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Hollow Haze: “Memories Of An Ancient Time” – Recensione

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Sesto disco in carriera per gli Hollow Haze, i quali con “Memories Of An Ancient Time” ci regalano un’opera dalle tinte diverse e dai toni che, sebbene ancorati a tratti operistici di fondo, si presenta sotto forme dai colori cangianti e con sfumature che assumono connotazioni differenti di volta in volta.

Dico questo perché, in seguito alla separazione dal singer Fabio Lione, i Nostri si sono affidati a ben cinque cantanti, ovvero Mats Leven, che svolge il ruolo primario, Rick Altzi, Amanda Somerville, Ivan Giannini e Claudia Layline, i quali con le loro diverse esperienze e timbriche conferiscono all’album un aspetto diversificato. Bisogna comunque precisare che ad agosto la band ha annunciato l’ingresso in formazione della cantante Giorgia Colleluori, il che lascia presagire ad una maggiore compattezza per le release future.

“Memories Of An Ancient Time” gode di una produzione superlativa, che mette ben in mostra le doti di tutti i musicisti, i quali svolgono il loro ruolo a servizio della band con l’obiettivo di creare qualcosa che rimanga ben impresso nella mente.

Dopo l’intro “Out In The Darkness”, gli Hollow Haze con “Rain Of Fire Light” calano subito il carico da novanta e colpiscono con un riffing serrato e tastiere che creano un’atmosfera epica, sinfonica, che trova la giusta soluzione in un chorus da cantare a squarcia gola. In primo piano, subito dopo la parte vocale, c’è sicuramente l’apporto di Nick Savio alla chitarra, il quale oltre a creare soluzioni ritmiche potenti ed articolate, ci delizia anche con parti soliste di gran pregio. Segue “Created To Live” e l’impressione di trovarsi dinanzi ad un album di spessore diventa sempre più insistente, anche in questo caso la formula rimane la stessa, in particolare il focus su ritmi indiavolati, opera di una sezione ritmica dalla precisione chirurgica che fa leva sul bassista Dave Cestaro ed il drummer Camillo Colleluori.

Con “An Ancient Story” i ritmi rallentano e l’atmosfera si fa più riflessiva, dilatata, regalandoci uno dei refrain meglio riusciti del lotto. Dopo l’intermezzo “A New Era”, caratterizzato esclusivamente da voci e synth, irrompe la battagliera “Night Is Calling”, il cui riff portante rappresenta una vera e propria discesa sul campo di battaglia. “Angeli Di Fuoco” si distingue dal punto di vista vocale per le strofe in italiano di Ivan Giannini, ma dal strumentalmente mantiene intatto il carattere epico dei brani precedenti. Tra le altre è da citare “Eyes Of The Spinx”, una ballad quasi acustica che si discosta da quanto proposto in precedenza e la conclusiva “Gate To The Ethernity”, tra tutte quella più introspettiva ed intima, la cui parte solista di chitarra mi ha fatto pensare a “Perpetual Burn” di Jason Becker.

Il sesto disco degli Hollow Haze dimostra ancora una volta che la band di Vicenza ha stoffa da vendere, sicuramente con una formazione stabile riusciranno a colpire ancora una volta nel segno.