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Dal Rock In Park al Firenze Rocks: missioni diverse tra sconosciuti e mostri sacri

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Filippo Puliafito è il nome che viene accostato al Rock In Park. E’ lui, in qualità di Direttore Artistico del Legend Club di Milano, che ha “inventato” una formula tanto accattivante quanto poco dispendiosa (per gli utenti, s’intende) per offrire alle band emergenti di esibirsi e farsi conoscere. Ha poi anche affiancato una versione itinerante del Fest, affinché le stesse band potessero contare su un pubblico più variegato.
Già, il pubblico…
Al termine della decima edizione del Rock In Park, Puliafito si è sfogato ed ha annunciato che, siccome gli sforzi profusi in questa “mission” non hanno avuto i risultati sperati, dal prossimo anno le cose cambieranno. Che è un po’ lo stesso ragionamento che hanno fatto altri gestori di locali prima di lui.
Scrive Puliafito:

“…il festival è nato proprio per creare aggregazione e cercare di smuovere la scena che ha enormi difficoltà per svariati motivi.
La stessa scena che si lamenta delle scarse possibilità, si lamenta dei locali, si lamenta dei promoter, si lamenta dei talent , si lamenta per qualsiasi cosa senza fare nulla per smuoverla. Purtroppo ho dovuto constatare di persona che è lo stesso underground che non vuole essere salvato.
Musicisti che a malapena si salutano nel backstage, che non si fermano a vedere la performance dei loro colleghi che parlano male di questo e di quello, godono degli insuccessi altrui senza guardare i propri, che non vanno ai live già era assodato manco quelli gratuiti, troppo impegnati a farsi selfie nei concerti grossi.
Questo mi ha fatto molto riflettere e onestamente ci sono rimasto molto male, sono giunto alla conclusione che cercare di aiutare qualcosa o qualcuno, che non vuole essere aiutato perché deve guardare al proprio orticello non muovendosi per il bene comune, è una sfida che ho perso, credevo il poter dare il mio contributo alla rinascita di alcune situazioni che purtroppo non vogliono rinascere!…”.

Lo sfogo del Direttore Artistico del Legend è quindi rivolto ai primi attori di questa scena, ovvero i musicisti. Più volte, anche dalle pagine di Metal In Italy, abbiamo raccolto pensieri di gruppi che richiamavano i colleghi all’unità. Ma evidentemente, come ha potuto constatare lo stesso Puliafito, sono rimaste sempre e solo parole.

I concerti grandi.
“Purtroppo” le battute finali del Rock In Park hanno coinciso con lo svolgimento del Firenze Rocks che, come sappiamo, ha portato in Italia mostri sacri come Guns, Ozzy, Iron Maiden, Foo Fighters, Judas Priest ed altri.
Non contenti delle diatribe interne tra chi sostiene che la propria band è più figa di quell’altra (ma che se non vi suonasse, probabilmente non andrebbe nemmeno a sentirsela), è venuta fuori la polemica del “chi ha suonato prima di chi” e del “spendono i soldi per i grossi nomi e non per quelli piccoli”.
Partendo dal presupposto che con i propri soldi ognuno fa ciò che meglio ritiene, vi lasciamo ad una riflessione post Firenze Rocks a firma del nostro Marco Stanzione che vuole essere uno stimolo al dibattito dei temi fino a questo momento trattati.

Di Marco Stanzione

A.D. 2018: il rock è vivo, il metal è vivo. Assodato. Sono in salute? Parliamone.
Sono nato nel 1981, non ho vissuto i “mitici anni ’80” ma ormai sono quasi 25 anni che ascolto la nostra musica del cuore e credo mi farà compagnia fino alla fine dei miei giorni. Ogni volta che partecipo ad un festival mi diverto, mi rilasso, mi scateno. Spesso bevo qualche birra di troppo ma nulla di tutto ciò mi impedisce di osservare con attenzione tutto ciò che mi circonda. Vedo le stesse persone da 20 anni, non vi conoscerò mai forse ma vi vedo, vi ho visto e vi rivedrò. Tutto ciò mi scalda il cuore perchè so che ci sono migliaia di persone che sono malate di metal come me; mi conforta vedere 50enni con i figli e spero di poter fare lo stesso un giorno. Ecco, il pubblico Metal è immarcescibile ma lentamente si rinnova. Ciò che non si rinnova mai è la scaletta dei bill dei grandi festival. Ho voluto fare questa riflessione per stimolare anche un po’ il dibattito tra noi “fruitori” perchè tra non molti anni qualcosa cambierà…chissà se in meglio o in peggio!
Ero al Firenze Rocks, ci tengo a dire da subito che la trovo una gran bella manifestazione a partire dalla location, gruppi e prezzi. La riflessione sul bill dei festival è nata proprio ieri tra una birra e l’altra mentre si ascoltavano le considerazioni di amici e sconosciuti: “Mancanza di rispetto far suonare i Priest alle 17.30 prima di quei cazzo di Avenged Sevenfold!”. In effetti tutto parte da qui, puntuali le polemiche nel metal e puntuali le mie riflessioni a riguardo. Festival anni ’80 e c’erano i Maiden, i Kiss… Mosters of Rock negli anni ’90 c’erano i Maiden, Ozzy e i Kiss…Gods Of Metal c’erano Maiden, Metallica e Black Sabbath…Sonisphere qualche anno fa indovinate chi c’era? Ora Firenze 2018. Cambiano i titoloni e le location ma i nomi sono sempre quelli. Ora premesso che adoro alla follia i gruppi sopracitati, ho visto i Maiden 4 volte e più di una volta anche gli altri GIGANTI, io mi domando: “Ma ancora ci servono Ozzy e Maiden per fare 40mila presenze? Per quanto tempo ancora potranno portare avanti la baracca? Possibile che ancora non ci sia mai stato un ricambio? E’ un bene o un male che non ci sia stato? Come potrà mai esserci un Headliner diverso se piazzare quei cattivoni dei Sevenfold prima dei Judas Priest viene visto come atto di lesa maestà?”
So che queste domande se le fanno molti di voi/noi e le risposte possono essere molteplici, tutte potenzialmente valide. Personalmente vorrei che i GIGANTI fossero tali a vita ma il tempo è un bastardo e tra un anno saremo senza Ozzy e Slayer. Ci stanno salutando e tra qualche anno lo faranno anche i Maiden e all’orizzonte non vedo nessuno in grado di fare 40mila persone Open Air. Spero di sbagliarmi ovviamente ma credo che la consapevolezza debba partire da noi pubblico; io non ho trovato scandalosa la questione Judas/Sevenfold, insomma ragazzi vi scrive uno che odia musicalmente questi ultimi e che adora i Priest ma la realtà è che forse toccherebbe ammettere che Halford non ne ha più e che i Sevenfold hanno fatto un concerto della Madonna. Con i Priest scapocciavo e godevo, con i Sevenfold ero a riposare e bere ma questa cari amici è una questione di cuore, la realtà ci ha raccontato una cosa ben diversa! Ma il cuore è più forte di tutto, questo il buon Matt Shadows lo sa e la dedica di “Hail to the King” ai Judas Priest mostra un rispetto fuori dal comune. Molti pensavano alla lesa maestà, io l’ho visto come un rispettoso passaggio di testimone. Doveroso.