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Abysmal Grief: “Strange Rites of Evil” – Recensione

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Pervasi da una continua sensazione di disagio. Una pesantezza opprimente della quale però non si riesce a fare meno.
Strange Rites of Evil” degli Abysmal Grief è uno di quei lavori nei quali ti imbatti forse in maniera titubante, perchè puoi già immaginare cosa troverai ed invece, una volta finito l’ascolto, ti togli le cuffie, ti alzi in piedi e fai un applauso, soddisfatto di quanto appena accolto.

Sulla scena dal 1998, la band ha saputo ripercorrere i suoi rituali musicali nel corso del tempo, fino ad arrivare ad oggi, presentandosi in un mix di modernità e fedeltà ad un dark doom d’alta scuola.
Funziona tutto. E già dalla prima traccia: “Nomen Omen”, un piccolo capolavoro fatto di una linea continua di arpeggi, cori e quelle melodie create dalla tastiera di Labes C.Necrothytus che risveglia i demoni.
La titletrack è esattamente la fotografia della band, alla continua ricerca di un equilibrio tra il sacro e il profano, tra l’accettazione dei dogmi cristiani e l’anticlericale. Non può essere ignorata infatti la scelta di far uscire l’album in versione CD nel giorno della Commemorazione dei Defunti ed in versione LP alla vigilia di Natale.
Anche questo è un rituale. Uno “strano rituale”.

“Radix Malorum” riprende il leit motiv della track d’apertura, con l’aggiunta della chitarra di Regen Graves che a tratti riesce ad essere persino rock.
“Strange Rites of Evil” è un album di notevole fattura, da ascoltare ad occhi chiusi per apprezzarne l’elevata qualità della produzione e per lasciarsi trasportare nei meandri dell’oscuro. Con la consapevolezza, però, che non sarà facile poi liberarsi di quella sensazione di costrizione interiore che le note cavernicole della voce di Labes C.Necrothytus intrecciano attorno al suo ascoltatore.