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SIAE: il colosso che crolla. Soundreef: il nuovo che avanza. I pareri dei musicisti

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Un po’ come il canone RAI, un po’ come la vecchia SIP, un po’ come la TIM all’uscita del primo Motorola… ma con il tempo, benchè i colossi siano stati creati per detenere i monopoli e siano tutelati (ancora oggi) dalla politica, il progresso ha avuto la meglio lasciando all’utente finale un dono: la scelta.
In un mondo fatto di sigle i cui veri acronimi diventano poi oggetto di scherno c’è chi si rimbocca le maniche e decide di sfidare i colossi, i quali continuano a vivere grazie alle spalle coperte e a quella che viene chiamata a volte esperienza, a volte longevità, a volte vecchiume.
Nel caso della musica tutti noi sappiamo che esiste la SIAE, ovvero la Società Italiana degli Autori e degli Editori, ente istituito nel 1882, oggi presieduto da Filippo Sugar con un bilancio di 3,5 milioni di euro di risultato di esercizio su 195 milioni euro di proventi.

La SIAE tutela il diritto d’autore e, come riportato dal sito dell’ente stesso “Il diritto d’autore non è una tassa ma è un diritto del lavoro”. Nobili intenzioni che però stanno crollando con l’avanzare della concorrenza la quale, ostacolata da un regime che tende a tutelare chi c’era prima, punta sull’innovazione dimostrandosi più al passo con i tempi e probabilmente alle esigenze degli artisti di oggi.

Oggi si parla ad esempio dell’exploit di Soundreef, società costituitasi nel Regno Unito nel 2011, arrivata in Italia nel 2014 e che offre servizi alternativi a quelli delle tradizionali società di gestione collettiva dei diritti d’autore.

Perchè SIAE sta perdendo pezzi?
A detta di chi abbiamo interpellato per aiutarci a redigere questo articolo, SIAE offre un sistema poco pratico che si perde nei meandri della burocrazia, oltre ad essere definito troppo costoso per gli autori stessi.
Facciamo un esempio.
Se deposito i diritti in SIAE per il mio album dovrò, com’è noto, apporre il bollino, ovvero il contrassegno che certifica che quei miei contenuti sono protetti dalla legge sul diritto d’autore. In termini percentuali la SIAE si “prende” il 7,4% sul prezzo di vendita al pubblico. Se il mio cd costa 10 €, a loro vanno 0,74 centesimi. Ciò che avanza però non va in tasca ma suddiviso tra distributore ed altre royalties: in tasca, di quel cd, a me andranno 80 centesimi a copia.

Molti artisti richiamano l’attenzione proprio sul sistema di ripartizione dei costi e del guadagno praticamente nullo che ne deriva.
Tra i musicisti interpellati da Metal In Italy sull’argomento questa è la storia di un artista, cantante di una prog band italiana ed insegnante di canto:

Siamo stati in SIAE fino al 2008, poi abbiamo fatto la disiscrizione perché al tempo anche chi era sotto i 30 anni pagava (ora in SIAE sotto i 30 anni non paghi).
Poi quando c’è stato il boom di Soundreef ci siamo informati e siamo passati a Soundreef.
Il grosso lo fa il tipo di spettacolo e l’attendance a livello di target: lo stesso concerto con 100 persone o 500 persone può costare dai 120€ ad oltre 500€.
Questi i costi con i quale il gestore/organizzatore “acquista” il borderò ed i permessi SIAE per lo svolgimento del concerto.
Poi ci sono costi per ogni cosa, per la musica nel locale, perfino per i matrimoni che sono feste private, ci sono dei costi.
Costi differenti li hanno i DJ e le riproduzioni musicali da disco…

Per quanto riguarda il ritorno all’artista, si parla di cifre irrisorie, tant’è che fino al 2008 che sono stati gli anni in cui più abbiamo suonato nei “baretti”, ed in particolare in Italia (quindi compilando regolarmente i borderò)…alla fine della fiera malgrado tanti, tanti concerti, i soldi non arrivavano e anzi avevamo delle spese che al tempo si aggiravano attorno ai 180€ annui. Che per 5 ragazzini che suonavano per divertirsi e studenti senza lavoro stabile, erano tanti.

In sostanza, con i soldi derivanti la SIAE siamo SEMPRE andati in perdita se non in pochissime occasioni in cui magari andavi in pari di pochissimo.
Ora c’è da dire che sotto i 30 anni iscrizione e depositi sono gratuiti, il che non è male, ma superati i 30 si ripone il problema…oltre al fatto che dal lato tecnologia c’è una grossa arretratezza: ormai nella maggior parte delle agenzie di deposito (Soundreef, Patamu come molte altre ester) è sufficiente caricare la pubblicazione (la registrazione vera e propria), mentre in SIAE il format prevede ancora il deposito del foglio di carta, con allegato disco, con allegata partitura scritta. Permettimi il francesismo: una rottura di coglioni con i tempi e le possibilità attuali, aggravata dal guadagno praticamente nullo.

