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Black Therapy: “Melodia, aggressività ed impatto sonoro le nostre armi”

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black therapy band

Sebbene il Death Metal melodico non sia una genere mainstream in Italia, i Black Therapy profondono tutto il loro impegno affinchè lo diventi, con “The Final Outcome” hanno sondato il terreno prima di colpire con una nuova release sulla lunga distanza. Giuseppe Di Giorgio, cantante della band, ci illustra tutte le sfumature dei Black Therapy.

Benvenuto sulle pagine di Metal In Italy, come di consueto per rompere il ghiaccio vorrei che presentassi i Black Therapy ai nostri lettori, un breve excursus della vostra storia.

Ciao, qui Giuseppe, cantante della formazione. Tutto è nato qualche anno fa dall’amicizia dei due chitarristi Lorenzo e Daniele che hanno poi reclutato me e gli altri componenti del gruppo. Ci siamo subito messi all’opera su una demo e poi, grazie all’interessamento della Revalve Records, il passo verso il full length (uscito ad aprile 2013) è stato breve. Dopo un tour europeo in compagnia di Nile, Ex Deo e Svart Crown e alcune date in Italia, ci siamo rimessi all’opera e da qui il nuovo EP “The Final Outcome”.

“The Final Outcome” giunge dopo l’esordio sulla lunga distanza “Symptoms Of a Common Sickness”, come mai la scelta è ricaduta su un Ep di quattro brani, piuttosto che un nuovo full length?

Abbiamo molto materiale pronto, ma prima di far uscire un nuovo Full Length volevamo sondare il terreno e anche mostrare al pubblico la nostra crescita artistica. Abbiamo scelto i pezzi più rappresentativi e in grado di mostrare le diverse sfaccettature del nostro sound, che riesce ad essere variegato rimanendo comunque ancorato ai binari del melodic death. Siamo anche molto soddisfatti della resa sonora, merito di Stefano Morabito e del suo 16th Cellar Studio.

Ho apprezzato parecchio la cover di “Mad World”, avete scelto una canzone che a mio parere è stata reinterpretata magnificamente seguendo quello che è il vostro sound, perché questo brano? E la partecipazione di Francesco Ferrini dei Fleshgod Apocalypse?

La scelta della cover non è stata semplice, cercavamo un pezzo che fosse melodico e malinconico al punto giusto e che si adattasse bene al nostro stile. Mi ricordo che ad Aprile 2014, in albergo dopo una data a Padova, stavo canticchiando il motivetto della canzone dato che avevo rivisto da poco Donnie Darko. E Lorenzo esclamò “eccola, è questa la canzone che cercavamo”. Inoltre, avendo preso ispirazione dalla versione di Gary Jules, avevamo bisogno di un pianista. A Luglio ero in Olanda a cantare con il mio altro gruppo (Eyeconoclast) e nello stesso festival c’erano anche i Fleshgod Apocalypse. Francesco è uno dei pianisti preferiti da tutta la band e quindi ho approfittato dell’occasione per chiedergli se volesse collaborare con noi. Mi ha subito risposto di sì, senza alcun intoppo.

Rimanendo in tema, il vostro sound è molto personale: riuscite a trovare il giusto equilibrio tra melodia, impatto sonoro devastante, atmosfere sognanti che sfociano in passaggi efferati e glaciali, siete d’accordo? Come definireste la musica dei Black Therapy?

Siamo felici che tu abbia saputo cogliere questi aspetti della nostra musica, è bello sentirsi dire di avere personalità! Descriveremmo il nostro sound in maniera molto simile alla tua, perché proprio quelli sono gli obiettivi che ci siamo preposti scrivendo il materiale, è quanto volevamo esprimere. Crediamo che la proposta dei Black Therapy sia sfaccettata e sincera, e ci auguriamo che molti altri possano cogliere gli stessi aspetti e sensazioni che hai sottolineato.

Come sono nati i brani contenuti nell’Ep? Seguite un percorso definito e collaudato, oppure lasciate che sia l’ispirazione a guidare la fase compositiva?

