Con il nuovo singolo “Lost”, i For Different Ways tornano a colpire duro, non solo a livello musicale ma anche emotivo e sociale. Il brano, ispirato alla tragica vicenda giudiziaria di Beniamino Zuncheddu, è un pugno nello stomaco, un urlo di denuncia che mette in discussione il senso stesso della giustizia e del sistema carcerario italiano.
Abbiamo scambiato due chiacchiere con la band per farci raccontare meglio la genesi del pezzo, il loro percorso artistico e umano, e cosa riserva il futuro per questa formazione che da dieci anni continua a muoversi con coerenza e intensità nel panorama hardcore isolano e oltre.
ASCOLTA IL SINGOLO:
“Lost” è un brano potente, sia nel suono che nel messaggio. Com’è nato e cosa vi ha spinto a raccontare una storia così dura e complessa?
Tutto è partito quando abbiamo appreso la notizia della scarcerazione il 26 Gennaio 2024 . Il 30 Gennaio suonavamo a Nuoro al Circolo Ubisti, eravamo in giro a promuovere “Scars”, era la prima data per Fabio, siamo saliti sul palco ed abbiamo dedicato l’intero concerto a Beniamino Zuncheddu, è partito un applauso spontaneo. Da li in poi, tutti i seguenti concerti gli abbiamo aperti con la stessa dedica. Rientrati in studio ne abbiamo parlato, non potevamo stare silenti, l’amarezza era tanta. Avevamo alcuni nuovi Riff su cui stavamo già lavorando con la nuova formazione, l’ingresso di Fabio e Francesco ha dato subito nuova linfa e abbiamo deciso di abbinare il testo e dare un colore al pezzo ben definito, qui è stato molto difficile creare le atmosfere e le sensazioni, non sembrava mai abbastanza realistica, Alberto in studio ci ha dato un a grossa mano. Si è immedesimato e ha tirato fuori un lavoro pazzesco. La copertina ha contribuito a livello visivo a descrivere quelle sensazioni.
Il testo affronta il carcere non solo come luogo fisico, ma come condanna psicologica e sociale. Quanto è stato difficile trovare le parole giuste per un tema così delicato?
E’ veramente complicato, rischi di essere frainteso, ci vuole molta umiltà e bisogna essere scevri di giudizio, questo è un esercizio difficilissimo…Le esperienze come questa segnano per sempre ed appartengono a chi le vive in modo intimo. In questi casi non tutti sono disponibili a condividere e raccontarle a terzi e il silenzio va rispettato. Bisogna spendere del tempo a leggere, ascoltare e vedere tutto quello che può essere utile ad andare in profondità sull’argomento, dall’esterno non si ha la percezione della sofferenza. Come è possibile per la mente, passare dalla socialità di ogni giorno alla perdita di qualsiasi libertà e umanità e sopravvivere da innocente a questo processo senza perdere se stessi? Che aspettative mantiene una persona dopo che la stampa lo ha descritto come un assassino efferato, che senso avrà la sua vita, cosa penseranno i suoi affetti, e quanta di questa sofferenza graverà sui familiari coinvolti portandoli “dentro, ed una volta “fuori” un ex detenuto ( sottolineiamo ingiustamente), come potrà nuovamente fidarsi di qualcuno? L’interrogativo rimane, è questo è il vero scopo del pezzo.
Avete citato il caso di Beniamino Zuncheddu come fonte di ispirazione. Quando avete scoperto la sua storia, e in che modo ha influenzato il vostro modo di vedere (e scrivere) la realtà?
In Sardegna se ne parlava dalla fine del 2023 quando la sua salute è peggiorata. Attorno alla vicenda si è sviluppata una mobilitazione condotta dal Partito radicale e da alcuni organi di informazione. Li siamo venuti a conoscenza del caso, e solo dopo la scarcerazione abbiamo scritto il pezzo. In realtà il nostro modo di scrivere non è cambiato, tutti i nostri precedenti lavori raccontano sempre esperienze tratte dalla realtà, storie amare di una realtà ostile, quindi il caso di Beniamino non poteva lasciarci indifferenti. Sono sempre quelli che la società considera “Gli ultimi e i più deboli “ a pagare nessuno gli restituirà mai gli anni rubati della sua vita.
