Home Interviste Ralph Salati: “I chitarristi rimorchiano meno… ma va peggio ai batteristi!”

Ralph Salati: “I chitarristi rimorchiano meno… ma va peggio ai batteristi!”

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Lo abbiamo corteggiato a lungo… E finalmente si è concesso a noi!
Ralph Salati è un sacco di cose. E’ principalmente un amico di Metal In Italy, poi nel tempo libero suona e scrive pezzi…
Scherziamo! Il nostro Ralph è una delle menti eccelse che tengono in vita una band che ha avuto una crescita esponenziale nell’ultimo anno: i Destrage!
Contestualmente il chitarrista porta avanti anche il progetto Margin Code, di cui ci occuperemo sicuramente più avanti su questo portale.
Di seguito l’intervista a Ralph con gradite incursioni anche da parte dell’altro chitarrista dei Destrage, ovvero Matteo Di Gioia.

Ciao Ralph, benvenuto sulle pagine di Metal In Italy, è un piacere per noi ospitare un chitarrista così talentuoso. Iniziamo subito parlando della tua band, i Destrage, avete riscosso un grande successo con “Are You Kidding Me?No!” Quali sono state le più grandi soddisfazioni che avete ottenuto da questa release?

Innanzitutto ciao a tutti i lettori di Metal In Italy e grazie Stefano per avermi invitato a fare questa chiacchierata.
La prima soddisfazione è stata veder pubblicare una nostra fatica da una Label così importante e storica come Metal Blade.
La pubblicazione ci ha portati a tourare con alcune tra le nostre band attuali preferite come Protest the Hero, the Contortionist e The Safety Fire in Europa per la prima volta nella nostra carriera.

Avete suonato in un sacco di posti, anche alcune date italiane, cosa farete adesso? Un po’ di meritato riposo o state già lavorando a qualcosa di nuovo?

Non c’è tempo per riposare ora, siamo già al lavoro sul nuovo disco (ancora in stato pre-embrionale ) 😉 e a breve annunceremo le date estive italiane ed europee. Tenete d’occhio i nostri Social.

Ho ascoltato “AYKMN” un numero imprecisato di volte, visto che siamo qui per parlare di musicisti, mi piace sottolineare il fatto che tra voi vi è un feeling evidente, siete tutti ottimi musicisti, ma vorrei focalizzarmi sull’argomento chitarre. Il vostro riffing è spesso complesso, con fraseggi articolati ed a volte cacofonici, come siete riusciti a raggiungere un tale livello di affiatamento tu e Matteo?

Mi fa estremamente piacere che tu abbia notato l’affiatamento che c’è tra noi ed in particolare tra me e Mat. In effetti già dai tempi di “The King” abbiamo scoperto un equilibrio naturale che ci stimolava reciprocamente ad essere creativi e ci rendeva complementari nella tipologia di proposte e nelle modalità d’arrangiamento.
Immagino sia una fortuna che non capiti a molti dunque non saprei dirti cosa ci ha portato specificamente ad evolvere il nostro riffing in una certa direzione se non lo scrivere tanto insieme e l’avere in comune una tonnellata di ascolti di generi differenti alle spalle.

A tal proposito penso che la title track sia una delle più elaborate, il crescendo finale è qualcosa di strepitoso, mi puoi raccontare come è nato questo assolo finale?

Ralph: Per questa risposta devo necessariamente lasciare la parola a Mat.

Mat:“Il crescendo finale è in realtà l’idea attorno alla quale è stato costruito l’intero brano.
Tornando da una gita alle Cantine di Morbegno (un espediente metaculturale che fa da scusa per avvinazzarsi come montanari) mi è cresciuta nella testa la melodia di tromba, probabilmente cantando dentro al casco ed intonandomi col il suono del motore come mi capita spesso. Una volta arrivato a casa l’ho trascritta e ho trovato gli accordi su cui poggiava. Questa idea è rimasta nel cassetto a lungo perché non eravamo sicuri del suo potenziale. C’era chi voleva usarla così com’era come intermezzo tra le canzoni, senza condirla né aggiungere niente in capo e in coda, ma c’era anche chi invece non l’aveva mai sentita. Si chiamava Tzatziki.
Infine ha vinto l’idea di usarla e svilupparla alla fine di un brano psicopatico, nato dalla traduzione in note del concetto “Ognuno fa il cazzo che gli pare. Beh sai che c’è? Allora pure io“.
Non ci è voluto molto per scrivere tutto il resto. E’ bastato togliere il freno. E quando togli il freno non basta correre verso il baratro. Per cadere di sotto ed esplodere serve Bumblefoot”.

Veniamo alla tua carriera da chitarrista. Quando è scattata la scintilla che ti ha fatto avvicinare al mondo della sei corde? Ci sono altri musicisti in famiglia?

