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Krysantemia: “Finis Dierum” – Recensione

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Terzo album per i modenesi Krysantemia, i quali pubblicano “Finis Dierum” per Memorial Records e ci consegnano un prodotto ben realizzato, seppure nel solco delle citazioni dovute ai mostri sacri di Thrash e Death, sia di scuola americana che teutonica.

Tra le influenze da ricordare sicuramente Kreator, ma anche Carcass di “Heartwork”, in particolare nella traccia “Sadistic Possession”, ma anche i Metallica di “Fade To Black”, nella parte solista che conclude “Not Alone”, qui il richiamo è davvero evidente, arrivando in alcuni frangenti agli In Flames, come in “Incarnation”.

Con questo non voglio dire che i dieci brani contenuti nell’album siano una copia pedissequa di quanto appena citato, perché la band dimostra di aver imparato la lezione e riesce quindi a creare arrangiamenti di sicuro impatto, fatti di ritmiche quadrate, riffing serrato ed accattivante, che non disdegna comunque momenti melodici e riflessivi.

Apre le danze “In Corpus Diaboli”, una traccia dall’incedere arrembante che scandisce, attraverso ritmi sostenuti, l’assalto frontale messo in atto dai Krysantemia; a questo brano fa eco la title track “Finis Dierum”, anche qui il thrash metal tradizionale esplode in tutta la sua velocità, dimostrando quanto i cinque ragazzi siano comunque dotati di un’ottima padronanza degli strumenti. Ciò che balza subito all’orecchio è che la band si trovi decisamente a proprio agio quando si tratta di sfornare ritmiche tritaossa, salvo poi ampliare il proprio portafoglio compositivo prima con la strumentale “At Last” e poi con la seguente “Not Alone”. In questo caso le atmosfere sono più dilatate, le chitarre iniziano ad intessere progressioni di accordi che creano melodie a supporto del vocalist Svi, quasi sempre dai toni cavernicoli, ma in grado di dar vita a brevi ritornelli più pacati e quasi clean. Personalmente è questa la dimensione che preferisco dei Krysantemia, che ritroviamo nell’intermezzo “When The Sun Dies”, in “Try To Get Lost” e “Six Feet Away”, perché dimostrano quanto il combo modenese sia in grado di andare oltre i riff pestati presi in prestito dalle decadi passate.

Alla fine dell’ascolto di “Finis Dierum” si rimane comunque soddisfatti dalla proposta musicale, spero che in futuro decidano di dare più spazio a brani meno thrash old school e più moderni, come quelli che troviamo nella seconda parte dell’album, perché è in questi che si evince maggiormente la personalità della band.