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Luca Turilli: i Rhapsody, la malattia, la spiritualità. E quel sogno chiamato Hollywood

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Non invitatelo a bere un caffè. Non ci verrebbe. Ma non perchè sia snob. Luca Turilli è una delle persone più creative che la musica abbia mai consegnato agli annali e allo stesso tempo è un artista che ama viaggiare con se stesso, alla ricerca dell’intuizione che gli permetta di dare sfogo al suo genio.
Lo scorso 19 giugno è uscito via Nuclear Blast “Prometheus Symphonia Ignis Divinus” (la recensione), secondo album dei Rhapsody ed in questa intervista il nostro Luca si apre e si confida, raccontando cosa si nasconde dietro il suo lavoro, dichiarando che il suo sogno ora è Hollywood.

Ciao Luca, grazie per l’intervista ed ancora complimenti per l’album…
“Ma lo dici solo perchè sei amica di Alessandro (Conti) o ti piace veramente? (ride)”.

Ma ci mancherebbe! Non ho speso belle parole perchè è “lui”.
“Scherzo!”.

Ci sono voluti tre anni per concepire il secondo prodotto musicale dei tuoi Rhapsody. Un tempo neanche tanto lungo se vogliamo, Segno questo che c’era già del materiale pronto per questa seconda release?
“In realtà il lavoro su quest’album è stato solo di un anno. Per la prima volta ci ho messo un po’ più di tempo perchè mi sono preso io un anno della mia vita per creare uno studio come si deve che mi permettesse di comporre, di orchestrare, di arrangiare. Esattamente come fanno i grandi compositori di Hollywood, perchè con la mia compagnia vorrei cercare di sfondare in quel settore in qualche modo. In realtà credevo che mi sarebbero serviti solo tre mesi per costruire questo studio ed invece ci ho perso un anno e mezzo. Ma i risultati sono stati ottimi perchè ho potuto comporre il nuovo album dei Rhapsody, con tutti i vantaggi del caso”.

Quando dici “ho perso un anno e mezzo” è semplicemente un utilizzo sbagliato del verbo o davvero ritieni di aver perso del tempo che magari potevi impiegare in altro modo?
“No, figurati! Io già non ho il tempo di respirare durante il corso della giornata. Per esempio, stanotte ho dormito 3 ore. L’altra notte, cinque. Il tempo ha davvero più bagliore dell’oro, è incredibile! Utilizzo il termine “perso” perchè ci sono state delle difficoltà tecniche durante il set up di tutto il sistema informatico (tre computer da collegare, tutti i vari sistemi operativi che a volte non funzionano…). Comunque il risultato è fantastico perchè il mio tecnico tedesco mi ha detto che adesso come adesso è uno dei 10 sistemi più potenti d’Europa per creare orchestrazioni ed arrangiamenti. L’importante era l’obiettivo. Ora ce l’ho e posso davvero divertirmi per i prossimi anni”.

Quindi mi sembra di capire che le tue intenzioni future ti vedono proiettato, come dicevi, verso Hollywood e quindi, verosimilmente, verso un discorso legato prettamente alle colonne sonore?
“Sì, io credo che ci sia la possibilità di unire le due cose e di spingere anche i Rhapsody verso una parte di carriera rivolta principalmente ad Hollywood. Penso che una cosa tiri l’altra. Se sei un compositore ed hai una band dietro di te, ti viene da spingerla verso il campo nel quale ti stai cimentando, verso un progetto particolare”.

Raccontami un po’ dei tuoi viaggi. C’è un posto che ti ha colpito, che vorresti raccontare e non lo hai ancora fatto?
“Beh su questo album c’è “One Ring to Role Them All” che ho composto subito dopo essere tornato da un viaggio in Nuova Zelanda, invitato da un amico che mi ha fatto vedere un po’ di location dove hanno girato “The Lord Of The Rings”. E’ stata un’esperienza incredibile vedere quei luoghi, quei paesaggi naturali. Quando sono tornato ho sentito proprio la necessità di intrappolare quelle emozioni in un contesto sia musicale che lirico.
Ma sai cos’è? Io sono un tipo molto spirituale e quando resto a casa faccio i miei viaggi… di creatività! Non sono di quelle persone che sente per forza l’esigenza di uscire, di prendere aria. Ovviamente ci sono dei paesaggi naturali che io adoro. Io vivo a Trieste: è una città fantastica che io chiamo “la perla dell’Adriatico”. Ed è già questa un’oasi. Certo, giriamo tanto in tour e vediamo delle città meravigliose, ma preferisco sempre tornare a casa”.

Tornando all’album, il tuo genio cosa crea prima: melodia o testi? E poi mi interessava sapere come avviene la scelta delle citazioni nelle lyrics.
“Io mi considero un “canale”: se sei una persona molto aperta a livello spirituale senti proprio l’energia fluire dentro di te, per cui quando sei nel momento della creatività ed io sono sempre nel momento della creatività, anche adesso che sto parlando con te mi viene un’ispirazione…”.

