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Simple Lies: “Let It Kill” – Recensione

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Premi play e nelle vene inizia magicamente a scorrere sangue che pulsa al ritmo di un Heavy/Rock ipervitaminizzato, con questa sensazione si presentano i bolognesi Simple Lies ed il loro nuovo album “Let It Kill”.

Ci sono tanti generi riconducibili all’Heavy Metal che iniettano adrenalina e coinvolgono l’ascoltatore, ma per tutti coloro i quali si sentono in qualche modo legati a sonorità e soluzioni compositive che strizzano l’occhio al passato, non c’è niente di meglio di quanto propongono i Simple Lies. Il sound dei Nostri ha comunque lo sguardo rivolto verso il presente, con richiami ad Alter Bridge, Black Label Society, Black Stone Cherry et similia, sia nel riffing delle sei corde che nelle linee vocali acute e melodiche.

Nonostante la potenza dirompente delle distorsioni, non mancano parentesi in cui a farla da padrone è proprio la melodia, grazie a progressioni di accordi ariose e dal grande sustain, unite a ritornelli di facile presa e d’impatto. Innovare e sperimentare non è certo una prerogativa fondamentale per dar vita ad un album convincente, i Simple Lies lo dimostrano chiaramente e ci regalano dieci tracce ben confezionate, senza bisogno di introdurre filler per aumentare il minutaggio o composizioni che denotano comunque cali di tensione significativi.

È l’opener “Look At Me Now!” a gettare le prime dosi di benzina sul fuoco, merito del riffing serrato, palm muting d’effetto e linee melodiche che rimangono impresse nella mente sin dal primo ascolto. Con “A-Men” notiamo anche l’ottimo uso di cori che sottolineano il lavoro svolto dal singer Alessandro “RUBB-O” Rubino, il cui cantato sembra avanzare con l’incedere strisciante di un serpente. Da sottolineare anche la parte solista di Alberto “JACK H” Molinari, il quale non si cimenta in tecnicismi decontestualizzati, ma utilizza “quelle scale” e quei licks che caratterizzano il genere proposto. Il combo bolognese non disdegna nemmeno qualche parentesi acustica, come in “Sunday Morning Apologies”, mentre con “Symmetry Of Love” cogliamo l’occasione anche per citare il bassista Ash “ASH” Saboori, il cui lavoro “nelle retrovie” riempie il già corposo sound della band. Questa traccia contiene, tra l’altro, uno dei ritornelli meglio riusciti ed efficaci. Qui, come nella seguente “Freak Show”, si avverte la presenza degli Alter Bridge, soprattutto nei risvolti melodici, mentre i BLS si materializzano nei riff rocciosi che creano un wall of sound non indifferente. Scorrono velocemente anche “Miss Anthropy” , “Let It Kill You” , “The Ant” e la certezza di trovarsi dinanzi ad un lavoro di alto livello diventa davvero tangibile e concreta. Memorabile anche l’apertura melodica di “Past Frames”, che collide e crea il giusto contrasto con le parti più dure, che mi hanno richiamato alla mente alcune soluzioni di derivazione Staind.

La componente Southern, non chiamata in causa fino ad ora, ma ben presente anche nelle altre composizioni, diventa davvero caratterizzante nel caso della conclusiva “The King Is Dead”, in particolar modo nella parte iniziale. “Let It Kill” è un album maturo, che permetterà ai Simple Lies di splendere nel panorama Rock/Metal italiano e non solo.