Soundreef ha due grosse comodità:
1) è gratuito
2) è internazionale
la scomodità è che deve fare tutto l’artista.
Vai in radio? Se vuoi i diritti devi tu fornire alla radio un tuo borderò che poi la radio deve pagarti separatemente.
Suoni dal vivo? Prepari il borderò prima, poi tu lo dai a compilare all’organizzazione.

Una cosa che mi è ignota è quello che avviene quando l’organizzatore inconscio prepara un borderò SIAE e me lo fa compilare…i soldi poi dalla SIAE vengono girati a Soundreef? Ho i miei dubbi.
Fatto sta che con Soundreef se io non mi occupo di preparare il borderò e fare le richieste, non arriva niente…ma allo stesso tempo nessun paga una tassa SIAE che non dovrebbe essere pagata.

Quindi siamo passati a SoundReef sia per una questione di praticità, che di internazionalità (se giro il borderò a un agenzia straniera che organizza date, lo paga e i soldi arrivano tramite paypal), sia di costi.
I guadagni e i costi sono simili per chi “paga” eh.
Non c’è un grosso vantaggio a stare da un lato o dall’altro sul piano dell’artista o dell’organizzatore…ma almeno di là non ho costi, ho internazionalità e ho un rapporto diretto con le mie royalties”.

Questa invece l’esperienza di un altro musicista interpellato, chitarrista di una groove metal band:

Ci siamo iscritti a Soundreef nel 2014, principalmente perchè cercavo un’alternativa alla SIAE
In linea di massima il vantaggio c’è eccome: innanzitutto le ripartizioni delle royalties sono analitiche, in più tutta la situazione è molto più snella e pratica, non c’e burocrazia, uffici sporchi che puzzano di nicotina, ecc
per dirti…
Dal punto di vista dei costi Soundreef trattiene una percentuale precisa (mi pare il 20 o il 25%) il resto va all’artista tutto in tempo (quasi) reale e in modo analitico, cioè sai che dalla serata x hai preso y di diritti.
Viceversa la SIAE su 3.500 euro di borderò ne fa arrivare all’artista forse 1.000 – 1.200 (se è fortunato).
Il bollino va applicato per legge su tutte le copie distribuite (omaggio e vendita): i costi sono differenti se l’opera è di un autore SIAE o no. Nel primo caso un bollino costa (vado a memoria) intorno agli 0,90 (vendita) o 0,50 (omaggio), nel secondo caso si parla di pochi centesimi (tra i 3 e i 10 cent a bollino). In pratica, per un autore SIAE, è come se pagassi una quota di diritti direttamente a se stesso.
L’artista medio, se gli va bene, copre le spese di associazione con i proventi dei diritti.
In ambito underground ti lascio immaginare…
Invece Soundreef sotto questo punto di vista è decisamente più conveniente. Quando lo inizieranno a capire anche i gestori dei locali e gli organizzatori di eventi sarà una gran cosa. Per dire: se tu locale fai suonare un gruppo Soundreef, devi pagare Soundreef. Ma se lo dici ti guardano con sospetto e cominciano a fare mille problemi: “eh ma il controllo SIAE” “eh ma la SIAE è obbligatoria(!)” “eh ma il verbale”.
Diciamo che la SIAE si è molto adagiata sul fatto che leggi e regolamenti in materia sono complessi, non lineari e anche abbastanza datati.
La forza residua della SIAE, oggi, sta in questo: nel catalogo praticamente sterminato e negli accordi con le società di collecting estere.
Oggi sulle radio commerciali al 95% è tutta roba SIAE.
E’ ora che qualche locale cominci a capire che SIAE non è un obbligo ma una sua libera scelta alla pari di Soundreef. Noi ci siamo passati, più che per una questione economica, per avere la soddisfazione di acchiappare l’ispettore SIAE di turno e poter dire “i nostri diritti sono gestiti da Soundreef”… e fidati, nell’underground è già una bella soddisfazione!”.

C’è invece chi preferisce non uscire dal seminato e percorrere la strada che per molti sembra sicura.
Dice il bassista di una prog band del nord:

Abbiamo certificato tutto il nostro album con la SIAE, (canzoni e testi). La SIAE vuole essere subito pagata entro la fase di stampa del cd per applicare il bollino (destinato alla vendita) e accaparrarsi una piccola percentuale a cd che devi pagargli subito “a prescindere” se lo venderai o meno. Considerando che la prima stampa che abbiamo fatto era di 300 copie volevano subito i soldi (nella fase di stampa) per applicare i bollini e confermare la certificazione SIAE con antipirateria annessa.
A fine anno ciò che guadagni dalle vendite è tuo… Ma parto già in passivo..
Comunque noi l’abbiamo fatto principalmente per essere in regola e rispettare le leggi.. Ma conosco band che piuttosto Che affiliarsi alla Siae pagano la RIAA od altri enti internazionali per la tutela dei diritti del musicista… Cmq si.. La Siae offre come nel regolamento vari modi per la tutela dei diritti, noi abbiamo usato il più risolutivo: (paghiamo subito). E alla domanda “Se potessi, cambieresti”, la risposta è “Sì”… (troppe spese, poca tutela, poco guadagno)”.