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Zippo: “After Us” – Recensione

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Giungono al quarto album sulla lunga distanza gli abruzzesi Zippo, “After Us” rappresenta un ulteriore grado di evoluzione del sound, sempre di matrice stoner, ma che spazia tra ambientazioni desertiche e viaggi psichedelici.

La band in questione nel corso degli anni, a partire dal debutto discografico nel 2006, ha fatto tanta strada, non solo intesa come chilometri macinati su palchi italiani ed internazionali, ma anche come percorso stilistico che li ha portati ad essere una tra le migliori realtà italiane nel genere che propongono. Tra Kyuss, Alice In Chains, Black Sabbath e sonorità progressive, “After Us” è un full length dall’aspetto cangiante, perché alterna momenti nervosi ad altri più rilassati, mantenendo comunque intatta quella voglia di esplorazione che li contraddistingue.

Gli otto brani che compongono la tracklist sembrano essere suddivisi idealmente in due parti: dopo i primi tre brani più rabbiosi, con “Adrift (Yet Alive)” si avverte la presenza di uno spartiacque che ci conduce attraverso una nuova dimensione. Le ultime tre composizioni sono infatti caratterizzate da una maggiore attenzione verso l’aspetto introspettivo, dove i ritmi si fanno più dilatati e le atmosfere vengono rese ancora più cupe.

La produzione di “After Us” è decisamente sporca, come giusto che sia per il genere; il sound è grosso e pompato, ma riesce ad essere anche delicato nei passaggi più soffusi. Gli Zippo con questo nuovo capitolo discografico hanno fatto nuovamente centro, impossibile non lasciarsi rapire dalle loro composizioni.