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threestepstotheocean: “Migration Light” – Recensione

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Recensire un album strumentale è ancora più difficile che analizzare un qualsiasi altro lavoro che rechi testi o che solo indirizzi le sensazioni di chi ascolta.
Un album strumentale è qualcosa di molto personale, esattamente come la bellezza… siamo nel campo della soggettività e non dell’oggettività.
Ed il nuovo album dei threestepstotheocean si presta proprio all’interpretazione che il fruitore di “Migration Light” vorrà darne.
La release consta di 7 tracce dove il filo conduttore è però riconoscibilissimo: un crescendo di fusione di generi, stiamo parlando di post-Hardcore, post-Metal ed Ambient, che trova la summa nell’ultimo brano, “Primordial Leavers”. Basterebbe ascoltare solo questo per essere già paghi, ma poi si farebbe a meno del potere disarmante del vortice di “They” o della malinconia rigenerante di “Sulaco” o ancora del post hardcore progressivo di “I End”.
Non è musica d’ambiente è musica speculare: è lo specchio di chi cerca le emozioni nelle melodie, piuttosto che nelle parole, come a ripercorrere con convinzione la locuzione latina “Verba Volant, Scripta Manent”.
Abbiamo davvero bisogno delle parole? Se ne dicono così tante, si è sempre alla ricerca della rima o del messaggio diretto, quando poi tutti noi sappiamo benissimo che nulla è più efficace di una linea melodica. E’ quella che ti fa venire i brividi dietro la schiena. E’ quella che ti fa chiudere gli occhi e ti fa perdere tra le note in un viaggio bellissimo dal quale non vorresti più tornare.
I threestepstotheocean ci riescono. Sanno come azionare la macchina. I threestepstotheocean lo sanno fare. “Strano”, ma lo sanno fare.