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Unalei: “A Sua Immagine” – Recensione

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Unalei

Ep d’esordio per il duo romano Unalei; si tratta di un progetto che alterna sonorità dalle sfumature neo-dark o post goth (a seconda della prospettiva dalla quale lo si ascolta) supportate da chitarre acustiche che lasciano spazio ad un metal atmosferico, dai tratti decadenti.

Sulle prime questi musicisti, per impostazione compositiva ed espressiva, ricordano ciò che già in passato ci aveva fatto ascoltare un’altra band capitolina: i Novembre. Anche l’espressività esecutiva permette di riscontrare un ricercato pathos che si éleva al di sopra di un circuito disegnato da rabbiose accelerazioni ritmiche e blast beats o da basi strumentali acustiche, in cui la voce si esprime sia in chiaro, mediante delicate melodie, che in growl.

I testi in italiano rappresentano la peculiarità che si estende, lungo tutto il lavoro, come un continuo stilistico; ciò ricorda quanto già sperimentato, nel corso degli anni, da altre bands italiane. I pezzi, ascoltati singolarmente, sembrano rappresentare i diversi paragrafi che formano la totalità di un capitolo.
Il benvenuto è affidato ad un intro di carrilon, le cui note aleggiano, formando la melodia “Per Elisa” di Beethoven, anche se il titolo di tale traccia è “Per Teresa”. Dopo questa breve e romantica parentesi iniziale, prende realmente avvio l’album col brano “Senhal”, una trasognante composizione guidata principalmente da chitarra acustica, la quale guida le delicate linee vocali. Molto bello è il frangente in cui ascoltiamo l’intermezzo acustico che funge da collegamento e, successivamente, porta alla variazione esplosiva del brano. In questo punto, la voce in growl spacca il pezzo che, da prima, assume caratteristiche propriamente metal per tornare melodico, ma duro, nelle sonorità finali. Il brano seguente “Fattezze Di Rose”, merità un appunto per quanto riguarda il poetico intro, affidato, ancora una volta, ai suoni acustici di chitarra, i quali fanno da collante per una atmosferica parte vocale, funzionante da strofa/ritornello altrettanto soave. Verso la fine della traccia in questione, si osa anche un’accelerazione ritmica d’effetto.

Unico appunto non positivo è per l’uso della voce, poichè leggermente calante. Con “Della Carne”, la musica non cambia e la struttura compositiva ricalca nuovamente la medesima forma, mediante lo scambio di battute acustiche e poi leggermente distorte. In questa song va sottolineato l’intermezzo cantato su rullata ed un’accennata parte solista di chitarra. Qui, le sonorità proposte, ricordano vagamente alcuni frangenti dei Novembre degli esordi, soprattutto quando l’alternanza tra voce pulita e scream, inasprisce e potenzia l’intera fattezza del pezzo. Unica pecca, ancora un volta, è rappresentata dall’espressività della voce in pulito, a cui rivolgiamo la medesima critica riportata per il brano precedente. Data la lunghezza di questa traccia (otto minuti) sembra quasi che essa sia suddivisa in due parti, ma anche nel secondo frangente della composizione, il componimento spazia tra melodie esposte su sonorità sia leggermente distorte che acustiche. Il pezzo, inoltre, presenta una variazione di ritmica e di tecniche vocali utilizzate sovente nell’ambito metal. Il tutto termina e sfuma con parti ambient di chitarra e voce; qui sembra quasi che la traccia nasconda a sua volta una ghost track dai rimandi stilistici alla Anathema, ma senza che ciò lasci effettivamente il segno.

L’ultimo atto del disco è affidato alle note de “Il Valzer Della Giovinezza”; quattro minuti in cui c’è ben poco su cui soffermarci, se non per il tempo di batteria che, verso il termine della composizione, si evolve in un tre quarti (tempo di valzer, appunto). Per quanto riguarda la voce, il giudizio resta in linea con quanto espresso in precedenza.

Il lavoro, nel complesso, è ben suonato e prodotto decentemente, anche se la linearità delle parti strumentali non richiede certo un’ applicazione tecnica fuori dalla norma. L’impressione che si avverte, giungendo al termine dell’ascolto di questo “A Sua Immagine”, è quella di aver assistito ad un’opera piatta, in cui, le premesse proposte dalle poetiche melodie presenti nella primissima parte del lavoro, lasciano spazio ad una ripetitività eccessiva, fino alla trasformazione di quest’ultima in vera e propria apatìa. Insomma, il lavoro, anche se presenta alcuni buoni spunti, sia strumentali che espressivi, ha la pecca di ripeterli fino allo sfinimento, ottenendo il risultato di stancare l’ascoltatore. A livello strumentale, servirebbe qualche idea più varia, mentre, per quanto riguarda le parformances vocali, suggeriamo al candidato di presentarsi al prossimo appello. Il progetto, nelle potenzialità, è buono, quindi se si è ritenuto di avanzare alcune critiche, che all’apparenza possono sembrare poco simpatiche, ciò dipende esclusivamente dalla delusione maturata in seguito al fatto che le premesse iniziali, presentate dagli Unalei, non hanno trovato conferma sulla lunga distanza. Restiamo in attesa per il futuro, pieni di fiducia.