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Tiresia Raptus: “Diaspora” – Recensione

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Un viaggio interiore, fatto di sofferenza ed amara presa di coscienza della condizione umana nel contesto del mondo moderno, i Tiresia Raptus con “Diaspora” mirano, dal punto di vista musicale, all’esplorazione di sonorità ambient e melodie ansiogene.

La sperimentazione è un tratto fondamentale di questo “setting”, come preferisce definirlo Carlo Gagliardi, unico membro stabile, in contrapposizione con il concetto generale di band, che si traduce in un sound di difficile catalogazione e soprattutto destinato ad un pubblico ben definito, fatto di ascoltatori che amano melodie “disturbanti” che toccano le corde dell’anima e sono soliti abbandonarsi a viaggi mentali guidati dalle sette note.

Come già detto, Carlo Gagliardi è l’unico membro stabile, il quale si occupa di basso, organo, synth e narrazione; c’è poi Nicola Rossi (Doomraiser) alla voce, synth, xilofono, campana tibetana e percussioni; Nico Irace, organi e narrazione; Francesco Campus, chitarre e Giancarlo Lustri alla batteria.

Con “Do You Know Who You Are?” inizia questo percorso attraverso echi e riverberi, atmosfere impalpabili, voci narranti e suoni elettronici che inducono ad una sorta di alienazione da quella che è la realtà oggettiva delle cose, per immergersi nella visione dei Tiresia Raptus e la presa di coscienza di ciò che si è. In questo tappeto musicale elettronico trovano spazio anche basso, chitarra e batteria in passaggi che richiamano alla mente alcune atmosfere di sabbattiana memoria. “Vattienti” ci catapulta nella tradizionale cerimonia dei vattienti di Nocera Terinese, in provincia di Catanzaro, di origine antichissima, che alcuni fanno risalire ai frigi nell’Asia minore, dedicata alla divinità Attis, secondo altri prende spunto invece dalla autoflagellazione praticata nel Medioevo, vista come rito di purificazione. Anche qui l’atmosfera è distesa, la sezione ritmica predilige ritmi pacati e le chitarre sì pulite, ma cariche di effetti di modulazione.

In “Angel” la sperimentazione viene messa da parte per far spazio ad una traccia dalla melodia più lineare, l’incedere è cadenzato ed ansiogeno, nonostante la voce sia distensiva. Si tratta di un brano in continuo divenire, che trova evoluzione nella parte finale. “Scheletro” ci parla dei sogni di un corpo sepolto, si ha l’impressione di essere in un ossario, ci si aggira tra oscurità e disperazione, un viaggio nell’animo umano, nelle sue parti più nascoste. “Emotions In Black” è un brano che ti avvolge con le sue melodie vellutate, che nella seconda metà si tramutano invece in sensazioni di terrore, grazie all’uso delle chitarre distorte. “Tutto Dorme” è una traccia recitata, in italiano, un racconto enigmatico che ci parla di quiete, ma non di tranquillità ed è ancora l’ansia a giocare un ruolo fondamentale. Chiudono la tracklist “Fragili Ossa”, episodio esplorativo che ci dà l’impressione di essere in viaggio continuo, ci racconta della fragilità dell’essere umano il cui “cuore è divorato dai tarli dell’anima” e “Diaspora”, vista dai Nostri non solo come quella fisica, ma anche spirituale, alla ricerca del superamento delle paludi dell’umana ignoranza.

I Tiresia Raptus sono sicuramente impegnativi, ascoltare la loro musica comporta un notevole coinvolgimento psicofisico, “Diaspora” è così rivolto ad un pubblico amante della sperimentazione, dell’esoterismo e dei suoni ricercati.