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Scum: “Humana” – Recensione

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Sette tracce malvagie, oscure, ossessive ed opprimenti, così possiamo sintetizzare “Humana”, nuova fatica discografica degli Scum.

Il loro sound è caratterizzato da ritmiche cadenzate, di chiara estrazione Djent/Deathcore, ma che non disdegano accelerazioni di matrice Thrash, a testimonianza di quelle che sono le radici della band. Thy Art Is Murder, Fit For An Autopsy e gli onnipresenti Meshuggah sono i nomi che vengono in mente ascoltando le tracce contenute nella track list.

La forza degli Scum risiede soprattutto nelle ritmiche, con alternanza di riff che fanno largo uso di palm muting ed altri più articolati, a volte arpeggiati/distorti, che danno vita a linee melodiche sinistre e claustrofobiche. Da rimarcare anche gli assoli di chitarra, che non sono mai invadenti o preponderanti, mantengono il giusto equilibrio e ben si amalgamano con il tessuto musicale. Ottimo il lavoro svolto da basso e batteria, con quest’ultima che detta i tempi delle tracce e sottolinea le accelerazioni. Di rilievo la resa sonora, “Humana” gode di una produzione cristallina ed un suono corposo, merito di Stefano “Saul” Morabito e dei suoi 16th Cellar Studio.

Come giusto che sia, le parti vocali sono perennemente in growl, letteralmente vomitate sull’ascoltatore, accennando in qualche episodio anche a brevi parentesi vagamente melodiche, come nella conclusiva “Humana”.

Ad eccezione dell’opener “We Are The Fallen”, costituita da campionamenti, gli Scum hanno tirato fuori sei brani monolitici, che procedono lentamente, ma distruggono tutto ciò che incontrano sul loro cammino. Gli amanti dei generi e delle band citate in precedenza non potranno non amare “Humana”.