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Rebeldevil: “The Older The Bull, The Harder The Horn” – Recensione

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Iniziamo col dire che recensire i Rebeldevil è assolutamente un onore.
Onore che diventa anche onere per riuscire ad essere all’altezza della valenza del prodotto offerto.
The Older The Bull, The Harder The Horn” è un gran bell’album dove è possibile trovare praticamente di tutto. Tranne un difetto…
Datemi subito una birra! Questo pensi appena il disco parte.
L’album si apre con il ritmo incalzante di un inno alla rivoluzione, “Rebel Youth“: il sentimento di ribellione non ha età e bisogna guardarsi bene da chi ha quel fuoco dentro, perchè la fiamma è tornata più viva che mai. C’è una chimica potente in questo album. Ogni traccia è il frutto di un insieme di esperienze e talenti che rasenta la perfezione perchè ascoltandole con attenzione pensi che non potresti modificarle o migliorarle in alcun modo. Nè dal punto di vista vocale, nè da quello prettamente tecnico, anche perchè, signori, qui parliamo di “Kappa” Cappanera, di Ale Paolucci, della grinta di “GL” Perrotti e del delirio percussionistico di Cris Dalla Pellegrina (successore in corso d’opera del drummer Alex Demonoid Lera).
Cioè… E’ un signor supergruppo!
Datemi un’altra birra che al secondo pezzo già mi è finita!
In “Sorry” (dove c’è un delizioso assolo del Kappa, tanto per usare un eufemismo), così come in “Freak Police” (ah, scusate, anche qui il Kappa ci mette del suo) emerge una delle particolarità che accompagnano l’intera release: il fatto che voce e musica siano una cosa sola. Perotti spinge forte e gli altri gli vanno appresso: ogni membro del gruppo dà voce al proprio strumento, che siano le corde vocali, piuttosto che il basso o la batteria.
Ecco, la summa di “The Older The Bull, The Harder The Horn” può essere sintetizzata in due parole: opera corale.
Altra considerazione: i Rebeldevil riescono nel difficile compito di attualizzare un rock sporco, forse un po’ d’annata. Ascoltando un brano come “Religious Fantasy“, ad esempio, si viene catapultati in un’atmosfera di fine anni 70, quando il rock genuino si voleva mangiare “a crudo”, senza ulteriori condimenti e paranoie tecnologiche. A quella “semplicità”, qui viene unito l’orecchio moderno di chi ha chiaramente rispolverato il genere, rispettandone però l’autenticità. A tal proposito non sottovaluterei l’apporto stilistico dato da Alex Demonoid Lera, ovvero l’ex batterista dei Rebeldevil: un uomo che c’è ma non si vede e al quale viene riconosciuto dagli stessi membri della sua ex band (che ha lasciato per dedicarsi ad altri progetti) di aver svolto un eccellente lavoro.

Ho chiesto un’altra birra… ma con un pezzo come “Angel Crossed My Way” mi arrendo: è talmente bello da farti commuovere… Ed a mio parere è uno dei punti di forza dell’album, anche se i Rebeldevil hanno voluto chiaramente confezionare un regalo più “hard and aggressive”.
Lo dimostra la titletrack, ovvero la canzone che deve assolvere esattamente il compito di una titletrack: racchiudere l’essenza dell’album. “Più vecchio è il toro e più dure sono le sue corna”… i Rebeldevil sono proprio questo. Non che loro abbiano intenzione di farsi dare dei “vecchi”, ma dei “tori” sì: quelli che se gli sventoli davanti il mantello rosso della sfida, loro prendono la rincorsa e ti abbattono. Non importa cosa ci sia stato prima, quale altro album abbia conquistato le tue attenzioni. “The Older The Bull, The Harder The Horn” è quello che ci voleva e rimarrà tra i favoriti per un bel pezzo.