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Black Winter: Mirko Marchesini (Sinatras) ci racconta il Fest. E bacchetta i “facinorosi”

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Il punto di vista del musicista, appassionato del genere estremo e spettatore d’eccezione per il decimo Black Winter Fest, l’evento che si è svolto lo scorso fine settimana presso il Circolo Colony di Brescia.
Mirko Marchesini, chitarrista dei Sinatras, ci racconta nel dettaglio il suo Black Winter Fest, elogiando le band che hanno suonato, l’organizzazione, senza risparmiare stoccatine ai facinorosi dell’ultim’ora che si sono lasciati trasportare un po’ troppo dal momento.

Il report:

“E’ arrivato anche Sabato 2 Dicembre e l’atteso BLACK WINTER FEST, l’appuntamento fisso per gli amanti della musica oscura, estrema, della musica maledetta , il Black Metal. Giunto quest’anno al prestigioso traguardo dei 10 anni, il Black Winter è riuscito ad imporsi come un format amato, consolidato e immancabile.
La location dell’evento è stato il Circolo Colony di Brescia, già sede delle ultime 4 edizioni e punto di riferimento per la scena estrema del nord Italia. L’affluenza prevista era importante ed effettivamente gli appassionati non hanno tradito le aspettative accorrendo numerosi già per le esibizioni delle prime band. Al nostro arrivo (ore 17.00 circa), i parcheggi all’esterno del locale si presentavano per lo più impegnati e appena scesi dalla macchina abbiamo inoltre notato un considerevole via vai di taxi con a bordo, tra gli altri, anche molti fans d’oltralpe, per lo più tedeschi. La proposta musicale, vista l’edizione speciale di quest’anno, è stata incentrata su una line up che ripercorresse la storia del festival, una sorta di Best of delle nove edizioni passate. Buona organizzazione dell’evento con assenza di code significative alle casse nonostante la necessità per la maggior parte della gente di effettuare il tesseramento obbligatorio, zona panini/cibo, bancarelle distro/merch, zona relax divinetti… Unica criticità da segnalare l’attesa al banco del bar nel momento di massima affluenza, pecca comunque accettabile vista l’imponente richiesta da parte del pubblico. Si sa, i metallari hanno sempre sete!! A parte questo, comunque, un Colony impeccabile!!
Come già anticipato, per quanto riguarda il lato musicale, variegata è stata la proposta su cui è stato incentrato l’evento, con band provenienti da mezza Europa e con una proposta, ovviamente di matrice black, spesso con sfaccettature e influenze diverse.

Andiamo nel dettaglio.
A causa dell’orario d’arrivo la prima band che abbiamo potuto gustare sono stati i francesi NECROWRETCH freschi del loro “Satanic Slavery”, full lenght uscito ad Aprile per Season of Mist. La band, capitanata dal front-man Vlad, ha dato prova di solidità e ha convinto con il proprio death metal sporcato di black facendo tornare alla mente nomi come Necrodeath (dei primi dischi) o Necrophobic, grazie a riff e sonorità di stampo inequivocabilmente old school. Personalmente, da approfondire.

Cambio palco ed è turno dei SARKRISTA, combo tedesco intento nella promozione live dell’ultima fatica “Summoners of the Serpents Wrath”. Cattiveria e furia veramente importanti con quel black metal veloce, maligno e gelido che rimanda allo stile dei Sargeist o dei Satanic Warmaster, che saliranno sul palco qualche ora più tardi. Da segnalare l’apparizione come guest alla voce di Lord Lokhraed dei Nocturnal Depression, particolarmente apprezzata dagli affezionati del genere che hanno risposto con un entusiasmo crescente dall’inizio alla fine dell’esibizione.
Lo stesso Lord sarà ospite anche durante la set list dei novaresi HIEMS per un tributo a M. dei Darkness (purtroppo scomparso da poco), con Algol a far da ambasciatore ad una line up che vede al suo interno anche il chitarrista dei conosciuti Forgotten Tomb. La band nostrana ha sparato sul pubblico un black metal ruvido e compatto ispirato dallo stile dei Bathory e riconducibile a tratti ai seminali Celtic Frost. Il pubblico reagisce bene, molti cominciano a scaldarsi e a dare i primi segni di parteciapazione più convinta.

