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Rebirth Of Enora: “Downgrading” tra Metal, Hardcore, Symphonic ed Electro

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rebirth of enora

I Rebirth Of Enora sono una band che nasce già grande, con le idee ben chiare su quello che deve essere il loro sound, ma al contempo sono un progetto in continuo divenire, che ama rinnovarsi continuamente. Nel loro Symphotronic-Core non è solo un’etichetta, ma un vero e proprio tratto distintivo, scopriamo insieme al bassista Enrico Dolcetto tutte le sfumature dei Rebirth Of Enora.

Salve ragazzi! Vi diamo il benvenuto sulle pagine di Metal In Italy. Lascio a voi la presentazione della band, chi sono i Rebirth Of Enora e da dove nasce il nome della band?

Ciao! Tutti i RoE vi salutano e vi ringraziano!
I RoE sono Daniele Finardi, frontman della band, Nicola Franciosi, chitarra e cori, Francesco Gessi, batterie e cori, ed Enrico Dolcetto, basso e cori, che vi sta scrivendo.
La nostra base operativa è Ferrara.
Il nome rispecchia il concept della band, che spiegheremo più sotto, sintetizzandolo come la rinascita della forza rinnovatrice del mondo, “Enora” appunto, che cerca di farsi largo attraverso il declino strutturale di tutto ciò che la circonda.

Nel 2012 avete dato alle stampe il vostro primo lavoro, “A New Dawn”, adesso tornate sulla scena con “Downgrading”, dimostrando di avere ben chiare le idee su quella che deve essere la linea musicale da seguire, come siete riusciti a trovare subito la quadratura del cerchio?

Beh, “la quadratura del cerchio” è forse un’espressione troppo grossa, diciamo che abbiamo individuato un percorso da seguire che ci riempie di stimoli e nuove possibilità. Anzi, ci sentiamo più che mai in continuo divenire, soprattutto nella scrittura del nuovo materiale che ci sembra già prendere le distanze da “Downgrading”, conservandone le radici. Diciamo che ci annoiamo in fretta.

Sebbene il vostro sound venga inquadrato genericamente nel filone Metalcore, voi vi definite Symphotronic-core, come siete giunti alla formulazione di questa definizione?

La componente sinfonica ed elettronica è parte integrante del nostro sound, come la forte componente corale. Ci siamo sentiti in dovere di coniare nuovi termini come questo nel momento in cui ci siamo accorti che i nostri brani non risultavano più gli stessi se privati di quella componente: se manca, non manca solo un bel cappello o un dettaglio stilistico, manca proprio un braccio, una parte funzionale del corpo della nostra musica.

I sette brani che compongono la tracklist mantengono una formula stilistica costante, ma ce n’è uno, o più di uno, al quale vi sentite particolarmente legati? E’ per caso “Rebirth Of Enora”?

Ogni brano è per noi un figlio, è stato profondissimo il dolore che abbiamo passato nel scegliere il singolo per il video haha, eravamo davvero quattro madri addolorate.
Scherzi a parte, non credo ci sia un vero e proprio brano preferito della band, ognuno ha il suo al quale è particolarmente legato per questioni personali, io ne ho più di uno.

Avete avuto modo di confrontarvi anche con band di caratura internazionale? O comunque avete avuto anche dei pareri al di fuori del suolo italico?

I social network ci hanno permesso di avere pareri estremamente positivi da tutte le parti del globo, ne siamo davvero entusiasti, ma anche per l’Italia non ci lamentiamo. Stiamo cercando opportunità per poter portare di persona le nostre idee all’estero, in tournée.

La complessità delle orchestrazioni richiede sicuramente un grande lavoro di squadra, ma da chi nasce l’ossatura dei brani? I Synth entrano in gioco in un secondo momento, oppure sono parte integrante del processo compositivo?

Tutti i brani nascono da un piccolo “seme”, a volte un giro armonico interessante, una melodia, oppure un vero e proprio pezzo chitarra basso e batteria. Altre volte invece nascono direttamente da idee di orchestrazione/synth programming, quindi c’è una totale sinergia di tutte le componenti, dalla ritmica ai cori ai tromboni.
Ovviamente la fase di synth programming richiede una cura particolare, così come le orchestrazioni e i cori, ma siamo un team affiatato e ricco di idee.
Inoltre è stato provvidenziale l’aiuto di Eddy e Beppe dei dysFunction studios, pazienti e perfezionisti come noi, dobbiamo a loro molto di “Downgrading”.

Ci sono delle band che esercitano una qualche forma di influenza sul vostro stile? Sia a livello italiano, se ve ne sono, che internazionale?

Abbiamo tutti influenze di ascolto molto disparate, parlando di band ci sono nomi come Trivium, Blessthefall, Escape The Fate, Asking Alexandria et simila, tutte però di livello internazionale. Inoltre abbiamo grosse influenze dal mondo electro/dubstep/drum’n’bass, da Noisia a Nero, fino a Zomboy, o addirittura Katy Perry, più spiccatamente pop, che abbiamo anche coverizzato in “E.T.” che proponiamo live. Poi ovviamente tutto il mondo della musica che va da Bach e Haendel fino a Stravinskij e Ravel, poi Debussy, Hindemith e via dicendo, passando per la trinità classica.

Dal punto di vista lirico quali sono i temi trattati in “Downgrading”? C’è un filo conduttore che lega le varie composizioni? Nel primo capitolo della vostra carriera si parlava di un “Nuova Alba”, in questo caso di una “Retrocessione”.

Le liriche sono tutte orientate al rapporto dell’uomo con il mondo che lo attornia: da questo macro-tema sono estrapolate tutte quelle situazioni inanellate nei testi. In questo ultimo disco abbiamo dato la prevalenza alla progressiva necessità dell’uomo di liberarsi da tutti quegli aspetti che lo rendono umano, guadagnati in secoli di vita sociale, per far fronte ad un esterno sempre più ostile e selvaggio. Non è una retrocessione vera e propria, ma un avanzamento in ogni caso, solo attraverso un processo che impoverisce invece di arricchire, esattamente come nel caso dei sistemi operativi da cui è tratto il termine.
In futuro tratteremo sicuramente altri aspetti, la spiritualità ad esempio.

Quanto contano per voi la dimensione live ed il contatto con i vostri fans? E’ difficile replicare perfettamente on stage tutti i “particolari” delle varie composizioni?

Il live per noi è tutto, è la vera cartina al tornasole, oltre che un motore propulsivo eccezionale per gli stimoli compositivi. Le difficoltà tecniche ci sono, come la perenne esigenza di sistemi di In Ear Monitoring ed il corretto missaggio live tra strumenti, orchestrazioni/synth e cori, dato che cantiamo tutti e 4. Molto dipende da questi fattori, tanto che stiamo già cercando un quinto RoE da piazzare dietro al banco mixer.

Parliamo del futuro…cosa avete in programma per i prossimi mesi? Possiamo già parlare di nuove composizioni in cantiere?

Assolutamente, anzi, non avevamo nemmeno finito il mastering di questo disco che già avevamo iniziato a proporre idee. Oggi abbiamo già un bel po’ di materiale per il prossimo album, ma prima abbiamo in programma diverse altre cose, come video e altri live.

L’intervista si conclude qui, a voi il compito di lasciare le ultime parole ai nostri lettori. Vi ringraziamo per il tempo che ci avete concesso.

Ma grazie a voi dello staff di Metal in Italy!
I RoE vi salutano e vi invitano a visitare i social ed il sito ufficiale, presto un sacco di novità, dalle date al merch a nuovi video.
Bella!