Ottobre 2016. Concerto degli Angra a Roma.
Vi raccontammo un episodio: un fan che, stuzzicando un po’ troppo la mazzarella, come si dice in gergo, si era beccato una perentoria rispostaccia di Fabio Lione.
– Fabio Lione: un fan gli chiede dei colleghi. E lui risponde per le rime…
Per i fan dei Rhapsody (dagli albori ad oggi), non tutti fortunatamente, il dualismo Lione/Conti è sempre stato visto come un qualcosa da gettare nelle fauci della cronaca rosa. Probabile che chi s’intende di business musicale abbia quindi cercato di sfruttare al meglio questa falsa lotta intestina, regalando agli stessi fan il sogno di vedere Fabio Lione ed Alessandro Conti in un unico progetto.
A confermarlo è lo stesso Conti, voce dei Trick Or Treat ma anche dei Rhapsody di Luca Turilli, alla luce della nascita del progetto omonimo che ha portato all’uscita di un album dal sapore vagamente prog.
Ciao Alessandro, innanzitutto mi interessa capire la genesi del progetto Lione/Conti. Chi ha chiamato chi?
Io sono stato l’ultimo a sapere le cose. Prima è stato contattato Fabio da Frontiers che ha poi coinvolto Simone Mularoni per una collaborazione. L’intento era quello di creare qualcosa utilizzando entrambi i cantanti dei Rhapsody, in quanto all’epoca Lione era ancora nei “Fire”. Si volevano unire i due emisferi, con sonorità non vicine ma non completamente differenti.
Avete quindi portato le vostre voci e le vostre esperienze. La sostanza del progetto qual è?
La premessa è stata quella di fare qualcosa insieme, ma che non fosse una copia dei Rhapsody anche perché commercialmente poteva funzionare, ma artisticamente non sarebbe stata sensata. Abbiamo quindi creato un genere più vicino ai DGM di Mularoni, un prog abbastanza moderno. Fuori dalle mie solite corde e sono felice di aver potuto sperimentare un genere che normalmente non ho modo di cantare.
Lione e Conti insieme. C’era da lanciare qualche messaggio ai maligni?
Onestamente non è stato fatto per quello, ma va benissimo se serve a mandare questo tipo di messaggio. Io e Fabio ci conosciamo da 15 anni ed è stato lui a presentarmi a Turilli quando quest’ultimo cercava un cantante per un suo progetto solista. Poi le cose hanno preso la piega che hanno presso, ma il primo input è arrivato da lui.
Certo, non ci frequentiamo come vecchi amici, ma quando ci si incontra lo facciamo volentieri, c’è una stima reciproca. La competizione non c’è mai stata, se non nella mente dei fan che ci vedevano un po’ di gossip.
Tornando all’album. Che lavoro c’è dietro al songwriting?
Lì il lavoro è stato tutto sulle spalle di Mularoni. Noi abbiamo apportato qualche modifica, qualche cambio di linea, ma il grosso lo ha gestito tutto lui. Mi sono ritrovato a cantare un prodotto già pronto. Esattamente come succede con Turilli. Poi è chiaro che il proprio apporto si può sempre dare.
Direi che la mano di Mularoni si vede anche, banalmente, dalla scelta dei titoli…
E’ verissimo. Ci ho fatto caso anche io. Al contrario di ciò che accade nell’universo Rhapsody con titoli lunghi e descrittivi, qui Mularoni è stato essenziale nella scelta dei titoli, riempiendo però il resto con la musica.
Avete già parlato di possibili date live?
Sì, ma è ancora troppo presto. Bisognerà vedere i feedback di richieste da parte di pubblico e promoter. Ora Fabio è molto impegnato, anche con gli Angra. Poi immagino vorrà respirare un po’. Poi, dopo l’estate valuteremo le richieste se arriveranno.
Il discorso “feedback” riguarda anche un eventuale numero due?
Anche quello è da vedere. Se tutto va bene, non ci saranno problemi a lavorare ad un secondo album. Ed anzi, a quel punto sarà anche più facile imbastire un discorso “tour” perché ci sarà materiale sufficiente per riempire una setlist, anche se è vero che sicuramente si potrebbe fare un richiamo alle nostre esperienze alla voce “Rhapsody”. Sarebbe apprezzato dai fan.
A lavoro concluso, avendo scelto un selftitled, chi credi rappresenti di più?
Devo dire che è molto bilanciato, nessuno spicca sull’altro. E’ vero che il nome di Fabio, soprattutto all’estero, è sicuramente più famoso, ma credo che ne usciamo entrambi valorizzati. C’è stato un lavoro scrupoloso sui brani proprio per dare il giusto spazio ad entrambi. Non c’è una voce che sovrasta l’altra.
La scelta del selftitled non è stata nostra, ma mi trova d’accordo perché non c’è una canzone che identifichi il concept dell’album e poi perché valorizza l’origine del progetto che è quella di regalare un lavoro con due cantanti italiani insieme.
Sei soddisfatto?
Avoja, ce ne fossero.