Con l’ingresso di Fabio e Francesco avete parlato di un’impronta sonora diversa. Come si è evoluto il vostro approccio alla composizione con questa nuova formazione?
Possiamo dire che dal giorno uno tutti quelli che sono passati nei FDW , hanno sempre dato il massimo e il loro contributo nel corso dei 10 anni ci ha resi ciò che siamo. Questo “viaggio” è fatto da persone che hanno percorso un pezzo di strada assieme ed hanno sempre condiviso come principio cardine della band la libertà di espressione e di sperimentazione. Ad ogni EP , abbiamo lasciato che il processo creativo e l’evoluzione del suono emergessero senza forzature. Questo vale anche per gli ingressi di Fabio e Francesco, le loro influenze, il metodo e le competenze sono un valore aggiunto.
Il vostro percorso musicale è iniziato dieci anni fa: guardando indietro, come vedete l’evoluzione dei For Different Ways da “About Life And Choices” a oggi?
Si ad Aprile abbiamo festeggiato il decennale, wow sembra ieri!!! C’è stata una bella crescita non solo tecnica ma anche a livello umano e personale, suonare ci ha dato tantissimo anche in periodi difficili, quindi una bella evoluzione. Molte persone ci ricordano spesso quanto siamo cambiati dal debutto. “About Life And Choices” fotografa il gruppo in quel momento, la passione lo spirito di sacrificio, la ricerca di un suono caratteristico. Abbiamo sviluppato la capacità di passare da quel suono sino ad arrivare a“Lost”e non ci siamo mai fossilizzati su un genere in particolare, evitiamo in tutti i modi i clichet e le paludi create delle mode del momento.
State lavorando a un nuovo disco: potete darci qualche anticipazione su cosa aspettarci a livello di suoni, tematiche e approccio?
Non amiamo creare aspettative, noi per primi cerchiamo di non averle, sono un arma a doppio taglio. Con quello che sta accadendo siamo alle soglie della Guerra totale di certo gli spunti non mancano…Piuttosto speriamo di riuscire a sorprenderci, questa è la cosa a cui bisogna ambire. Le cose buone vengono fuori con il tempo, si inizia in primavera e passiamo 3 stagioni a rinchiusi a Tana delle Tigri, è una sorta di stagionatura del suono ( risate ahahah). La parte più divertente e il processo creativo, provare, registrare e ascoltare. Si va in studio con le idee chiare, il pezzo è definito…Ma quando riascolti vorresti riscrivere il pezzo da zero…
La musica hardcore spesso ha una forte componente sociale. Pensate che oggi, in un’epoca di saturazione digitale e disillusione politica, ci sia ancora spazio per canzoni che parlano davvero di ingiustizia e realtà concrete?
Questa domanda ci coinvolge parecchio e meriterebbe un capitolo a parte. Intanto per la nostra visione, l’Hardcore è sempre stata una comunità con la mente aperta, capace di prendere posizione contro l’omologazione e la perdita di valori comunitari. Ha accolto tutti e sostenuto battaglie importanti, basti pensare al lavoro della Hardcore Help Foundation https://www.hardcore-help.org/ per citarne una in tempi recenti. Siamo fermamente convinti che non si tratti solo di musica e si debba perseguire un fine più grande anche con piccoli gesti, parole musica e occasioni di incontro e socialità. Il nostro è un paese corrotto sino al midollo, la criminalità organizzata si è evoluta e controlla attraverso la finanza la politica del paese. Siamo un Narco stato, non la produciamo, ma le nostre organizzazioni criminali ne governano il traffico con accordi che fanno impallidire la nostra politica estera, che infatti è zero spaccato! I partiti hanno perso il loro ruolo e sono distanti dalla gente, non ci sono figure credibili, si tratta di faccendieri che pensano ad arricchirsi, ci sono costanti conflitti di interessi. l’opinione pubblica è la voce del regime, siamo tornati al ventennio, qui va tutto bene, chiunque sia al governo.La repressione è da stato di polizia ,vogliamo parlare del nuovo DDL Sicurezza ?? Ora come si fa a restare indifferenti rispetto a questa situazione di merda? Sforniamo dischi, suoniamoli in giro, prendiamoci delle responsabilità e facciamo opposizione dal basso.