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Scuorn: “Parthenope” – Recensione

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Descrivere a parole “Parthenope”, il debut album di Scuorn, equivale a sedere sui banchi di scuola con un libro di epica e tradurre in prosa i versi di un poema epico. Il confronto riesce a rendere l’idea di quanto sia complessa la prima release della one man band partenopea di Giulian Scuorn, unica mente dietro a questo progetto.

“Parthenope” è un album che affonda le proprie radici nel Black Metal, ma che presenta al suo interno contaminazioni Death e sinfoniche di grande valore, intrise di una profonda conoscenza di miti, leggende e personaggi le cui gesta sono narrate in poemi dall’indiscusso valore. Come già detto, la base su cui poggia l’opera di Scuorn è quella Black, ma l’inserimento di strumenti tipici della tradizione partenopea e melodie che fanno riferimento alla stessa, rendono la release davvero unica nel suo genere.

È impossibile definire quale tra le tracce sia la più rappresentativa, perché questo lavoro si presenta come una narrazione unica, che riesce a collegare tra loro tutti i brani, alternando momenti più ragionati ed atmosferici ad altri più pestati. Il filo conduttore è sicuramente nei testi in dialetto napoletano, con passaggi in italiano e latino, che riescono a rendere la narrazione più accorata e coinvolgente. In questo contesto è d’obbligo la citazione della title track “Parthenope”, traccia nella quale Diego Laino degli Ade riveste il ruolo di Ulisse, Tina Gagliotta dei Poemisia è Parthenope, mentre Libero Verardi è Polite. I tre mettono in scena il momento in cui Ulisse chiede a Polite di essere legato all’albero maestro della nave, perché vuole ascoltare il pericoloso canto delle sirene, chiedendo di non essere liberato per nessun motivo. Questi versi tradotti in napoletano riescono a conferire all’intera release un’aura epica di grande valore, se fossero stati recitati in italiano non avrebbero reso con la stessa intensità emotiva.

Dimenticate le atmosfere glaciali, fredde e distaccate tipiche del Black Metal e preparatevi ad abbracciare una release che riesce ad unire estremismo sonoro, tradizione folkloristica e riferimenti epici, perché “Parthenope” è questo e molto altro. Giulian ha accuratamente scelto i propri collaboratori, tra i quali ricordiamo Riccardo Studer (Stormlord) che si è occupato delle parti orchestrali e del bonus CD, contribuendo a rendere il racconto maestoso ed imponente. “Parthenope” è un album che “chiede” di essere ascoltato più volte e con la massima attenzione, perché ad ogni passaggio l’ascoltatore riesce a carpire nuove sfumature.

Registrazione, mix e mastering sono avvenuti presso i 16th Cellar Studio di Stefano “Saul” Morabito, una garanzia di qualità quando si parla di resa sonora ed in questo caso il perfetto equilibrio tra tutti gli strumenti era d’obbligo, proprio per far sì che l’ascoltatore potesse godere di tutte le sfumature. Album consigliatissimo.