Home News Steve Vai: l’incontro, le tecniche e com’è nata “For The Love Of...

Steve Vai: l’incontro, le tecniche e com’è nata “For The Love Of God”

SHARE

“Un brano non uscirà mai dalla vostra testa perfetto al primo colpo, chiunque voi siate. Per questo non vi demoralizzate”.

Dopo aver assistito alla Masterclass di Steve Vai, unico appuntamento italiano tenutosi al Cinema Teatro Mangoni di Isola Del Liri (FR), organizzato da Industrie Sonore, sono tornato a casa con questa frase nella testa.

Sul palco non c’era solamente l’ “Alieno”, il chitarrista di successo, quello che ha collaborato, tra gli altri, con Frank Zappa ed Ozzy Osbourne, ma c’era anche l’uomo, che affronta le difficoltà legate alla composizione, alla necessità di tirare fuori canzoni che possano rimanere impresse nella mente.

Steve Vai rompe il ghiaccio con due brani, per poi lasciare spazio alle domande dei presenti in sala. Una delle prime è stata quella di un chitarrista che gli ha chiesto: “Come posso imparare a pensare fuori dagli schemi? Come vincere il timore di salire sul palco?”.

Steve, senza esitare, lo invita on stage e gli fa imbracciare una chitarra, indicandogli tre note: “Io porto la ritmica, tu utilizza esclusivamente queste tre note per la parte solista”. Panico…
Chiunque, intimorito dal palco e dalla presenza di una colonna portante della sei corde, sarebbe andato in tilt. Ma non è stato così: dopo le prime battute, confinate in licks standard, il ragazzo ha imparato ad osare, usando anche le dinamiche, senza timore, prendendo confidenza.

Non è stato questo l’unico spunto che mi è rimasto impresso, perché mi ha colpito anche uno dei metodi utilizzati da Steve per la composizione dei brani: lo smartphone. Ebbene sì, la moderna tecnologia in aiuto dei musicisti! Abbiamo ascoltato diverse idee, registrate con il microfono del telefono, suonate con la chitarra o semplicemente cantate, accennate con la voce. “Non abbiate timore, registrate qualsiasi cosa, perché all’inizio vi sembrerà senza senso, che non vi porterà a nulla di buono”.

Le melodie registrate, a detta dello stesso Steve, nella maggior parte avevano un suono tremendo, proprio perché realizzate come promemoria: “L’ispirazione può venire in qualsiasi momento e se non ne prendete nota, potreste dimenticarla”. È stato proprio questo il metodo che ha utilizzato per creare uno dei suoi brani più conosciuti: “For The Love Of God”. Tra le migliaia di registrazioni archiviate, ovviamente anche con altri metodi visto che il brano è presente su “Passion And Warfare” del 1990 e all’epoca non c’erano gli smartphone, c’era una linea melodica, appena accennata, che giaceva su uno scaffale, ancora in fase embrionale. A distanza di anni, riascoltandola ebbe l’illuminazione, riuscì a trasformarla in uno dei suoi pezzi più famosi.

Tra le domande non poteva mancare quella sulla collaborazione artistica più importante, alla quale Vai ha risposto senza esitazione: Frank Zappa! Ha raccontato che con lui bisognava pensare continuamente fuori dagli schemi, lavorare su tempi dispari, cercare ritmiche inconsuete, una vera e propria prova di forza per un giovane chitarrista, anche perché era in grado di rimanere in studio anche nove giorni di fila, senza sosta. Ha ricordato con piacere anche l’esperienza con Ozzy Osbourne: “Sono stato tre mesi in studio con lui, sono contento e fortunato per esserne uscito vivo”.

“Il primo brano che ho composto si chiamava “Hot Chocolate”, avevo quattro anni, alla chitarra c’era mia sorella, di poco più grande di me, io alla batteria”. Così Steve Vai ha raccontato del suo esordio, un brano “tremendo”, ma del quale, a distanza di tanti anni, ancora ricorda le parole. Questo ha sottolineato ancora una volta il lato umano di un musicista che ha lasciato, e continua a lasciare, la propria firma nel mondo della musica.

La Masterclass, iniziata alle 20:30 dello scorso 21 marzo, è terminata dopo oltre due ore, letteralmente volate, coronata da una jam session con alcuni chitarristi presenti in sala.

Successivamente c’è stato il meet & greet, riservato ai primi duecento che avevano acquistato il biglietto, grazie al quale sono riuscito a far autografare la mia Ibanez Jem 77BFP, in mio possesso dal lontano 1993 e tenuta ben nascosta, per non correre il rischio di essere chiamato sul palco, vista l’avventura vissuta dal ragazzo citato in apertura!

L’impegno profuso da Industrie Sonore è stato ben ripagato da un pubblico numeroso, partecipe, che ha assistito ad una performance straordinaria, in un ambiente molto informale ed intimo.

Ph: Jessica Colantonio, Giovanni Tomaselli