Birra, boccata d’aria, ed è il momento degli IMPIETY, trio devastante attivo nella scena dal lontano 1996. I tre di Singapore si presentano agguerriti e regalano una performance incentrata sulle sfuriate black/thrash che caratterizzano tuttavia maggior parte della loro discografia, dimostrando una convinzione che li porterà a non calare mai di intensità dall’inizio alla fine della set-list. Per gli amanti dei Blasphemy, band sicuramente da gustare.
Passano i minuti e le canzoni, e pian piano ci si avvicina alla zona calda della serata. Mi concedo un hamburger e l’ennesima birra veloce (più che altro bevuta veloce, visto che ho aspettato quasi 15 minuti per riuscire ad arrivare al bancone), ed è già il turno degli INFERNAL WAR. Come un sacco di altre band che escono dalla Polonia, anche loro dimostrano un’attitudine estrema, una carica distruttiva e una precisione d’esecuzione che è sicuramente il risultato di una lunga gavetta che ha dato i frutti in sede live in modo tangibile. Gli Infernal hanno letteralmente tirato giù il locale e il pubblico non ha mancato di sottolineare ciò partecipando attivamente per tutta la durata della perfomance. Pogo dapprima partito in sordina e poi sfociato in una letterale battaglia, sotto la pioggia di riff taglienti, voce indemoniata e blast beat velocissimi. Le cose che ci piacciono insomma.

Dopo la distruzione polacca, le ceneri sono ancora fumanti ma….è il momento della celebrazione, il momento della cerimonia, è il momento degli osannati ed attesi BATUSHKA. Personalmente devo dire che era una delle band che attendevo maggiormente, soprattutto per la curiosità di vedere se sarebbero stati in grado di riscattarsi dalla delusione datami al Brutal Assault di quest’anno, dove per certi aspetti mi avevano convinto, ma per certi altri non avevano minimamente centrato il bersaglio. Le luci si abbassano, le candele accese, l’immancabile quadro rivolto verso il pubblico (copertina dell’unico disco pubblicato, “Litourgiya” uscito nel 2015 per Witching Hour Production) a far da altare per il rito, l’aroma di incenso che avvolge il Colony nella sua interezza e le sagome nere incappucciate che entrano in scena a passi cadenzati andando posizionarsi in modo ordinato attorno al Batushka: la cerimonia è iniziata. Ripresomi dalla magia dell’intro torno a concentrarmi sull’aspetto sonoro e purtroppo devo sottolineare che (almeno dove ero io, destra palco) i suoni non erano impeccabili e ciò è stato, almeno per la prima metà della performance, abbastanza penalizzante ai fini della resa dello spettacolo. Va sottolineato comunque che il fascino insito nella teatralità della band polacca ha ammaliato e incuriosito il pubblico tanto che, mai fino a quel momento le persone ammassate sotto il palco erano cosi numerose e, soprattutto per l’intro, le fotocamere accese per immortalare “il rito” la facevano da padrone. Violenza musicale ovviamente non paragonabile alle band precedenti, ma uno show incentrato sull’atmosfera, sul trasporto quasi mistico e sulla solennità sottolineata in modo perfetto nei passaggi gregoriani a tratti quasi lirici della voce. La malignità e la rabbia canalizzate dalle sfuriate black, immancabili nel genere, si sono avvicendate in maniera quasi metodica alle parti più atmosferiche risultando tuttavia confusionarie e penalizzate da un audio molto pressapochista. Anche questa volta i pareri sembrano contrastanti a fine concerto: da chi ha reputato i Batushka la migliore band esibitasi fino a quel momento, a chi (come me) si è allontanato storcendo il naso per una prova che sicuramente è risultata affascinante ma che ha peccato a mio avviso sul lato musicale, facendo affiorare imperfezioni sonore ed esecutive non trascurabili che, per una band di tale successo e su cui di conseguenza si riversa una grande aspettativa, devono essere sicuramente riviste e sistemate.

