Home Interviste Alberto Barsi: che soddisfazione i complimenti di Jason Becker!

Alberto Barsi: che soddisfazione i complimenti di Jason Becker!

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Alberto Barsi è un giovane chitarrista di Lucca che sta lavorando al suo primo disco solista, dal quale è già stato tratto il primo singolo dal titolo “Insomia”. Nonostante la giovane età, sedici anni, ha già tutte le carte in regola per diventare un grande musicista, tanto che nei mesi scorsi Jason Becker ha condiviso una sua interpretazione di “Altitudes”. Abbiamo approfondito la conoscenza di Alberto in questa intervista.

Ciao Alberto benvenuto sulle pagine di Metal In Italy. Iniziamo con le presentazioni: tu sei un giovane chitarrista di Lucca, come è nata la passione per questo strumento? Quando hai iniziato e che tipo di studi stai seguendo?

Sinceramente questa passione non è nata da un evento in particolare, mi sono sempre sentito attratto dalla chitarra e dalla musica sin da piccolo, fu proprio questa mia inclinazione che spinse i miei genitori ad iscrivermi ad una scuola di musica già all’etá di 9 anni. Non presi seriamente lo studio dello strumento all’inizio, più che altro perché quella scuola era indirizzata su stili musicali che non mi piacevano particolarmente al tempo, il che mi portò a perdere velocemente interesse e abbandonare gli studi. Ricominciai da zero all’etá di 11 anni, dopo che scoprii l’esistenza di Youtube e della valanga di lezioni gratis su tecniche di chitarra solista, ritmica metal e via dicendo. Mi iscrissi ad un’altra scuola di nome Jam Academy per riacquistare le basi, ma tutto ciò che mi interessava era stare in camera e lavorare sulla tecnica e sul ricreare la musica che fino a quel tempo mi aveva appassionato. Divenne qualcosa di abbastanza ossessivo, che mi prendeva anche 5 o 6 ore ogni giorno, tanto che arrivai ad un punto in cui sapevo fare gli arpeggi in sweep e non gli accordi aperti! Attualmente sto provando a lavorare sulla versatilità e su molti generi musicali diversi, dato che ovviamente col tempo è cresciuta anche la mia curiosità verso altri stili. Secondo me è importante, quando si vuole iniziare a suonare uno strumento, che si inizi con lo studiare il genere musicale e le canzoni che appassionano di più.

Nella tua famiglia ci sono altri musicisti?

No, sono l’unico a cui sia venuto in mente di suonare qualcosa!

Una domanda forse scontata…quali sono i chitarristi che ami di più e quelli che hanno maggiormente influenzato il tuo stile?

Mi sono sempre piaciuti chitarristi come Eric Clapton e BB King, due musicisti che mi fecero capire fin dall’inizio che il tocco era la cosa più importante nel suonare; infatti prima di pensare alla velocità, ho lavorato moltissimo sui vibrati e sui bending. I chitarristi che più mi hanno segnato fino a oggi sono senza dubbio Marty Friedman, Jason Becker, Andy James, Jeff Loomis e John Petrucci. La cosa che mi più mi piace di loro è che sanno tutti andare alla velocità della luce, ma mettono la musicalità in primo piano e le loro canzoni, o improvvisazioni, sono genuinamente ciò che hanno da dire dal punto di vista musicale, invece che esercizi da circo in su e giù, per far vedere che sono bravi. È una cosa facile a dirsi ma non a farsi per la maggior parte degli shredder, tutti prima o poi – me compreso – si lasciano vincere dalla voglia di fare “show off”, ma il gusto è una cosa su cui bisogna lavorare molto, dividendo il tempo di pratica tra tecnica e composizione\improvvisazione.

Tra l’altro ti ho visto alle prese con “Altitudes” di Jason Becker, il quale ha apprezzato personalmente la tua esecuzione…Cosa ne pensi di Jason e cosa hai provato in quel momento?

