Home Interviste Ale Piccinelli: dai Mellowtoy agli Amors, passando dal Dj Set. Che difende

Ale Piccinelli: dai Mellowtoy agli Amors, passando dal Dj Set. Che difende

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Gli ultimi 6 anni li ha trascorsi nei Mellowtoy, una delle band più rappresentative della scena milanese che alla fine del 2016 ha deciso di fermarsi. Sei anni in cui diversi sono stati i membri che hanno abbandonato la line up, anche se i cambi di fatto non hanno intaccato la struttura portante della band.
E’ per questo che Alessandro Piccinelli è rimasto ancorato a quell’idea di band quasi a conduzione familiare che di fatto rappresentava il modo migliore per esprimere la sua innata voglia di fare musica.
Bassista di Borgomanero, prima negli Spirefear, poi nei Mellowtoy, appunto, dove ha vissuto la sua esperienza musicale più significativa anche se non la più lunga; amante della musica a tutto tondo, che lo ha portato a studiare i deejay professionisti e a ritrovare un rapporto che ormai sembrava perduto.
L’intervista.

Ciao Ale e ben ritrovato sulle pagine di Metal In Italy. A dicembre la notizia di premere “stop” alla storia dei Mellowtoy. Ora che sono passati un po’ di mesi come si vive questo distacco?
Si cerca di andare avanti. E’ ancora una bella botta, ti direi una bugia se affermassi il contrario. Però bisogna andare avanti. Io senza musica non so stare. E’ per questo che ho ritrovato l’ex cantante della mia prima band, Spirefear, e con lui ora stiamo portando avanti un nuovo progetto: Amors.

Una sorta di storia d’amore con ritorno quindi…
Eh sì. Io e Maurizio Meli (il cantante) ci siamo ritrovati dopo praticamente dieci anni. Il caso ha voluto che l’avventura con i Mellowtoy s’interrompesse proprio nel momento in cui cercava un bassista. Mi ha chiesto una mano ed io ho accettato. Devo ringraziare il destino: a volte è un po’ stronzo, ma sa essere anche buono.

E con te è stato buono?
Diciamo metà e metà. E’ chiaro che vivo ancora nel dispiacere per come sia andata con i Mellowtoy, ma sono comunque soddisfatto della nuova opportunità.

Credi ci potrà essere una reunion tra qualche anno con i Mellow? Ormai lo fanno tutti!
Chi lo sa! Magari ci faranno una tribute band! O forse diventeremo noi stessi una tribute band visto che vanno di più.

Noto del sarcasmo…
Diciamo che ce ne sono di vari tipi. Ci sono quelle che suonano addirittura meglio dell’originale; altre invece che si vede che lo fanno solo per tirare su un po’ di soldi e così facendo collezionano solo figure di EMME che potrebbero evitare, anche perchè vanno ad occupare spazi di chi invece avrebbe maggiore merito. Onestamente preferisco vedere band con pezzi propri.

C’è qualche tribute band che ti ha colpito particolarmente?
Mi sono piaciuti molto i Cowboys From Hell, tribute dei Pantera. Quello è un chiaro esempio di tribute band fatta bene, tant’è vero che riuscirono ad avere anche l’endorsement con la Dean. Ma ricordo anche un’ottima tribute dei Rammstein. Ed anche i Subliminal Verses, tribute degli Slipknot, che sanno rendere il tutto anche molto scenografico. I peggiori non te li cito… Ma ci sono alcune che sono davvero scandalose.

Per te ovviamente la musica continua ad essere una parte importante della tua vita. E’ vero che fai il deejay?
Sì è vero! E ti ringrazio della domanda perchè vorrei affrontare questo argomento, anche come forma di rispetto nei confronti di chi svolge questa professione.
Io ho imparato guardando gli altri. Mi intrigava il modo in cui sceglievano i pezzi e creavano la setlist. Ho girato un po’ di locali da ragazzino e restavo affascinato da dj come Lady Violet, Marikey T-One. Cercavo di imitarli. Guardavo loro e guardavo la gente per capire come reagiva alle canzoni. Loro sono dei professionisti, io lo faccio solo per puro divertimento.

Ma quando dicono che in realtà il deejay non suona, tu cosa ne pensi?
Per me sono cazzate. E’ vero, ci sono alcuni che non li considerano musicisti perchè suonano le canzoni degli altri. Io credo invece che esistano varie tipologie. Prendiamo ad esempio Mario Riso (Rezophonic, ndr.): lui è riuscito a creare un progetto innovativo, un po’ come il modello americano che fu di Dj Am e Travis Barker dove le canzoni erano sì remixate, ma passavi da Johnny Cash ai Rage Against The Machine con Barker che suonava come un ossesso. Così è una idea. Poi c’è la categoria, alla quale probabilmente appartengo, che mette dopo i live mette i soliti pezzi per far restare la gente. Il punto è che se esci fuori dal binario del “classico” la gente inizia a guardarti male come a dire “Ora lo uccidiamo!”. Il segreto magari è quello di piazzare il pezzo nuovo o insolito in mezzo a quelli più famosi, anche per vedere come reagisce, perchè magari la prima volta storce il naso, la seconda inizia a muovere la testa e alla terza balla.

E tu sai ballare?
Quando ero giovane sì! Ora sono una mozzarella in balia del mare mosso… Mi ritrovo subito col fiatone e bisogna chiamare l’ambulanza! Ma prima era diverso. Una volta tutto veniva vissuto in maniera migliore. Oggi invece a malapena si esce, figuriamoci se si esce per supportare le band.

Quindi, questo nuovo progetto?
Si chiama Amors ed è molto più tranquillo. Anche come tempistiche, nel senso che non ci siamo date delle scadenze. Stiamo facendo tutto con calma. Ricorda un po’ l’evoluzione stilistica degli Incubus di “Morning View”.
C’è del blues, dell’alternative rock, del funky, in più il cantato è in italiano.

Cosa credi ti riserverà il futuro?
Bella domanda… Spero tante belle cose. Spero di tornare un giorno a fare live e che magari i Mellowtoy possano tornare a riunirsi. Mai dire mai. Voglio essere ottimista…