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Rhapsody Of Fire: “Into The Legend” – Recensione

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Ho voluto attendere ancora qualche giorno prima di buttare giù il mio personalissimo pensiero sul nuovo lavoro dei Rhapsody Of Fire. Il motivo è molto semplice: meritava di ulteriori ascolti perchè l’errore in cui si può incappare è duplice. Da un lato si può semplicisticamente pensare che un gruppo come i Rhapsody Of Fire abbia fatto l’ennesimo album di qualità; dall’altro invece tentare anche cinicamente di trovare difetti e componenti che sanno di vecchio.
Il punto è questo: avendo a che fare con numerosissime band e spesso alle prime produzioni discografiche, quando ti si para davanti il prodotto di qualità non si possono non notare le differenze con chi sul campo c’è da anni, ma che soprattutto non si nasconde dietro retaggi scontati.
E’ vero, sono altri livelli, c’è maggiore budget, ci sono maggiori possibilità, ma è pur vero che proprio a fronte di ciò le aspettative, rispetto al resto, sono alte.
E tu, ad “Into The Legend“, che cosa vuoi dire? Che critica vuoi muovere? Pressochè nessuna.
I gusti sono una cosa, ma l’oggettività dinanzi a quello che è un perfetto quadro di pulizia musicale è un qualcosa di ineluttabile. E questo è “Into The Legend”.

Le chiacchiere stanno a zero e questo è un album che va comprato.
Non vi è solamente l’aspetto prettamente musicale da considerare in quanto bisogna tener conto anche del pacchetto completo e cioè di come il prodotto si presenta all’ascoltatore. Potrebbe sembrare una sciocchezza, ma è la stessa tracklist ad aver subìto un attento studio di composizione.
Si parte con la intro de “In Principio”, non la solita track d’apertura strumentale, ma un pezzo che spalanca le porte dell’epico in cui i ritmi veloci dell’assolo danno l’impressione che la canzone sia capovolta perchè si parte subito forte. Filo conduttore che va a congiungersi con le seguenti “Distant Sky” e titletrack. Nel primo caso è da notare come la voce di Fabio Lione sia spinta immediatamente al massimo, nel secondo caso “Into The Legend” è perfetta per rendere omaggio all’intero album.
Tra le particolarità da notare ci sono sì i cori, ma quella velocità, quel ritmo incessante che regala una pulizia sonora che sembra che i Rhapsody Of Fire stiano suonando lì accanto a te.
Cura in ogni dettaglio. Si sente e si percepisce in ogni singolo pezzo del puzzle.
L’album parte forte per poi cullare l’ascoltatore, prima con la Celtic Ensemble che racchiude l’essenza di “A Voice In The Cold Wind” e poi con la ballad “Shining Star”: forse chiamarla ballad non è neanche esatto, perchè è una lullaby malinconica assolutamente sconsigliata quando si ha il cuore pesante perchè capace di toccare le corde più intime dell’animo umano.
Vorrei poi menzionare “Valley Of The Shadows” e lanciare un appello: “Qualcuno fermi le mani del chitarrista Roberto de Micheli”! Una macchina! Su questo pezzo ha fatto un lavoro impressionante.
Ed infine la suite che chiude l’album, “The Kiss Of Light”: tutte le anime che compongono la release sono racchiuse in questo pezzo.
Personalmente adoro come la sinfonia si fonda col power per regalare un refrain che tra draghi e farfalle nello stomaco mi fa venire in mente solo una cosa: devo risentirla ancora una volta. Ne ho bisogno.