La stesura dei brani è una fase a cui pensano Lorenzo e Daniele; ognuno per conto suo compone dei riff, poi si incontrano e amalgamano il tutto completando prima le due tracce di chitarra e poi gli altri strumenti. A questo punto Alessandro (basso) e Luca (batteria) aggiungono le ultime sfumature alle loro linee e infine io creo le linee vocali e aggiungo le liriche.

Dal punto di vista lirico quali sono i temi trattati? “The Final Outcome”, ovvero il risultato finale di cosa?

Liricamente, lo spunto è il “risultato finale” del titolo, un resoconto di come l’uomo stia superando quel limite da cui non è più possibile tornare indietro. Prendendo in esame le singole canzoni, la title track parla di un mostro, che sarebbe il risultato finale generato dal mondo di oggi. il mostro non e` altro che l’uomo stesso, che, bombardato sin dalla nascita da ignoranza e cattiverie, finisce col deformarsi e perdere la sua umanità.
Nella seconda canzone invece ci troviamo in una sorta di limbo, nel quale si trova il corvo nero del titolo. Man mano che ci avviciniamo, ci accorgiamo che questo corvo é una carcassa senza vita. Poi il punto di vista cambia e ci ritroviamo noi a vedere con gli occhi del corvo il nostro cadavere.
Per quanto riguarda la cover, é un pezzo molto malinconico e si prestava bene ad una nostra reinterpretazione. Anche il testo é molto vicino alle nostre tematiche, mi piace molto il susseguirsi di immagini che evoca: questo pazzo mondo in cui la gente non si dà tregua ma non raggiunge nessun traguardo e l’unico momento di pace per scappare dal quotidiano è quando si sogna di morire.

Una domanda che potrebbe sembrare scontata, ma vorrei porla per capire il vostro punto di vista: quanto è difficile suonare musica estrema in Italia? E soprattutto riuscire a ritagliarsi un proprio spazio all’interno della scena?

Sicuramente non è semplice, culturalmente il genere non è molto diffuso rispetto ad altri, e pesa molto la mancanza del supporto dei media. Inoltre il death melodico non è un genere che va per la maggiore, almeno per quel che vedo io nel territorio italiano si preferisce il death più estremo, di stampo polacco o di scuola americana. Ciò nonostante noi non demordiamo, abbiamo un nostro pubblico e speriamo di riuscire ad ingrandirlo col tempo.

“The Final Outcome” è stato realizzato presso i 16th Cellar Studio di Stefano Morabito, come è stato lavorare con lui? Siete soddisfatti per il risultato finale?

Soddisfattissimi! Stefano non è solo un ottimo ingegnere del suono, è anche il chitarrista del mio altro gruppo, conoscendolo sapevo che ci saremmo trovati benissimo a lavorare con lui. Ha tirato fuori esattamente il suono che cercavamo!

A noi di Metal In Italy è piaciuto molto, ma poi sono sempre i fans a decretare il gradimento di un prodotto musicale, quali sono stati i riscontri che avete avuto proponendo on stage i nuovi brani?

Abbiamo avuto un ottimo riscontro dal release party che abbiamo fatto qui a Roma, e speriamo che anche le prossime date non deludano le aspettative.

Sono certo che avete in preparazione qualcosa per il prossimo lavoro, potete darci delle anticipazioni? A che punto è la lavorazione del nuovo materiale?

Abbiamo già del materiale pronto, ma non vogliamo fare cose affrettate e preferiamo curarlo nei minimi dettagli per evitare passi falsi. La linea generale sarà proprio quella sentita nel nuovo EP, ma per ora dobbiamo concentrarci a promuovere questo lavoro, poi ci chiuderemo ad ultimare il nuovo disco.

Bene, l’intervista si conclude qui, vi ringrazio per il tempo che ci avete dedicato, a voi le ultime parole per lasciare un messaggio ai nostri lettori.

Giuseppe: Grazie a te per l’intervista. Un grazie a tutti i nostri fan, vecchi e nuovi, per il supporto, continuate a seguire i Black Therapy sulla pagina Facebook.
Alla prossima!