E ti prego fammelo sapere se viene fuori qualcosa che poi me la vendo!
“(ride) Mi tocca pagarti i diritti! Comunque è un momento magico quello della creatività, dell’intuizione. Poi, sai, io ho fatto molte ricerche spirituali, pratico yoga, meditazione… Per cui quando vivi in questo modo ti si aprono nuovi orizzonti, capisci i misteri della vita. Ed ecco che mi risulta facile scrivere le lyrics perchè sono degli argomenti che sono proprio dentro di me. Per la composizione il discorso è particolare.
Siamo l’unica band in cui funziona così: parte tutto dai titoli. Scrivo delle parole sul mio laptop. Le lascio lì. Se dopo un paio di giorni quella combinazione di parole continua ad attrarmi, allora TAC, dico “sì, questo può essere un titolo per una mia prossima canzone” ed in quel momento c’è una fase di brainstorming con il mio cervello ed inizio ad immaginare gli strumenti, il tipo di melodia, le caratteristiche. E solo dopo prendo la chitarra o il pianoforte”.

Quindi se qualcuno dovesse indicare la tua musica con un’etichetta, che sia epic, symphonic o anche lo stesso cinematic, credo sarebbe molto riduttivo visto questo percorso che porta alla realizzazione finale…
“Sì… E’ una cosa di mercato. Quando sto componendo non mi creo il problema di cosa stia componendo e dove infilarlo! Però per noi era importante usare la parola “cinematic” per distinguerlo dal più inflazionato symphonic metal. Sono d’accordo con quello che dici. Alla fine sei costretto a darti un’etichetta perchè hai la casa discografica che te lo impone con il sorriso sulle labbra, ma io davvero non mi pongo il problema”.

Tra le particolarità dell’album c’è l’inserimento della voce originale del sensitivo Gustavo Adolfo Rol. E’ interessante sentire come tu abbia tramutato in musica quelle che erano le sue teorie. Raccontami un po’ di questa commistione.
“Per me Gustavo è un grande. Tante persone dicono “i presunti fenomeni paranormali”…”.

Sì, l’ho scritto io…
“(ride) Non sei solo tu! No, ma è giusto parlare di “presunti” se non si conoscono. In generale lo dicono persone che non conoscono il mondo spirituale. Tu fai yoga o meditazione?”.

Guarda, mi servirebbe…
“(ride) Già sapere che ti serve è un passo! Ma a me sono successi dei fatti incredibili che chiamerei soprannaturali che mi hanno spinto sempre più verso quella direzione. Nel 1993 mi hanno diagnosticato un tumore. Ero destinato a morire. I medici offrivano alla mia metastasi solo una durissima chemioterapia. Poi il miracolo è avvenuto. Ho iniziato anche a frequentare delle sedute di “dinamica mentale” (dove ho incontrato il mio ex collega Alex Staropoli con il quale abbiamo fondato i Rhapsody Of Fire): un corso per aumentare il rilassamento, le potenzialità psichiche… Per cui tutta la mia vita è stata un’altalena tra materiale e spirituale. Poi ho incontrato Gustavo (non fisicamente purtroppo) e per me è stato incredibile. Non posso spiegarti nei dettagli, ma quando poi fai yoga e meditazione con queste conoscenze, capisci che quei “presunti fenomeni paranormali” sono delle possibilità che ognuno di noi ha e che sono fatti veri”.

Per la promozione dell’album come vi state muovendo?
“A giorni annunceremo le date del nostro tour. Minimo ci saranno tre appuntamenti in Italia e poi tantissime date in giro per l’Europa e poi nel resto del mondo a partire dal prossimo anno. Insisteremo molto sull’aspetto live dei Rhapsody. Io mi sento più compositore che musicista da palco, ma devo dire che è una sensazione bellissima perchè ricevo tanta energia”.

Senti… ma ti farai mai tatuare da Alessandro Conti?
“No! Non sono per i tatuaggi. Mi piace il corpo “lindo”… Magari fra dieci anni mi ritroverai totalmente ricoperto! Ma adesso come adesso non ho mai avvertito lo stimolo di farlo. Però davvero… vorrei spendere una parola per Alessandro in questa intervista. Come tatuatore è una persona incredibile, ma lo è ancor di più dal punto di vista umano. Per entrare nei Rhapsody non è che devi essere un cantante per forza di cose bravissimo (io ho già lavorato con Fabio Lione che è uno dei migliori attualmente in circolazione)… e l’aver trovato un cantante come Alessandro, incredibilmente bravo, ma soprattutto una bella persona, positiva è stato un colpo di fortuna! Ti viene voglia di passarci del tempo, di uscire a berci insieme… e se te lo dico io che non esco mai è vero!”.