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As Mercy Comes: “Prison” – Recensione

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Non capita spesso che una band a poco di un anno dalla formazione riesca a debuttare con un album valido e ben realizzato, è questo il caso dei partenopei As Mercy Comes, che iniziano il 2015 con la pubblicazione di “Prison”, per This Is Core Records.

Il sound dei Nostri è molto legato ai canoni del Metalcore, ponendo in primo piano immancabili breakdown tritaossa, passaggi più veloci e frangenti maggiormente melodici, che restano comunque sofferti e tirati grazie alla voce catarrosa del singer Yuri. Non si tratta quindi di una release che rivoluziona un genere ampiamente diffuso, ma ci consegna comunque una band in grande spolvero e con le idee ben chiare, che dimostra di avere dimestichezza e coesione in fase compositiva.

Stilisticamente gli As Mercy Comes non hanno nulla da invidiare ad acts più blasonati d’oltreoceano, forti anche di una produzione che valorizza al meglio il lavoro svolto dalle chitarre di Vincenzo ed Ennio, così come il potente impatto della sezione ritmica costituita dal basso di Stefano e la batteria di Danilo. Sin dalle prime note di “When I Fall” emerge tutto il vigore del quintetto: la voce di Yuri irrompe supportata da un riffing sostenuto la cui linea melodica accompagnerà tutto il brano. Più imperiosa nei breakdown la seguente “The End”, mentre “Monologue” si contraddistingue per una maggiore vena introspettiva che si traduce in atmosfere più sofferte e malinconiche. In “Beast” a mettersi ancora in mostra è il songwriting dei due axemen, i quali riescono ad intessere trame melodiche articolate ma allo stesso tempo di facile presa.

Sofferenza e conflitto interiore si materializzano anche in “No Love No Hate”: l’incipit è affidato alle onde del mare che si infrangono sul bagnasciuga, chitarre clean che dialogano tra loro prima dell’esplosione distorta che ci catapulta direttamente in un turbinio di emozioni intense. Continuiamo l’ascolto con “607”, “Scared”, “Stay Away” e la conclusiva “Prison”, brano che rappresenta più di tutti l’anima degli As Mercy Comes. Da questo ultimo capitolo del debutto discografico affiorano tutte le sfaccettature della band campana e l’ascoltatore si ritrova nuovamente a fare i conti con i propri demoni, con le proprie paure e la sofferenza interiore.

“Prison” testimonia l’impegno che il quintetto ha messo in campo per realizzare un album maturo, segno di una grande sintonia tra tutti i musicisti. L’auspicio è quello di rendere ancora più personale la proposta musicale, di trovare quel trademark che li renda pienamente riconoscibili sin dalle prime note. Una cosa è certa: gli As Mercy Comes con questi pezzi metteranno di sicuro il palco a ferro e fuoco.