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Neid: “Atomoxetine” – Recensione

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neid atomoxetine artwork

Puro massacro sonoro, “Atomoxetine” dei Neid è uno di quegli album che torturano l’ascoltatore dalla prima all’ultima nota, senza concedere un attimo di respiro.

Il sound della band viterbese è profondamente legato alla tradizione Grind, ma con influenze Death/Crust che lo rendono decisamente dinamico ed accattivante. Brani velocissimi, non solo in termini di bpm, ma anche quanto a durata, dal momento che le composizioni superano i due minuti solo in tre occasioni. Non poteva essere altrimenti, visto il genere proposto.

I cinque ragazzi ci sanno fare, è vincente l’alternanza tra parti pestate fatte di blast beats e riff indiavolati con passaggi più cadenzati in cui a giocare un ruolo fondamentale sono sicuramente le chitarre di Angioletto e Giacomino, pesanti come macigni grazie a distorsioni corpose. Una nota di merito va rivolta alla produzione di “Atomoxetine”, perché i suoni sono molto compatti, non ci si perde in un marasma indefinito di strumenti, ma è possibile riconoscere il lavoro svolto da ogni singolo membro. Sicuramente non mancano i momenti di caos, ma si tratta comunque di un disordine controllato che fa parte della loro personalità.

Ovviamente nell’economia generale dei Neid impossibile non citare la sezione ritmica: Capò alla batteria è una macchina inarrestabile, così come il basso de Il Socio; ben si adatta al tappeto sonoro anche la voce di Guru Renato, sempre cavernicola ed arcigna che non disdegna passaggi leggermente più acuti, ma sempre catarrosi.

Non è necessario citare i singoli brani, perché la band è riuscita a creare un’ottima successione di tracce che rendono l’album scorrevole fino all’ultimo capitolo. Complice anche la breve durata, quasi non ci si accorge di essere giunti al termine ed è un peccato, perché i Neid si ascoltano con grande piacere. Album consigliato a tutti gli amanti del genere Grindcore.