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BuiOmegA: “La scelta del download dell’album? E’ stata vincente”

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“Nel tempo del cinismo, dell’orrido, dell’ignoranza, la musica è intesa come rilevazione del mondo, una lingua universale e la sua universalità sta alla totalità dei concetti più o meno come i concetti stanno alle singole cose”.
Così leggiamo dalla biografia dei BuiOmegA, metallers siciliani al debutto con “Decay“. La band fa parte di quella buona fetta di musicisti che, per raggiungere il proprio sogno, devono fronteggiare le difficoltà di un’autoproduzione. Ma forse… è proprio da un lavoro così gomito a gomito che arrivano le maggiori soddisfazioni.

Ciao ragazzi, benvenuti sulle pagine di Metal In Italy! Prima di parlare del vostro nuovo album, vorrei che vi presentaste ai nostri lettori. Chi sono i BuiOmega a quali le tappe fondamentali della vostra carriera?

BuiOmegA è anzitutto il frutto di una passione condivisa da cinque amici. Dopo anni di serate YT, film improponibili e calcio in streaming, abbiamo deciso di tirare su questo progetto senza particolari pretese, tranne quelle di divertirci e considerarlo come un qualcosa di “serio” (cosa che non siamo assolutamente al di fuori dal contesto musicale). Ognuno di noi aveva altri progetti più o meno attivi, ognuno dei quali diverso l’uno dall’altro. Poi improvvisamente la svolta e la decisione di entrare in sala e vedere cosa poteva realmente uscire fuori. Dopo il primo anno e mezzo di lavoro matto e disperatissimo in sala prove, ci siamo resi conto che le idee potevano funzionare e da qui siamo arrivati a “Decay”.

“Decay” è il debut album, che arriva quattro anni dopo l’EP “Portraits Of A Hellish Descent”. Come si è evoluto il sound della band in questo lasso di tempo?

Prima di parlare di evoluzione di suono tra “Portraits of a Hellish Descent” e “Decay” bisogna fare una precisazione: tutti e cinque abbiamo ascolti eterogenei e tutti e cinque non ci eravamo mai cimentati nello scrivere inediti di musica estrema. Ci capita molto spesso di passare da un brano dei Taake ad uno di Joe Bonamassa (per farla lieve). “Portraits of a Hellish Descent” è stata una tappa fondamentale per noi: ci ha permesso di renderci conto del punto in cui ci trovavamo, tracciando una strada che ci ha portato alla composizione di buona parte dei brani di “Decay”. Con l’EP ci siamo resi conto che le idee black/death funzionavano, ma anche che mancava qualcosa per renderlo interessante alle nostre orecchie. Abbiamo cercato di integrare con idee più sludge/post-hc, soprattutto nella voce e in alcune atmosfere. La durata media dei brani si è allungata e siamo stati decisamente più attenti all’andamento dinamico dei brani, cercando di dare coerenza a chi ci ascolta.

Come mai avete optato per l’autoproduzione dell’album?

La scelta dell’autoproduzione è stata dettata da una serie di fattori. In parte economici, in parte di tempistiche e situazioni extra-sala che si sono venute a creare nel corso del tempo. L’idea di base era quella di autogestirci nella produzione, sia pre sia post, non chiudendoci però ad eventuali possibilità di collaborazioni o proposte. Sicuramente il fattore che più ci ha scombinato i piani è stata la partenza all’estero di Mario Di Marco, il nostro primo batterista. I brani sono stati scritti e registrati con lui alla batteria e le riprese completate all’inizio dell’estate 2015. La sua partenza è stata un duro colpo per tutti noi. Abbiamo perso nel quotidiano un nostro caro amico e parallelamente un elemento fondamentale nell’equilibrio del gruppo. Abbiamo anche pensato seriamente di scioglierci, non avendo trovato la persona adatta a sostituirlo. Fortunatamente abbiamo trovato Francesco Paladino, ottimo musicista e bravissimo ragazzo che si è in pochissimo tempo integrato perfettamente nei meccanismi della band. Il suo ingresso ci ha dato entusiasmo e sicuramente nuove prospettive. Ecco la storia di “Decay”!

Tra l’altro oltre alle copie fisiche avete messo a disposizione il disco sulle piattaforme streaming ed in free download per la prima settimana. Questa scelta ha ripagato in termini di diffusione dell’album?

Per quanto riguarda la diffusione dell’album sicuramente abbiamo molto da lavorare per dare il meglio, specialmente tramite un’adeguata promozione live. La scelta di mettere l’album in free download ha ripagato bene, tanto che poi abbiamo deciso di mantenerlo tale. Allo stesso tempo c’è chi ha deciso di acquistare comunque l’album tramite offerta libera e ci ha fatto molto piacere.