Ci sono due aspetti, tra i tanti, che posso ricondurre maggiormente al mio avvicinamento alla musica e alla chitarra poi. Il primo è stato l’aver scoperto un gruppo come i Pink Floyd, da piccolo rimanevo rapito dalle loro atmosfere grazie a mio zio che li ascoltava ad un volume da concerto! Non ci sono musicisti in famiglia ma, colui che mi ha portato a stravedere per la chitarra è stato il mio vicino di casa e tutt’ora grande amico (Dino), che suonava in una band locale di cui seguivo le prove. Con lui ascoltavo ogni giorno moltissima musica: Pink Floyd, Iron Maiden, Queen, Metallica, Genesis… i classici insomma.

Ti ricordi quale fu la tua prima chitarra? La possiedi ancora?

Certo che la ricordo, era una Yamaha Pacifica “strato-oriented” color legno che purtroppo non possiedo più.

Mi sembra di vederti sempre con chitarre Ibanez, come mai questa scelta? E soprattutto… quelle che possiedi hanno subito qualche processo di personalizzazione?

Hai visto bene! Mi hanno sempre fatto impazzire esteticamente, dal punto di vista costruttivo e della suonabilità; inoltre le utilizzavano e le utilizzano molti dei miei idoli. 🙂
Dal 2013 sono endorser ufficiale Ibanez grazie a Mogar Music. Le mie chitarre sono quasi tutte customizzate da diversi liutai. Monto su tutte pick-ups DiMarzio e generalmente elimino il tono in favore di un killswitch che utilizzo spesso con i Destrage.

A quando una Ibanez Ralph Salati Signature?

Sarebbe una figata pazzesca ma vedo quel momento lontano 🙁

Per quanto riguarda la tua formazione artistica, chi è stato il tuo maestro? Segui ancora lezioni o preferisci studiare per conto tuo?

Ho iniziato da autodidatta all’età di 11 anni, poco più di un anno dopo mi sono iscritto ad una scuola locale (nella quale lavoro dal 2008) dove per alcuni anni ho seguito un insegnante (Sergio Ghiglioni) a cui devo le basi teoriche e tecniche. Lo reputo un ottimo didatta che ha saputo influenzare la mia evoluzione indirizzandomi verso alcuni ascolti e un metodo di studio. Altri due insegnanti che sicuramente mi hanno dato molto sono Michele Quaini, negli anni in cui ho frequentato il CPM, e Roberto Fazari.

Ovviamente sono a conoscenza del fatto che sia tu stesso ad insegnare, mi vuoi parlare di questo tuo impegno come prof?

Sì certo, da quest’anno sono entrato a far parte del corpo docente della Nam, scuola storica di Milano.
L’insegnamento è la mia attività primaria e lo trovo molto stimolante, anche per altri ambiti del mio lavoro. Per i miei studenti cerco sempre di sintetizzare in un percorso di studi ciò che io ho acquisito e sviluppato in anni di studio ed esperienza, la reputo una bella sfida e per questo ogni giorno penso a ritoccare la mia metodologia e il materiale didattico, anche insieme ai miei allievi. Mi piace pensare che loro siano mie “cavie” e collaboratori allo stesso tempo. Ti sembrerà banale, ma insegnare ti fa anche imparare!

Ad un chitarrista non si può non domandare quali siano i musicisti di riferimento, vero? Quali sono i tuoi e quali band invece ti piace ascoltare?

Ci sono musicisti che sono parte del mio olimpo personale e tendenzialmente appartengono a generazioni precedenti e parlo di: Pink Floyd, Porcupine Tree, Dream Theater, Queen, King Crimson, Nevermore, Pantera, Sevendust, Symphony X; ma visto che sono un famelico divoratore di musica, ricerco e seguo molti artisti della scena attuale per citarne alcuni: Tesseract, The Contortionist , Karnivool, Periphery, Disperse, Dirty Loops. Oltre ai generi a me affini, mi piace ascoltare dal pop moderno di Lana Del Ray alle sonorità ricercate dell’elettronica dei Moderat e dei Justice.

Domanda conclusiva, se non avessi fatto il chitarrista, adesso che lavoro avresti svolto? Non sono ammessi impieghi tipo “protettore”, strozzino o contatore notturno di pecore…

Questa penso sia la domanda più difficile a cui rispondere. Non riesco ad immaginare la mia vita senza la musica, probabilmente sarei finito a fare qualcosa che non avrei scelto per passione.

E’ tutto, ti ringrazio per la pazienza e la disponibilità nei miei confronti, speriamo di ospitare presto anche il resto della band sulle nostre pagine. Lascia un saluto ai tuoi fan, sei dispensato dalle ammiratrici, anche se generalmente si dice che siano i chitarristi quelli che rimorchiano di più…dopo i cantanti. Ciao Ralph!!!

Ovvio, noi chitarristi rimorchiamo un po’ meno perchè i cantanti non hanno un c…. da smontare e ci battono sul tempo! Però c’è sempre chi sta peggio… pensate ai batteristi 🙂
Un saluto a tutti i lettori di Metal In Italy e un ringraziamento speciale a te Stefano!