Home Interviste Marco Borghi: “Quando ti prefissi un obiettivo, la pressione fa parte del...

Marco Borghi: “Quando ti prefissi un obiettivo, la pressione fa parte del gioco”

SHARE

Abbiamo intervistato Marco Borghi per farci presentare il nuovo lavoro solista “Red Phoenix”, che uscirà per Volcano Records & Promotion. Ma è stata anche l’occasione per approfondire la conoscenza di questo chitarrista che ha iniziato il suo percordo didattico dopo aver visto “una chitarra classica appesa al muro”.

Ciao Marco, benvenuto sulle pagine di Metal In Italy. Iniziamo la nostra chiacchierata parlando del tuo prossimo album solista “Red Phonix”. Perché hai deciso di intraprendere la strada del progetto solista?

Ciao Stefano, dunque ho iniziato questo percorso da solista per pura passione, ho sempre adorato scrivere musica e con questo progetto riesco ad essere me stesso senza compromessi; ho inziato con “Icy Phoenix” che rappresentava il mio percorso fino a quel momento, “Red Phoenix” è ciò che sono ora. Sono ep separati ma complementari. So bene che la strada del “chitarrista solista”, soprattutto nel panorama italiano, non sarà semplice per quanto riguarda live e opportunità, purtroppo è attualmente un genere di nicchia, io cerco sinceramente di mettere tutto me stesso e spero di raccoglierne i frutti…
Parallelamente, ho anche un progetto “Oltraggio alla Corte” rock/metal di intediti italiani di cui è già uscito il primo CD. Come chitarrista e compositore mi ritengo già molto fortunato!

Cosa dovremo aspettarci da questa release? Mi riferisco, ovviamente, allo stile che proporrai nelle varie tracce: saranno composizioni volte al virtuosismo? Quali saranno i generi di riferimento?

Domanda molto bella davvero: dunque, come release ci saranno brani in stile più “hard” e 2 in stile più “soft”, ho lavorato molto sui dettagli, approfondimenti e studi musicali mi hanno indubbiamente influenzato e le nuove sonorità delle grandi band mi hanno aiutato nella scelta di molte note presenti nel disco. Nonostante ciò rimango fedele a me stesso, indipendentemente dal gusto musicale del momento. Non troverete troppo virtuosismo tecnico. Cerco semplicemente di utilizzare la “tecnica chitarristica” in funzione di una melodia, che possa arrivare a tutti e che parli a tutti. Ho cercato di rimanere molto lineare anche nella scelta dei tempi e dei ritmi senza uscire, per il momento, dalla semplicità che, secondo me, rimane la migliore chiave di lettura di sempre.
Detto questo, “Red Phoenix” è un EP in chiave metal, influenza riscontrabile anche nelle due “ballad”. Come detto prima, indicare un genere mi risulta difficile perché quando compongo lo faccio sulla base delle emozioni derivanti da determinati eventi, ovviamente il rimando ai grandi solisti rock/metal non manca mai, in particolare Andy James, Andy Timmons, fino al nostro Gianluca Ferro!

Tra l’altro nella tracklist c’è anche una cover di Robert Miles, “Children”. Perché hai deciso di includerla nell’album?

Quando si dice “il caso non esiste”. Ero via una sera a cena con amici e, rivangando i lontani anni ’90 mi hanno fatto sentire questo pezzo. La mia collaboratrice d’impulso mi dice: “Dovresti farla come cover…” . Mi piace sfidare me stesso adattandomi a tutto ciò che è “musica”. Ne sono rimasto ossessionato, e tornato a casa l’ho riascoltata e riascoltata, ho cercato possibili basi o midi in rete e, inizialmente per sfizio, ho iniziato a sovrapporre alla melodia orginale la mia chitarra. Certi capolavori del genere non possono essere snaturati, ma ho pensato a cosa avrei fatto io se avessi mai potuto partorire un brano simile; ho trascorso la notte in studio e il mattino il brano era terminato. L’ho inserita come 6° traccia di “Red Phoenix” perché mi è piaciuto il risultato finale, ovviamente, ma anche per dimostrare come la musica sia un linguaggio trasversale e illimitato. Il fatto che io sia per natura un “metallaro” non mi ha impedito di riconoscere la bellezza del brano, a cui ho voluto dare una mia personale interpretazione.