Tornando a “Decay”, ci sono delle tematiche particolari trattate nei testi?

Le tematiche dei brani sono abbastanza eterogenee, alcuni risultano più descrittivi di altri. Ad esempio in “Rotten Eden” e “B_H”, abbiamo immaginato dei paesaggi marci e corrotti, al limite tra una visione e la descrizione di un ipotetico dipinto. Sicuramente con “Gaia” e “The Night Before” entriamo nel merito di questioni più relative alla decadenza dell’animo umano e dei suoi atteggiamenti distruttivi/autodistruttivi, anche nei confronti di quella che è la natura e il mondo in cui viviamo. Di sicuro non ci interessa parlare di quanto è buono/cattivo Gesù o il demonio.

C’è un percorso ben preciso che seguite in fase compositiva? Lavorate tutti insieme o si parte dall’iniziativa del singolo musicista?

La composizione dei brani avviene rigorosamente tutti insieme, in sala prove. Raramente qualcuno ha portato un riff da casa in quasi sei anni di lavoro. Valutiamo le idee di tutti, se ci sono. Se non ci sono, jammiamo fin quando non esce qualcosa su cui si può lavorare. Una volta creata la struttura dei brani, li si suona, li si ascolta e se ci sono modifiche da apportare le si votano in assoluta democrazia. Se qualcosa non ci convince ma non troviamo soluzioni, talvolta, arriviamo a mettere da parte l’intero brano. Se avessimo pubblicato tutto il materiale che abbiamo scartato, proprio perché non soddisfaceva tutti e cinque gli elementi, probabilmente avremmo altri due album all’attivo.

Qual è la situazione musicale nella vostra Sicilia? Ci sono locali disposti a far esibire band che non siano cover?

Per quanto riguarda la scena underground siciliana: sicuramente ci sono band di eccellenza, ragazzi che lavorano tanto e bene, a prescindere dal genere che scelgono di fare. Qualche coraggioso che sceglie di scrivere musica propria ancora c’è, ma sicuramente ad essere drammatica è la situazione live. Per esperienza possiamo parlare di Catania: non esistono locali che spingono di propria iniziativa l’underground e che danno con semplicità la possibilità di suonare. Zero. Esistono solo locali che ti “concedono” di usare la sala per suonare. E quando riesci a trovare quello che ha la serata libera, ha pure il coraggio di fare la cresta sul prezzo del biglietto (che non può superare i tre euro, se no molti preferiscono rimanere fuori… Ma questa è un’altra storia). Se vuoi suonare a Catania devi diventare tribute band, che sia dei Metallica o di Tiziano Ferro o degli 883 (perché si è visto anche questo!) poco importa. Quella che era considerata la Seattle d’Italia è morta e sepolta da quasi dieci anni ormai. Speriamo nelle iniziative di qualche gruppo organizzativo, come la VOV Eventi e la Tifone Crew, ma ci rendiamo conto delle difficoltà che sono costretti ad affrontare, oltre ai rischi. Speriamo qualcosa riesca a cambiare, anche se al momento siamo abbastanza scettici.

Prima di salutarvi vorrei conoscere quali saranno i vostri impegni nel 2018. C’è qualche attività promozionale in vista?

Abbiamo ripreso a scrivere dopo tanto tempo e sicuramente la nostra priorità è quella di entrare in studio entro l’anno. Stiamo lavorando bene e stanno uscendo fuori idee veramente interessanti. Sicuramente cercheremo di migliorarci, prendendo spunto da ciò che poteva essere fatto meglio in “Decay”. Non anticipiamo nulla sulle date e le tempistiche, l’unica cosa che possiamo dire è che quello che sta bollendo in pentola è sicuramente diverso rispetto a quello che abbiamo proposto fin ora. Non giudichiamo se è meglio o peggio, ma di sicuro usciamo felici e contenti dalla sala prove e questo fa ben sperare.

Bene ragazzi, vi ringrazio per il tempo che mi avete dedicato, a voi l’ultima parola, lasciate un messaggio ai nostri lettori. A presto!

Vi ringraziamo per lo spazio che ci avete concesso. L’unica cosa che ci sentiamo di dire è di sostenere la scena underground, sostenere chi scrive musica propria e chi ha il coraggio di dare voce alle proprie idee. Vi invitiamo ad ascoltare “Decay” sul nostro profilo Bandcamp, e presto anche su YouTube, e se per caso vi dovesse piacere fatelo ascoltare, condividetelo e cercateci sui Facebook e Instagram. Saluti!