Dopo il mistero e la sacralità è arrivato il momento della distruzione totale.
I presenti, ormai rodati e scaldati a dovere da qualche ora di musica, devono fare i conti con una macchina da guerra di nome SATANIC WARMASTER. Werwolf e soci, paladini di un black metal nato sotto il segno della maledizione, negli ultimi hanno ricoperto una ruolo importante per il genere nel vecchio continente, confermandosi una band dedita all’aggressione senza compromessi. Se è vero che l’ascolto dei primi lavori dei finlandesi rimanda a band come Darkthrone o primi Immortal, nonostante i passaggi più sinfonici dei dischi più recenti, dal vivo, la carica e la cattiveria riversate sul pubblico sono letteralmente devastanti. Gli ottimi suoni con un’impronta a tratti thrashy, neanche troppo nascosta, mi hanno fatto tornare alla mente concerti passati dei più blasonati Marduk, ma con un’iniezione di malignità sicuramente molto più marcata. Fin da subito non ho avuto dubbi nel piazzare la band tra le più convincenti del festival: c’è poco da dire, il Black Metal come va fatto, il Male al 100%. Nè più, nè meno.

Suonare dopo una prova cosi convincente si preannuncia un duro lavoro per i CARPATHIAN FOREST, ultima band della lunga maratona nera di Brescia. Non ho volontariamente scritto headliner in quanto, come dimostrato dalla partecipazione massiccia del pubblico fin dalle prime ore, la successione delle band è stata una mera questione organizzativa, e non una graduatoria di importanza come succede in altri contesti. Una semplice grande festa dedita al culto del metallo maledetto. Tornando ai Carpatian voglio sottolineare solo un paio di cose: la delusione per una una scaletta che avrebbe potuto spaziare di più (vedi la mancanza di Black Shining Leather dalla set list) e la performance non certo eccelsa del frontman Nattefrost che ha regalato siparietti di dubbio gusto con un manichino, usato come scenografia sul palco. Detto ciò, va anche sottolineato che tuttavia la parte strumentale è stata eseguita in modo molto preciso e professionale dalla band, aiutata da suoni potenti e molto ben regolati dal fonico. Per coinvolgere il pubblico rimasto (c’era molta meno gente sotto al palco rispetto ai Satanic Warmastrer ), i norvegesi si sono affidati a un black metal cadenzato con una massiccia dose di hard rock a tinte oscure con un’innegabile influenza Celtic Frost (con tutti quegli UH! di Nattefrost era impossibile non fare accostamenti simili): riff semplici, forse scontati ma che ti fanno sempre battere il piede e muovere la testa. Non essendo un loro fan, e quindi non avendo particolari pretese o aspettative, non mi sento di dire che i Carpatian mi abbiano deluso, hanno semplicemente fatto un concerto onesto, senza infamia e senza lode, un live che purtroppo, dopo i calibri scesi in campo prima di loro, è sembrato quasi un riempitivo. Sinceramente a tre quarti dell’esibizione, stanchi dal tour de force iniziato a metà pomeriggio, io e i miei compagni di avventure abbiamo lasciato le posizioni per un ultimo caffè prima di salire in macchina verso casa.

Tirando le somme, devo dire che il Black Winter si è dimostrato un festival piacevole con una risposta di pubblico importante che sicuramente va al di là della line up proposta. Un’occasione per riunire e condividere con altri appassionati l’amore verso un genere estremo ma estremamente affascinante, una “scena” musicale di nicchia (o meno) che si è dimostrata ancora molto viva e prolifica. Unica parentesi amara del festival: saluti romani e cori “Sieg Hail” durante certe esibizioni. Mi permetto una personale e soggettiva riflessione: preso per assodato che alcune fra le band della line up non hanno fatto e non fanno nulla per nascondere l’appartenenza al filone NSBM, devo comunque sottolineare la tristezza e il cattivo gusto nel vedere le scenette di pochi facinorosi che si son distinti supportando col braccio teso piuttosto che con un applauso il live di certe band. Più che mettersi in bella mostra hanno ricordato Charlie Chaplin ne “Il grande dittatore”, decisamente patetici. Sono contento del fatto che non son stato l’unico a non apprezzare cose che, a mio avviso, non dovrebbero centrar nulla con la musica.
BLACK WINTER FEST comunque che vince e convince, e, come detto dall’amico Massimo che devo ringraziare per avermi supportato nella stesura e nel confronto critico musicale, dandomi pure qualche dritta e riferimento cronologico, “Ci vediamo sicuramente l’anno prossimo!!””.
Mirko Marchesini

Alcuni scatti della serata a cura di Cenobita Nero:

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