Già! Quella fu un grandissima soddisfazione, ovviamente Jason è una delle mie più grandi ispirazioni sia chitarristicamente, sia nella vita in generale e penso che sia una delle menti più geniali tra i musicisti di ogni genere. Tra l’altro continua oggigiorno a comporre musica, nonostante la sua malattia, il che è segno di una passione smisurata. Ricevere dei complimenti da lui stesso e vedere il mio video condiviso sulla sua pagina fu una sensazione di soddisfazione che poche volte avevo provato prima, anche perché quel video fu un lavoro molto impegnativo, dato che ho voluto fosse una cover live one-take senza nessun tipo di editing, il che ha richiesto una faticosa preparazione. Ricordo ancora il momento preciso, ero in giro per Lucca con dei miei amici quando ricevetti le notifiche di un sacco di gente che commentava il video con tipo “Jason shared your video bro”, quando controllai e vidi che era vero iniziai a correre per la città urlando e suonando campanelli!

Stai già lavorando al tuo primo album solista, ci puoi rivelare qualcosa in merito? Sarà una release strumentale? Quali i musicisti che hanno collaborato con te per la sua realizzazione?

Ci sto lavorando già da un annetto, dico subito che sarà probabilmente un progetto molto dilatato nel tempo, dato che purtroppo un contro del lavorare ad un album a questa età è l’impegno della scuola che ovviamente prende parecchio spazio della giornata. Tuttavia un vantaggio è che questo mi permette di mostrare nell’album un percorso di crescita compositivo e musicale, avendo infatti iniziato a scrivere e registrare per il disco a 15 anni, ero sempre molto in fase di maturazione musicalmente (ma anche in generale), cosa che si sente nel primo singolo “Insomia”, lavoro di cui vado estremamente fiero, ma che comunque a mio parere è una canzone abbastanza “tamarra”, la si ascolta secondo me per una carica di adrenalina piuttosto che per analizzarne l’armonia o cose simili (motivo per cui ho pensato fosse il pezzo adatto per essere il primo singolo dell’album). Con la crescita ho anche acquisito nuove conoscenze e capacità in ambito compositivo, oltre che molte altre fonti di ispirazione di carattere più maturo, il che si noterà man mano che si ascolterà il disco. Non sarà esclusivamente strumentale, pensavo di chiamare un cantante per due pezzi a cui sto lavorando, ma ci penserò quando avrò finito il resto. Per quanto riguarda altri musicisti coinvolti, la produzione è affidata a Michele Bertocchini, chitarrista degli Under The Bed ed ex Versions, che sta facendo un lavoro magistrale, la batteria nel singolo è programmata da lui ma nel disco chiameremo un batterista reale. Inoltre per un pezzo ho collaborato con il giovane talento brasiliano Luis Kalil, con cui scambio un po’ di assoli.

Credi che nel tuo futuro ci sarà una band? O preferiresti continuare come solista?

Assolutamente! Anzi sto per entrare a far parte ufficialmente di una band prog metal che sta lavorando ad un bellissimo concept album, annuncerò tutto per bene quando la cosa sarà definitiva. La storia del progetto solista è nata perché non riuscivo a trovare nessuno nella mia città che suonasse il genere che volevo fare io, così ho deciso di fare da solo, pur restando aperto ad ogni proposta di entrare in un gruppo come sta succedendo adesso. D’altronde suonare insieme ad altri è essenziale e sviluppa delle capacià fondamentali per un musicista, altrimenti si rischia di diventare il classico “bedroom player”, quello che va a 300 all’ora sul manico davanti alla telecamera, ma va nel pallone quando bisogna cooperare con altri musicisti, del resto è così che funziona nella vita reale. È un po’ come imparare una lingua solo per parlare con se stessi.

Spesso i chitarristi parlano della loro routine quotidiana, esercizi di riscaldamento ed altro. Tu cosa fai di solito prima di iniziare a studiare o prima di un concerto?

