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Adimiron: “Timelapse” – Recensione

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Adimiron Timelapse

Come un buon vino appena stappato emana profumi dalle diverse sfumature, così ascoltando “Timelapse”, quarto album degli Adimiron, emergono richiami a band quali Mastodon, Gojira, Between The Buried And Me, ed è un piacere ascoltarli.

Il carattere distintivo della band è senza dubbio la veemenza, non solo nelle parti più tirate, ma anche, e soprattutto, in quelle più lente e dall’incedere pachidermico, infliggono colpi decisi e lo fanno generando un notevole piacere da parte di chi li riceve. Sebbene tra le nove tracce potremmo citare l’opener “Collateral”, che richiama alla mente soluzioni tipiche degli Aghora, “The Giant And The Cow”, “Timelapse”, la titletrack che presenta un marcato mood alla Machine Head, e la conclusiva “Ayahuasca”, risulta comunque riduttivo voler riassumere il prodotto in questione a questi episodi, dal momento che l’intero lotto si attesta su una qualità tecnico-compositiva davvero eccellente.

Lo spirito progressivo che anima gli Adimiron permette loro di creare atmosfere intriganti, melodie non sdolcinate, ma che hanno sempre il giusto mordente; l’ottimo lavoro svolto dalle chitarre di Alessandro Castelli e Thomas Aurizzi si traduce in un riffing roccioso, mai scontato, che denota una fervida fantasia in quanto a progressioni di accordi e fraseggi. E’ merito loro se lo spirito generale di “Timelapse” è pervaso da un senso di cupa oppressione, una dannazione eterna che si traduce in immagini epiche, dipinte sapientemente da passaggi che creano melodie e supportano perfettamente le linee vocali del singer Andrea Spinelli.

Ovviamente il termine melodia in questo caso è da intendersi come il processo creativo che porta ad una successione di note in grado di creare delle emozioni, degli stati d’animo che passano dall’angoscia alla disperazione, talvolta sottolineati da un riffing costante e ripetuto ossessivamente.

Rispetto alle precedenti uscite, “Timelapse” è sicuramente caratterizzato da una maggiore violenza, un imbastardimento che si traduce in brani aggressivi e capaci di generare un trasporto emotivo non indifferente. Difficile trovare un punto debole in questo album, tantomeno nella band; l’esperienza ormai decennale si traduce in un prodotto di assoluta qualità.