Tu ti sei occupato della composizione, ma per quanto riguarda la fase di registrazione ti sei avvalso di qualche collaboratore?

Assolutamente si, sono determinato a far ascoltare anche dal vivo i miei brani, e a tale scopo ho cercato una formazione adeguata sia per capacità tecniche, sia per determinazione. Quando la squadra è allineata e condivide gli stessi valori, tutto diventa davvero più semplice e più motivante: sono stati proprio loro a voler dedicare il loro tempo e le loro energie alla registrazione delle varie parti da me composte. Hanno capito cosa si nasconde dietro alle mie note e li ringrazio di cuore, anzi permettimi di presentarli perché se lo meritano davvero: Antonino Sidoti (Chitarra), Bruno Tortora (Basso), Alessandro Brega (Batteria).

Qual è secondo te il brano che meglio ti rappresenta dal punto di vista artistico?

Difficile da dire, tutti questi brani ad eccezione di “Children” sono parte di me, hanno un influenza semplicemente emotiva, “Now it’s the Time” non è altro che la mia parte sregolata, implusiva, musicalmente più Old School, con un ritmo che richiama i Pantera e Lamb Of God. C’è tanta libertà ritrovata, tanta improvvisazione legata al momento. “Darkness in me”, al contrario, è l’ombra che noi tutti abbiamo, è pura introspezione comunicata senza il mezzo delle parole. Rabbia, gioia, ansia, tranquillità: l’ascoltatore stesso sentirà “a pelle” quello che si cela dietro ogni mio brano

Un album solista focalizza l’attenzione, sostanzialmente, sul singolo musicista. Ti senti sotto pressione per le aspettative di chi ti conosce anche per la tua militanza in altre band?

Quando ti prefissi un obiettivo, la pressione fa parte del gioco. È normale che ci sia gente che spera tu fallisca, e altri che staranno al tuo fianco, sono le regole. Di solito è la voce su un palco ad essere sotto i riflettori, probabilmente suderò un po’ freddo quando la mia Schecter Hellraiser sarà al centro dell’attenzione, ma so che questo è quello che voglio fare. Se pressione significa alzare l’asticella per giungere ad obiettivi sempre più alti, allora non vedo l’ora di subirla!

Facciamo un passo indietro…quando hai deciso di avvicinarti allo studio della chitarra? C’è stato un episodio particolare?

Sono nato nell’81 e mio fratello, maggiore di 10 anni suonava la chitarra in modo amatoriale ed ero tra i fortunati che potevano ascoltare ogni giorno un cd diverso, ho iniziato con tutta la scena grunge di Seattle, poi sono passato al Crossover e al Nu Metal. La mia vita è cambiata quando, annoiato da tutto il resto, vidi all’età di circa 8 anni, una chitarra classica appesa al muro, ormai impolverata e chiesi a mio fratello di insegnarmi anche solo a far qualcosa. Da quel momento ho capito che era la mia passione, gioiosa, faticosa e non sempre soddisfacente come spesso accade. E poi, diciamocelo volevo diventare come i miei due veri miti, Dimebag Darrel e Zakk Wylde!

Quali sono gli studi che hai seguito nel corso degli anni? Quali i generi che hai approfondito?

