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RockOn Fest: Photo e Live Report di sabato 6 agosto ad Empoli

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Serata particolare quella di sabato 6 agosto. Il Parco di Serravalle di Empoli non è abituato a vedere tutto questo movimento già dalle prime ore del pomeriggio, soprattutto se i soggetti sono omaccioni lungocrinuti alle prese con amplificatori, chitarre e tutto quanto l’occorrente per un concerto metal.
Già perché questa è la location per la prima edizione del RockOn Fest a cura di QuaRock / Loud n’Proud (quarta se consideriamo le edizioni 94,95,96 a cura dell’associazione Alla Deriva nella quale figurava Claudio Pino co-conduttore del programma metal di cui sopra) che, grazie alla collaborazione con il comune toscano e la P.A. di zona, sono riusciti ad organizzare un festival dedicato alla scena tricolore con bands affermate e nuove proposte.

Iniziare alle 17.30 con il sole ancora alto, zero soundcheck e poche persone davanti non è uno dei compiti più facili, ma gli Opera hanno adempiuto al loro dovere con professionalità. Hanno presentato quasi per intero il loro primo lavoro “La Ruota Del Destino” privilegiando un set più diretto tenuto conto delle band che avrebbero dovuto seguire: particolare la voce della cantante Deborah che in alcuni punti ricorda quella della grande Antonella Ruggiero, buona sezione ritmica ed un plauso al chitarrista Marco in grado di valorizzare le composizioni del gruppo pistoiese con il suo scintillante guitar work. Manca ancora un po’ di padronanza sul palco, ma questa verrà con l’esperienza.

Seconda band a salire sulle tavole del RockOn sono gli Haniwa, un terzetto fiorentino che ha fatto uscire da poco il loro album d’esordio “Helleven”, un mix di metal, thrash, groove che si impatta con i presenti. Il gruppo macina riff su riff, e dà in pasto ai (ancora pochi) ragazzi dietro le transenne buona parte del disco in questione: una sezione ritmica killer, dettata da ritmi vietati ai cardiopatici, detta la legge per tutta la durata del set riuscendo anche a coinvolgere il pubblico durante l’esecuzione dei due pezzi più corali, “Volcano” e “Haniwa”. Li aspettiamo alla prossima uscita live per confermarci quanto di buono abbiamo visto oggi.

Giocano in casa i Seventh Seal. Nuove facce si affiancano ai membri storici Pasquale e Chiara, ma tutto cambia per rimanere uguale: assenti dal mercato discografico da troppi anni ormai (il secondo “The Sacred Test” è datato 2008), attaccano con un medley di tre tracce dai due lavori editi “Lucifer’s Way / The Ways Of The World / A Fire Of Destruction”. Gli Iron Maiden sono una delle tante influenze, e questo lo si sente chiaramente nelle ritmiche e negli assoli a doppia chitarra (vedi la strumentale “The Prisoner”), ma il termine è troppo restrittivo, i ragazzi suonano heavy metal, e lo fanno nel modo migliore. Complimenti al gruppo per continuare a credere in un sogno che non è mai troppo grande.

Nuovo cambio di palco e nuove sonorità: minacciosamente sale Alessio, la montagna che si occupa del cantato e della sei corde dei Violentor. Il tempo di guardarsi intorno è giù con i riff pesanti come macigni, spalleggiato da quei due criminali della sezione ritmica, Iago – metronomo impazzito – e Riccardo. La band non fa prigionieri, un set veloce, serrato, con poche pause giusto per bere qualcosa, fortemente alcolico of course, e poi ancora a testa bassa snocciolando brani tratti dall’ultimo “Maniacs” e dai precedenti. Il pubblico, che intanto è aumentato, dimostra di gradire con l’unico pogo della giornata tra gli sguardi preoccupati di chi ad un parco ci va per passeggiare con il cane o la fidanzata.

Ancora un cambio di palco ed è il turno dei redivivi Hyaena capitanati da due storici personaggi della scena Metal Italiana, l’axeman Gabriele Bellini e il grande Ross Lukather dietro le pelli. La line-up viene completata da due new entry, la cantante Claire Briant (proveniente dagli Inside Mankind) e Isabella Ferrari al basso; la band, freschissima dalla pubblicazione di “Metamorphosis Rivisited”, per l’occasione ci propone l’intero album attraverso pezzi ormai storici come la title – track, “Wrathchild” e la loro versione di “Phenomena” dalla colonna sonora dello stesso film. Ora di cena, gli Hayena sotto gli applausi di un pubblico variegato composto non solamente da metallari, scendono dallo stage dopo aver regalato uno show con i fiocchi, decisamente migliore di quello proposto all’Acciaio Italiano lo scorso Maggio; lo show di Empoli conferma la bontà di questa band ormai considerata di culto nel panorama Old School Metal Italiano.

