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Sexual Thing: “New Skin” – Recensione

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Avete presente quella collezione di vinili custoditi in salotto da qualche parte da vostro padre? E’ esattamente da lì che potrebbe spuntare fuori all’improvviso un’incosciente! E da lì che potrebbe uscir fuori “New Skin“, l’album d’esordio dei Sexual Thing, un disco che, faceva parte di quella collezione per essere messo su in una serata dedicata ad amici con pantaloni a zampa e capelli lunghi.
La band in questione è un gruppo davvero sui generis, molto distante dalle realtà hard’n’heavy contemporanee.
Iniziamo col dire che “New Skin” è, nelle intenzioni della band, un concept che racconta non la vita di Pi, ma quella di K, ovvero un personaggio che tutto sommato rappresenta ognuno di noi alle prese con i cambiamenti della pelle (da qui “New Skin”) in base alle esperienze che man mano vive.
Il moniker quindi potrebbe trarvi molto in inganno. Se siete alla ricerca di una colonna sonora pornosoft, questo disco non fa per voi.
Se invece volete catapultarvi nei meravigliosi anni dell’Hair Metal Party, allora “New Skin” is the way.
L’album si compone di 12 tracce dove il filo conduttore che le lega, oltre al fatto di essere parte di un concept, è rappresentato da una visione un po’ cinematografica dell’insieme.
Prendiamo ad esempio il loro brano di punta, “Money Is A Lie”. Poche canzoni hanno la capacità di essere ricordate dopo il primo ascolto: questo perchè la traccia è molto orecchiabile, forse un po’ troppo da teen movie se si pretende di rimanere in un contesto prettamente rock, ma assolutamente adorabile.
Il bello è che tutto inizia con l’aggressiva “Mindfuck”: belle atmosfere rockeggianti ed ammiccanti al sound patinato dei cari ’70. Poi però tutto evolve, complice anche il fatto di aver optato per la chitarra ritmica come protagonista di molte tracce.
C’è anche del delirio in “New Skin”: è chiaro che in “racconti” (e non canzoni) come “You’re Fired”, il famoso K non se la passi tanto bene, ma è a quel punto che ti chiedi se i Sexual Thing ci sono o ci fanno, perchè sembra che ti stiano prendendo bellamente per i fondelli! In senso buono però, ed è questo che, di fatto, tiene incollato un ascoltatore ad un nuovo disco: la voglia di scoprire ancora e ancora.
Troviamo addirittura accenni di blues in “Get My Breath” ed anche qui potremmo collegare la song ad una soundtrack da telefilm… Un bel Supercar dei giorni nostri, solo che al posto di David Hasselhoff troviamo Andrea Tripi (voce), il quale in più di un’occasione, come in “Set The Fire On Me” o anche in “We’d”, dimostra una duttilità vocale riconoscibile a pochi.
“Straight To The Top” probabilmente è il pezzo più riuscito dell’album, dal punto di vista prettamente tecnico e decisamente più di genere, anche se l’apoteosi del rock la si trova nell’ultima traccia “Sexual Army”, quando il famoso K dovrebbe essere in teoria pronto a cambiare pelle.
Un’ultima menzione va a Valerio Fròsini, chitarra solista, esecutore di assoli molto interessanti, nei quali, specie in “Adrenaline”, vi ho trovato una certo richiamo a quel gran figo di Synister Gates degli Avenged Sevenfold.