Ho studiato al CPM di Milano poco dopo il diploma di scuola superiore, poi mi sono fermato scioccamente credendo di aver imparato tutto quello che mi serviva. La stessa determinazione che mi ha sempre accompagnato, mi ha permesso di riprendere gli studi, questa volta in MMI (Modern Music Institute), il cui fondatore Alex Stornello è tra l’altro un grande musicista jazz. Attualmente lavoro presso la sede di Como come insegnante e ho imparato ad adattare i generi e la Teoria della musica a ciò che mi piace. La mia è una formazione continua perché chi non si forma si ferma, in tutto e per tutto. La figura del rocker o del metallaro affine solo al “powerchords” mi ha stancato da tempo, ci sono così tante influenze che hanno reso possibili molti generi e canzoni, perché limitarsi?!
Chitarra Rock/metal non vuol dire shreddare alla velocità della luce! Ci sono tanti aspetti che vanno visti e rivisti! Personalmente sono passato dal blues fino al jazz passando dai generi della popoular music, ora vorrei approfondire tecnicamente l’aspetto più “classico” della musica. Volere fare una cosa e sapere come farla mi dà ogni volta una marcia in più.

Per quanto riguarda la composizione, qual è il tuo approccio a questa fase? C’è un metodo che segui o lasci che sia l’ispirazione a prendere il sopravvento?

Ottima domanda. Sono una persona molto emotiva e questo mi rende più propenso a sentire il momento. Le occasioni per comporre sono molteplici, durante i miei esercizi di tecnica o mentre provo dei suoni nuovi, oppure semplicemente visualizzo il brano, solitamente comincio dalla batteria, a mio avviso il cuore del brano, poi proseguo con le chitarre ritmiche, basso e infine chitarra solista. Ci sono giorni in cui mi ispiro grazie alla rabbia, altri grazie alla gioia. A volte è una semplice frase che mi risuona e la trasformo in note. A volte è il brano ad avere nascosta la sua melodia e sta a me trovarla.
Non è semplice ma è comunque un allenamento: c’è chi è bravo con le parole, a me viene semplicemente da comunicare attraverso la musica. Le note sono le mie parole.

Manca ancora un po’ all’uscita dell’album, quali traguardi vorresti ottenere dopo la release date?

L’obiettivo è il live, insieme ai ragazzi di cui ti ho parlato precedentemente. Mi piace sperimentare nella musica e credo molto nel valore delle relazioni. Spero quindi che questa mia comunicazione musicale mi permetta di conoscere persone con le quali allargare la mia visione e creare nuovi progetti insieme, influenzandoci reciprocamente. Il fatto di comporre adattandomi al genere, di trovare soluzioni musicali può essere un aiuto per altri musicisti con i quali scambiare suoni e idee in merito. Scontato, ma onesto, girare per il mondo con la mia musica è la meta a cui ambisco.

Grazie Marco per il tempo che mi hai dedicato, lascio a te le ultime parole, per un messaggio ai nostri lettori. A presto!

Grazie a te Stefano per la magnifica intervista e per l’attenzione che mi hai dato! Vorrei semplicemente ricordare a tutti l’importanza di crederci, sempre e nonostante tutto. La musica è universale e immortale, smuove sentimenti e coscienze. Qualunque musicista ha il diritto e il dovere di diffondere la sua musica, perché non puoi mai sapere chi l’ascolterà, non puoi mai sapere chi aiuterai o renderai felice con le tue note. Grazie alla Volcano Records&Promotion che mi rappresenta, grazie a chi ha letto queste mie parole, grazie a tutti quelli che mi stanno aiutando e grazie alla musica, soprattutto! Ciao Stefano, a presto!

Intanto è da oggi disponibile il nuovo singolo dal titolo “My name is Liar”, brano estratto dal nuovo EP “Red Phoenix”, la cui uscita è prevista per il prossimo maggio.

“My name is Liar”
è un brano strumentale il cui punto di forza sono senza dubbio la sezione ritmica di, altissimo livello e la costante ricerca della melodia. Mettersi in gioco in un settore difficile e ricco di competizione come quello della musica rock strumentale e della chitarra shred è indicatore di una forte
personalità, di un grande entusiasmo ma allo stesso tempo un grande rischio. Non resta che ascoltare
questo brano: ai posteri l’ardua sentenza.