scelto per il titolo.
Quali sono le maggiori difficoltà che una band come i prototype LAB incontra nel farsi conoscere dal pubblico italiano ed estero? Soprattutto ritieni che ci siano delle persone che abbiano apprezzato fino in fondo la vostra musica?
Non facciamo musica particolarmente innovativa credo, semplicemente attacchiamo i jack e ci divertiamo da pazzi, abbiamo sempre fatto così: suoniamo quel che ci va, quando si può.
Non so se ci siano poi delle persone che abbiano apprezzato appieno il nostro lavoro. I giudizi migliori, comunque, provengono sempre da chi non conosci: è incredibile quali audaci parallelismi ho sentito azzardare fra la mia voce e quella di superstar del rock. E’ divertente! Basta non prendersi sul serio, altrimenti è la fine.
Quali sono i progetti futuri dei prototype LAB? Avete in programma concerti, video o magari state già lavorando a qualcosa di nuovo?
Ti dico la verità, l’allontanamento di Dario (basso) e i problemi di Emiliano (pianoforte) sono stati eventi un po’ traumatici, soprattutto perché non ce l’aspettavamo! Si è rallentato un po’ tutto ma come al solito quando si chiude una porta, poi, si apre un portone.
Stiamo “ritirando su il disco” con nuovi musicisti. Appena finito lo show, ritorneremo sul lavoro del video.
Bene Andrea, ti ringrazio per il tempo che mi hai concesso, a te le ultime parole per concludere l’intervista! A presto!
Grazie a te… e continua a seguirci su prototypelab.com