L’HM tricolore degli anni ’80 è protagonista per certi versi e dopo gli Hyaena, salgono sul palco i Crying Steel, band storica bolognese di nuovo in gran lustro con una line – up leggermente modificata. Troviamo infatti come cantante il giovane Francesco Grandi, al suo fianco lo storico axeman Franco Nipoti, il drummer Luca Ferri e il bassista Angelo Franchini, e l’altro chitarrista JJ Frati ormai tra le fila della band dal 2014. Lo show dell’ “Acciaio Piangente” parte con dei pezzi ormai trentennali quali la storica “Defender” e “Shut Down” per poi proseguire con un repertorio fatto di tracks recenti tratte dagli ultimi due lavori, The Steel Is Back e Time Stands Still. Uno show veramente entusiasmante che mostra il talento sia di Grandi, vocalist giovane e dalle ottime qualità, sia nel complesso di una band che sta vivendo una seconda giovinezza, grazie ai molti show che hanno tenuto in questi ultimi anni (mi ricordo di averli visti lo scorso anno all’Exenzia e al Monster Of Roccolo di San Giustino).

Ancora un cambio di palco e questa volta è una rimpatriata di famiglia a regalarci quasi un’ora di Heavy Metal tout court: Ancillotti. La band fondata dall’iconico Bud della Strana inizia lo show con qualche minuto di ritardo per un piccolo problema tecnico dovuto al suono di basso di Sandro, ma fortunatamente tutto si risolve e il pubblico ormai impaziente viene immediatamente accontentato dal fragore proveniente proprio dai quattro che attacca con “Monkey” e prosegue con brani vecchi e nuovissimi, come “Fight” e provenienti da “Strike Back” prossimo alla pubblicazione. Il resto è un tuffo nel passato – non troppo remoto – di una band ormai divenuta una piccola grande realtà del Metal toscano e non. Quaranta minuti di assalto sonoro all’insegna dell’Heavy Metal più puro e incontaminato, aiutati dall’ospite Leo Milani della Bud Tribe, attraverso cavalli di battaglia come la portentosa “Victims Of The Future” e le rabbiose “Legacy Of Rock” e “Warrior”. Bud & Soci (anzi parenti !!) finiscono lo show con un inno al mondo Metal, la veloce “Bang Your Head”. La band si congederà per un po’ dai palchi fino al prossimo 1° ottobre, data in cui i nostri presenteranno il nuovissimo disco “Strike Back” nella prestigiosa sede dell’Exenzia di Prato. Non mancate all’appuntamento.

La serata si avvia verso la conclusione, è ormai mezzanotte passata quando sul palco si inizia a intravedere qualche faccia molto nota ai fan del Prog-Power Italiano. Una band storica attiva ormai da venti anni che è riuscita a costruirsi una gloriosa carriera e a scrivere pagine importanti per la storia del Metal Italiano. Gli Eldritch che chiudono con il botto l’evento, forti di una scaletta – seppur rimaneggiata durante lo show per via degli orari stretti – composta da pezzi provenienti dagli ultimi tre dischi. Si parte alla grande con “Inside You”, brano da 90 che apre “Tasting The Tears” del 2014. La presenza sul palco dell’onnipresente Terence Holler, riconoscibile con cappellino e occhiali neri, ormai una costante nei suoi live, riscalda un pubblico che si lascia coinvolgere dallo show dei toscani. La scaletta varia da pezzi in promozione da “Underlying Issues” (“Broken”, “Danger Zone”, “The Face I Wear”) fino ad un repertorio meno recente, passando per un finale a sorpresa che vede la partecipazione di Bud Ancillotti per una straordinaria e sentita versione di “Unknown Soldier” della Strana Officina che per l’occasione viene dedicata alla memoria di Fabio e Roberto Cappanera e al padre di Terence, scomparsi venti anni fa.

Uno show con i fiocchi a dimostrazione di come il nostro Metal abbia tanto da dire e mostrare al mondo. Otto band così differenti tra loro che si sono avvicendate su un palco, suonando con tanta passione e amore verso un qualcosa che da sempre tiene unite generazioni e classi diverse. Si sono visti metallari, semplici ragazzini divertirsi sotto il palco e spettatori comuni stupiti da ciò che si manifestava davanti a loro. Un successo sotto tutti i punti di vista, con qualche problema tecnico certo, ma passabile di fronte all’impegno con cui tutto è stato organizzato.
Ci vediamo al prossimo anno.


Report a cura di Luca Guiotto e Sonia Giomarelli

Photo Galley a cura di Luca Guiotto:

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