Prima dello studio di solito improvviso un po’, giusto qualche nota e qualche bending per iniziare a far scorrere il sangue nella mano. Se è inverno vado sempre a bagnarmi le mani (ma non i polpastrelli) con dell’acqua calda perché altrimenti non riesco praticamente a muoverle, e poi inizio. Non ho degli esercizi ben definiti per il riscaldamento ma è comunque una parte molto importante per evitare molti degli infortuni che possono accadere mentre si suona, quindi non inizio mai lo studio vero e proprio così a freddo. Stessa cosa prima di un concerto. Inoltre quello che ho imparato per esperienza ultimamente è che prima di un live è bene rilassarsi e non pensare affatto alle canzoni che si devono suonare. Almeno per me, se sono in tensione si sente, dato che non suono più cercando di trasmettere qualcosa, ma cercando solo di non fare errori, e non è bello. Più sono rilassato più le canzoni vengono naturali, più mi godo l’energia del live e il mio playing migliora in generale.

Parliamo della strumentazione, immagino tu abbia diverse chitarre…quali sono? Ce n’è una in particolare che prediligi e perché?

A parte la Majesty dell’Ernie Ball che, ovviamente, è la mia prima scelta, ho anche una Fender Telecaster, una Schecter Jeff Loomis signature ed una PRS Custom 24. Presi la Majesty in California, in occasione del NAMM, fui invitato dal gruppo “Brotherhood of the Guitar”, affiliato all’Ernie Ball, proprio per farmi prendere la chitarra scontata senza il costo aggiuntivo del trasporto. Da quando la provai la prima volta ne rimasi innamorato: per prima cosa è come avere una pedaliera dentro la chitarra, ci sono una marea di funzioni e suoni diversi che si possono ottenere già solo giocando con il potenziometro e sperimentando con le combinazioni di pickup; questa è una cosa che apprezzai molto perché non sono mai stato un tipo da pedaliere e preferisco sempre affidarmi allo strumento per ogni tipo di suono di cui ho bisogno. L’altra cosa che mi colpì moltissimo fu il manico, spaventosamente comodo, ebbi subito una sensazione di estrema facilità e scioltezza nei fraseggi veloci e tecnici, sembra davvero di suonare sul burro. Senza dubbio è la chitarra migliore che abbia mai suonato e sono fiero di avere già un piccolo endorsement con la marca.

Per quanto riguarda l’amplificazione cosa utilizzi? Amplificatore e valvole o Amp simulator?

A dire il vero uso quasi sempre un ampli diverso! Per esempio, nel singolo “Insomia” e nel disco uso il software digitale Podfarm, nei miei video su Youtube uso Guitar Rig 5 e nei micro video che metto su Instagram uso quasi sempre l’HT5 valvolare della Blackstar. Non ho una vera e propria preferenza tra valvolari e software digitali. Per quanto riguarda il suono c’è da dire che un fattore per me molto importante in un amplificatore è la versatilità e i digitali hanno molte più opzioni e varietà di suoni, anche se quelli davvero buoni costano parecchio, come il Kemper o l’Axe FX. Quello su cui avevo intenzione di investire in futuro è quest’ultimo, soprattutto perché è quello che usano più o meno quasi tutte le band Metal/Djent del momento come Periphery, Veil of Maya e via dicendo.

Quali sono gli obiettivi che vorresti raggiungere? Quando uscirà l’album?

Di obiettivi ce ne sono molti attualmente. Per quanto riguarda il mio percorso di studio musicale sto lavorando per diventare competente anche in altri stili al di fuori del metal e sto imparando per bene l’armonia, lettura musicale ed ear training. In sostanza vorrei essere pronto al più presto per fare il musicista di professione. Un altro obiettivo è rendere il mio canale Youtube, la mia musica in generale, conosciuta da più persone possibili. Per l’album pensavo all’inizio di farlo uscire verso Novembre\Dicembre di quest’anno, ma con gli impegni che ho ultimamente, tra cui il corso di laurea Bachelor of arts, il nuovo gruppo ecc., penso che ci vorrà molto molto più tempo del previsto, ma sono abbastanza sicuro di farcela prima del 2018.

Bene Alberto, ti ringrazio per l’intervista! A te l’ultima parola…lascia un saluto ai nostri lettori. A presto!

Grazie a voi! Stay metal! \m/