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V-Device: “Vidana” – Recensione

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V-Device Cover

Libertà, strade desolate e lunghi viaggi vengono dipinti da “Vidana”, secondo album dei V-Device, band partenopea autrice di un “desert” Rock che attinge a piene mani da Alice In Chains, Soundgarden, Pearl Jam e Pink Floyd.

Tredici brani corrosivi che fanno perno sulle melodie create dal singer Davide Verde, anche chitarrista della band, il quale gioca molto sull’accoppiata con la propria chitarra. Decisamente di rilievo anche il comparto ritmico, che vede il basso di Guy Costanzo, impegnato anche nelle backing vocals, e la batteria di Luca Bravaccino dare il giusto sostegno alla componente melodica, impreziosita anche dalle tastiere di Fabius Shiva.

Si parte subito alla grande, con “Klown Torture”, traccia abrasiva che rimane ben impressa nella mente sia nella strofa che nel ritornello. Attacco più in sordina per “Imagine On”, sembra di trovarsi dinanzi ad un serpente che striscia nel deserte, con il suo incedere ritmato, salvo poi regalare qualche sussulto nel ritornello decisamente a la Alice In Chains. Atmosfere più psichedeliche e dilatate in “3 AM”, uno dei brani migliori del lotto, l’idea che avanza è quella che i V-Device abbiano una particolare attitudine nel creare ritornelli di facile presa, che rimangono facilmente impressi nella mente.

Sulla stessa scia “Permanent Disguise”, che lascia poi spazio a “New Born Youngster”, brano dalle melodie particolari e dal sapore Rock/Blues, elemento che si ripeterà anche in “Policeman Blues”, che già dal titolo lascia presagire quello che sarà il mood dominante. Con “Desert Veda” ascoltiamo una traccia strumentale, che fa perno sui fraseggi di chitarra, a seguire “My Chevrolet”, la traccia il cui refrain melancolico ti entra dentro e non ti lascia più. Tra le altre tracce citiamo “Atahualpa”, secondo brano strumentale che sembra nascere direttamente da viaggi mentali attraverso la sperimentazione sonora.

La voce di Davide Verde si fa decisamente più pacata in “Damned Sping”, in questo caso l’ambientazione sembra prendere spunto direttamente da Soundgarden e Nirvana. Quando ci si avvicina alla conclusione è lecito pensare che i toni si plachino, che i brani abbiamo meno incisività e facciano da filler, ma non è questo il caso: “The Day Of My Suicide” arriva a stracciarti l’anima con un Rock/Blues acustico per buona parte della durata, salvo poi esplodere nella parte conclusiva. Un brano azzeccatissimo, che merita di essere ascoltato mille volte. Conclude il lotto “Sweetie Jack”, ancora una volta a farla da padrone sono le atmosfere dilatate e malinconiche.

“Vidana” è un album all’apparenza di facile assimilazione, ma ad un ascolto più attento rivela diversi livelli di composizione che meritano di essere assaporati fino in fondo. Qui non ci sono suoni pompati, digitali, qui c’è il sudore del Rock duro e puro, senza se e senza ma. Complimenti ai V-Device!